I danesi sono il popolo più felice al mondo, secondo il World Happiness Report, nonostante il buio, il freddo e la pioggia. Il segreto del loro benessere non è (soltanto) il welfare state efficiente, ma un’attitudine diffusa alla felicità, che si impara a scuola e in famiglia e da grandi si trasmette alle nuove generazioni. Così raccontano Jessica Joelle Alexander, giornalista americana, sposata a un danese e mamma di due figli, e Iben Dissing Sandahl, psicoterapeuta, nel manuale bestseller Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni (Newton Compton). Abbiamo intervistato Alexander, per capire meglio le sei regole spiegate nel libro, le cui iniziali formano la parola parent (genitore): play (gioco), authenticity (autenticità), reframing (riformulazione delle situazioni negative), empathy (empatia), no ultimatum (niente ultimatum), togetherness (intimità).
Signora Alexander, qual è la prima regola per crescere bambini felici?
È l’auto-riflessione. I nostri figli sono il nostro specchio, ci aiutano a lavorare su noi stessi come genitori e prima ancora come persone. Penso che sia molto importante esaminare gli schemi prestabiliti, gli automatismi che abbiamo appreso dai nostri genitori e dalla cultura, e capire se mantenerli oppure cambiarli.
Nel libro si legge che è importante lasciare i bambini liberi di giocare da soli. Perché?
Possiamo incoraggiare i bambini a quello che chiamiamo «gioco libero» portandoli nella natura e lasciando che corrano liberamente. Certe volte bisogna togliere la tecnologia, lasciare che si annoino e trovino il loro modo di essere creativi. I bambini devono imparare a risolvere da soli i problemi che hanno con i loro coetanei e provare situazioni «pericolose» come saltare dalle rocce, correre, arrampicarsi sugli alberi. Così imparano l’empatia e come superare lo stress, come sviluppare resilienza, cioè la capacità di affrontare in maniera positiva eventi difficili. Il mio suggerimento per gli adulti è di non intervenire. Il gioco non è un momento di pigrizia: in Danimarca, il Paese più felice del mondo, e in Finlandia, il leader mondiale per il sistema dell’educazione, è considerato un’esperienza cruciale dell’infanzia che insegna davvero molto.
Come si fa a riconoscere se i conflitti con gli altri bambini causano problemi e si è in presenza di bullismo?
Ogni bambino può manifestare il malessere in modi diversi: alcuni possono avere segni fisici, come tagli oppure lividi, mentre altri si esprimono col disegno o con cambi di umore. I genitori conoscono bene i propri figli e devono allarmarsi quando ci sono cambiamenti importanti nel comportamento.
Un’altra indicazione riguarda la capacità di essere onesti con i propri figli.
È importante essere onesti prima di tutto con noi stessi, quindi con i nostri bambini e insegnare loro che l’onestà e l’autenticità sono un valore. Essere onesti ci aiuta a non perdere di vista quello che ci rende davvero felici nella vita, senza dare retta a ciò che gli altri vogliono per noi. Questo è un grande regalo da fare ai nostri figli. Mio marito, ad esempio, è molto onesto con nostra figlia: se lei gli mostra un disegno che ha fatto e che lui pensa che potrebbe essere fatto meglio, glielo dice. Lei spesso è d’accordo e prova di nuovo. I bambini sono molto più capaci di gestire l’onestà di quanto pensiamo. Essere autentici con loro significa costruire empatia e un migliore benessere. L’onestà è la bussola interna che li guida nella giusta direzione per essere contenti.
Per rafforzare l’autostima dei più piccoli cosa è meglio fare?
Io suggerisco di focalizzarsi sullo sforzo e sulla perseveranza, non troppo sul risultato, perché così si valorizza il lavoro svolto e non l’obiettivo raggiunto e questo aiuta a favorire la felicità profonda e l’autostima. D’altra parte vivere significa apprezzare il viaggio e non solo la meta.
Un consiglio del libro è riformulare le situazioni, cercando di avere un approccio positivo.
I danesi sono molto positivi, ma non in modo esagerato. Sono davvero bravi a focalizzarsi sui dettagli positivi anche nelle situazioni negative. Questa abilità di ripensare la realtà può essere imparata e più la si insegna ai bambini, più loro diventeranno capaci di vedere il meglio, nelle diverse esperienze della vita, aumentando il loro benessere. Il modo in cui scegliamo di vedere e descrivere un evento condiziona direttamente anche il modo in cui lo viviamo. Quando ho imparato a riformulare le situazioni sono cambiata come persona e come genitore.
I danesi non usano gli ultimatum perché non li ritengono edificanti. Come si possono evitare i diktat restando comunque autorevoli?
L’uso degli ultimatum è un approccio che spesso abbiamo ereditato dai nostri genitori. È una scelta di linguaggio che può essere frutto di un automatismo. Ci sono diversi modi per dire le stesse cose. Ad esempio, invece di minacciare con frasi come «se non ti metti subito le scarpe finisci nei guai», si può dire «se ti metti le scarpe velocemente riusciamo ad andare subito in auto per raggiungere prima il parco». Si tratta di uno dei moltissimi esempi possibili. I danesi sono determinati ma rispettosi nel loro approccio con i bambini. Se si è rispettosi si insegna sia il rispetto sia a essere rispettati. Non serve la bacchetta magica: funziona e ci si sente molto meglio.
Nel manuale c’è un concetto danese, hygge, per il quale non esiste un equivalente in italiano, almeno non nella traduzione letterale. Può spiegarci cosa significa e perché è importante?
Hygge è uno spazio psicologico sicuro dove si possono abbassare le difese. È il tempo trascorso in un’atmosfera accogliente, con del buon cibo, insieme alle persone che si amano. Hygge vuole dire che l’importante è stare insieme in armonia, senza stress, negatività, drammi, lamentele. Sono soprattutto i bambini a trarre beneficio da questa atmosfera perché loro, in particolare, amano l’assenza di dramma familiare. Per creare hygge ci vuole lo sforzo di tutti e quindi è importante che ognuno collabori.