Aiutarli a crescere senza pregiudizi. La convinzione de Il caffè delle mamme è che sia uno dei più bei regali che possiamo fare ai nostri figli. In nome della libertà. Lo spunto della riflessione arriva da Questo libro è anti-razzista (ed. Sonda, 2020, dai 12 anni). L’autrice è Maria Teresa Milano, 47 anni, insegnante d’ebraico e cultura biblica che, insieme con l’ironia di Robin, il simpatico alieno disegnato da Gud, formula una guida non solo contro il razzismo, ma contro ogni tipo di discriminazione basata su aspetto fisico, origini, stili di vita e credenze personali. Dopo una lettura approfondita, ecco come possiamo fornire ai nostri figli indicazioni pratiche per non offendere gli altri e accettare le diversità di ciascuno (a cominciare dalle proprie).
1. Tutti noi dobbiamo avere bene in mente che cosa vuol dire essere razzisti: discriminare una persona per quello che è. Assumere un atteggiamento che esclude e penalizza qualcuno per il semplice fatto che è diverso da noi. Non è solo questione di colore della pelle ma di diversità in genere: donne-uomini; tipo di famiglia; rango sociale; aspetto fisico, orientamento sessuale, lavoro, lingua, religione.
2. Segnare i confini tra sé e gli altri, soprattutto per un adolescente, è naturale e legittimo, l’importante è stare attenti: definire la nostra appartenenza non deve diventare causa di divisioni e ingiustizie. «Sentirsi parte di una comunità religiosa o di un gruppo unito da una forte ideologia è importante, ci dà qualcosa in cui credere e sicuramente ci forma la mente e il carattere, ma occorre fare attenzione a non ingaggiare battaglie contro chi non è con noi – mette in guardia Maria Teresa Milano –. La storia purtroppo è costellata di guerre di religione, massacri compiuti in nome di una fede, ingiustizie portate avanti in nome di una ideologia e di razzie e stermini ai danni di chi è diverso».
3. La cosa dirimente che i nostri figli devono capire è racchiusa in una domanda: «Diverso da chi?». Chiunque risponda, dirà: da me, da noi. «Il fatto è che il me e il noi cambia a seconda di dove rivolgo lo sguardo e ciascuno è al tempo stesso un “io” e un “noi”, ma anche un “altro” – sottolinea l’autrice –. Il problema nasce quando vediamo il nostro “noi” forte e dominante e pensiamo di avere il diritto di combattere ed eliminare gli “altri”, considerandoli diversi e dunque inferiori». Capire questi concetti è utile anche per sé stessi: molti dei nostri figli possono sentirsi diversi. E, allora, il messaggio è che essere diverso non è una cosa né buona né cattiva: «Significa semplicemente che sei abbastanza coraggioso da essere te stesso», dice Milano.
4. L’accettazione parte – anche e soprattutto – dalla famiglia. «Nessuno ha la ricetta della famiglia perfetta, perché non esiste e non si tratta di giudicare un modello o di adeguarsi, ma semplicemente di vedere in quei legami forti di affetto e convivenza lo spazio in cui ci si forma per vivere nella società – scrive Milano –. Basta guardarsi intorno per vedere che ci sono coppie senza figli o con figli, coppie che hanno figli insieme o di tre provenienze diverse (quelli del marito, quelli della moglie, quelli avuti insieme), figli che crescono con due mamme o due papà o un genitore solo, coppie che adottano bambini. La famiglia è lo spazio che ci accoglie e ci fa crescere e può avere mille forme diverse». Come dicono nel film I pinguini di Madagascar: «Soldato: Voi siete la mia famiglia? Skipper: Tu hai noi, l’uno per l’altro, ragazzino, e se questa non è una famiglia, non so cos’altro lo sia».
5. La questione è anche linguistica: dietro ogni parola c’è un’idea. Maria Teresa Milano però mette in guardia – e giustamente secondo Il caffè delle mamme – dall’esigenza di trovare a tutti i costi termini alternativi: «Forse è una forma di razzismo voler “tutelare” l’identità dell’altro trovando parole che per noi risultano più lievi. In alcuni casi è assolutamente legittimo e anzi doveroso eliminare termini discriminanti oppure offensivi, ma in questa corsa a trovare il linguaggio corretto ci sono anche risvolti comici (…) che per certi versi rivelano anche una sorta di razzismo al contrario; già, perché pur di non sembrare discriminatori ci adoperiamo con tanta forza per definire “l’altro”, sottolineando ancor più quanto l’altro sia diverso da noi e quanto noi, nella nostra bontà, abbiamo deciso di non offenderlo». Per esempio: di un bambino inglese diciamo che è un bambino inglese, lo stesso deve valere per un bambino marocchino e tunisino. Senza dargli nessuna valenza negativa.
6. Un discorso simile vale per gli stereotipi maschio-femmina: stereotipo non equivale sempre a offesa, meglio prendersi con autoironia. Gli uomini hanno un miglior senso dell’orientamento e sono il sesso forte. È la verità. Noi donne alleviamo meglio i figli e siamo multitasking. Possiamo riderci su e insegnare a farlo anche ai nostri figli/e? Essere troppo politically correct può portarci al ridicolo. Leggete un po’ l’incipit di Cappuccetto rosso in versione femminista: «C’era una volta una giovane persona chiamata Cappuccetto Rosso. Un giorno la madre le chiese di portare un cesto di frutta fresca e acqua minerale alla casa della nonna, non perché questo fosse un lavoro femminile, badate bene, ma perché l’atto era generoso e aiutava a generare un sentimento di comunità. Quando incontra il lupo e questo la mette in guardia dicendole che non è sicuro per una ragazza andare nel bosco da sola, lei risponde: trovo il tuo commento sessista decisamente offensivo… Ora, se vuoi scusarmi, devo proseguire». Ovviamente Cappuccetto rosso finisce divorata dal lupo!
A Il caffè delle mamme non resta che trasformare le conclusioni di Questo libro è anti-razzista in un augurio diretto ai nostri figli: «Non esiste un manuale delle istruzioni e nessuno ha il diritto di dirci cosa va bene e cosa no, cosa è normale e cosa non lo è, il concetto di normalità è assolutamente relativo e cambia con le epoche, le società, i luoghi. Ciascuno di noi ha in mano la propria vita e ha il diritto e il dovere di sviluppare il proprio percorso coltivando i propri talenti, guardando con mente aperta a sé e agli altri, senza alcun giudizio e soprattutto riconoscendo tutte le sfumature possibili. Guarda il mondo con occhi liberi, evita gli slogan, scegli il tuo cammino, dì basta e prendi posizione, sii sicuro di te, sii te stesso anche sul web, tieni la porta aperta, scegli il plurale mai il singolare, tutto parte da te, non avere paura».