Cosa farò da grande? Guiderò il bus

Trasporto pubblico – Abbiamo partecipato a una giornata informativa per l’assunzione di 250 conducenti, entro il 2020, per tre aziende di trasporti ticinesi. Il Cantone spenderà oltre 460 milioni nei prossimi quattro anni per potenziare collegamenti e frequenze orarie
/ 04.11.2019
di Mauro Giacometti

È una mattinata uggiosa di ottobre. Nella sala riunioni della sede delle FART, Ferrovie Autolinee Regionali Ticinesi, una ventina di disoccupati, tra i 30 e i 60 anni, assistono alla prima infarinatura su un lavoro che potrà dare una svolta alla loro vita professionale, in questo momento non proprio esaltante: formarsi per diventare autista di bus. Tra loro Carlo, 52 anni, magazziniere lasciato a casa dopo vent’anni per ristrutturazione aziendale. Lui, come gli altri convocati al primo colloquio dall’azienda di trasporti locarnese, mandato direttamente dal suo collocatore, spera che tra un anno, se tutto andrà per il verso giusto, uscirà dalla disoccupazione, timbrerà il cartellino delle presenze aziendali, indosserà la divisa blu e si metterà alla guida di un bus di linea. «Probabilmente sarete gli ultimi autisti assunti. Tra 10 o 20 anni bus e treni non avranno più bisogno di essere guidati da un uomo (o una donna)», dice uno dei relatori tanto per rompere il ghiaccio e incoraggiare la «pattuglia» di candidati conducenti. Tra loro anche Andrea, 35 anni, metalcostruttore anch’egli lasciato a casa, ma per far posto ad un frontaliere. «Non ho mai guidato un bus, al massimo un furgone con una dozzina di posti per accompagnare mia figlia e le sue colleghe alle gare di pattinaggio», spiega al suo vicino, Sergio. Lui ha 55 anni ed è avvantaggiato rispetto agli altri, guida già degli scuola bus, ma punta ad un salto di qualità e soprattutto ad uno stipendio più sostanzioso da portare a casa: «Ho due figlie da mandare all’università».

Carlo, Andrea, Sergio e gli altri aspiranti autisti nella sala riunioni delle FART fanno parte del plotone di conducenti di bus che saranno assunti in Ticino entro un anno, giusto in tempo per entrare in corsa in quella che da molti è definito il terzo pilastro della dorsale della mobilità in Ticino (dopo la galleria ferroviaria del San Gottardo – seguita da AlpTranst – e quella autostradale, con il secondo tunnel all’orizzonte), vale a dire l’entrata in esercizio della galleria di base del Ceneri e il conseguente sviluppo della rete TILO e del trasporto regionale su gomma.

Nelle scorse settimane il Governo ha infatti licenziato un messaggio che stanzia un credito quadro di oltre 460 milioni di franchi, in quattro anni, per il potenziamento del trasporto pubblico cantonale. E tre aziende di trasporti ticinesi, FART, Autopostale e TPL (Trasporti Pubblici Luganesi) avranno a disposizione una buona fetta di questi investimenti da destinare all’assunzione di nuovo personale. Si stimano in 250/300 i nuovi posti di lavoro entro dicembre 2020, quando appunto entrerà in esercizio la galleria ferroviaria del Monte Ceneri. «L’apertura della galleria di base segnerà un nuovo inizio e una rivoluzione per il trasporto pubblico in Ticino – ha sottolineato il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali presentando il messaggio, che comunque dovrà passare al vaglio del Parlamento –. Grazie alle nuove infrastrutture previste verrà messo in atto un importante potenziamento dell’offerta di trasporto pubblico, sia ferroviaria che su gomma, volto ad offrire alla popolazione e ai visitatori del Canton Ticino una rete di trasporto capillare, frequente e attrattiva». Non solo il Cantone, anche i Comuni, direttamente o attraverso le varie Commissioni regionali dei trasporti, saranno chiamati a contribuire per incrementare collegamenti e orari di servizio, oltre alle infrastrutture (pensiline, terminal, pannelli informativi), mentre l’acquisto di nuove flotte di mezzi sarà a carico delle aziende di trasporti regionali che continueranno ad operare su mandato pubblico.

Per quanto riguarda il trasporto su gomma, nel messaggio di stanziamento del credito poi si specifica che la rete di bus regionale è stata analizzata e sarà adattata o ampliata su tutto il territorio cantonale per rispondere al meglio alle mutate condizioni quadro date dal potenziamento della rete ferroviaria regionale (TILO) con l’obiettivo di creare un’offerta completa e così incentivare ulteriormente l’utilizzo del trasporto pubblico. Le linee principali hanno in genere una cadenza di 30 minuti su tutto l’arco della giornata tra le 6 del mattino e le otto di sera, dal lunedì alla domenica; alla sera il servizio è generalmente assicurato fino alla mezzanotte con una cadenza inferiore, in molti casi oraria. Sulle linee secondarie l’orario sarà invece potenziato in modo differenziato tenendo conto della domanda e delle specifiche esigenze nel comparto di riferimento. In genere, da ogni località periferica sarà possibile raggiungere il polo di riferimento entro le 6 del mattino (e gli altri agglomerati del cantone entro le sette) e sarà possibile rientrare al proprio domicilio partendo dal polo di riferimento a mezzanotte (verso zone più periferiche alle otto di sera). «Finora e giustamente s’è pensato più ai turisti che ai residenti – ha spiegato ancora Zali – ma l’obiettivo di questa rivoluzione è di rendere attrattivo il trasporto pubblico anche fuori dagli agglomerati e nelle valli, in modo che aumentando l’offerta e gli orari di fruizione dei bus sempre più gente lasci a casa l’auto per i propri spostamenti. Solo incrementando l’utenza – ha poi concluso Zali presentando il credito quadro – si potrà economicamente sostenere e giustificare questi importanti investimenti pubblici».

Le nuove opportunità d’impiego si offrono prima di tutto a chi è disoccupato, considerando che la formazione per ottenere la licenza di condurre di tipo D costa sui 15’000 franchi e chi è iscritto all’Ufficio collocamento verrà rimborsato. D’altra parte i requisiti richiesti non sono inarrivabili: la patente di tipo B (è quella delle auto, ce l’hanno tutti), un certificato di buona salute, il casellario giudiziario intonso e anche quello della circolazione senza peccati gravi. Chi s’è macchiato di un ritiro patente per aver superato i limiti di velocità o quelli per il consumo di alcol al volante può mettersi il cuore in pace e rinunciare a diventare un conducente di bus o treno regionale. 

Il percorso formativo, invece, è piuttosto impegnativo. A cominciare dal test d’ingresso, con prove numeriche, confronti di immagini, domande di cultura generale e soprattutto frasi da tradurre in tre lingue non proprio alla portata di tutti. «Non preoccupatevi, è come rispondere ai quiz della “Settimana enigmistica”», spiega il relatore. Ma dalle reazioni della platea di aspiranti conducenti si alza qualche mugugno. In seguito si passa al colloquio individuale, superato il quale incombono prove più impegnative. Un test di destrezza a Camorino, quindi 52 lezioni con un maestro di scuola guida specializzato da effettuarsi in otto mesi, oltre ad un esame teorico anch’esso da non fallire. Ma prima di arrivarci, non manca il test di guida: cinque prove pratiche, all’inizio della formazione pratica, per capire se i candidati-conducenti saranno in grado di domare questi «bisonti della strada», con passeggeri a bordo, attraverso il caotico traffico cittadino o le strette viuzze di montagna. 

«È chiaro che se al primo o secondo test un aspirante conducente farà fuori una fiancata del proprio mezzo è meglio che cambi i suoi orizzonti professionali», sottolinea il relatore nella sala riunioni delle FART. E a queste parole, l’entusiasmo iniziale della ventina di disoccupati e futuri autisti di bus si smorza un pochettino. Del resto, alla fine, non tutti potranno indossare la divisa blu d’ordinanza e girare la chiave d’accensione dell’autobus: forse di «highlander del volante» ne rimarrà solo uno.