Contro la vergogna di chiedere aiuto

A un anno dall’entrata in vigore del nuovo modello di procedura di prescrizione, gli studi di psicoterapia e psicologia possono confermare un accresciuto bisogno da parte della popolazione
/ 03.07.2023
di Maria Grazia Buletti

«La psicoterapia si nutre di pazienza e di passi centellinati. Di traguardi, sogni e delusioni. A volte sembra non accadere nulla, poi d’un tratto si guarda e si pensa che così in là non si credeva di poter arrivare. Che un posto così bello non lo si sapeva esistere nel mondo. E scopriamo che quel posto non è troppo lontano: siamo noi». Le riflessioni sulle cure psicoterapiche della psicologa e psicoterapeuta milanese Margherita Passalacqua abbattono il tabù ancora socialmente molto presente secondo cui chi va dallo psicoterapeuta «non è del tutto normale». Tutti potremmo invece averne bisogno.

«Le persone che incontro nel mio lavoro mi chiedono aiuto perché, in un certo momento della loro vita, vogliono scoprire aspetti di loro stesse, o perché si sentono spaesate, magari stanno affrontando un periodo difficile o non sanno come reagire a un dolore». Passalacqua descrive il compito dello psicoterapeuta: «Con la persona, andiamo alla ricerca della stabilità, della forza interiore e dell’equilibrio, partendo da ciò che fa male, dalle fratture, dalla solitudine, da un malessere. Mi metto in ascolto della sua sofferenza e del suo desiderio di realizzazione che talvolta viene turbato da un periodo di sofferenza psicologica».

Oggi si parla sempre più di malessere psicologico, e potremmo individuare nella recente pandemia la responsabile di un aumento significativo di questi disturbi. Pandemia che, allo stesso tempo, pare abbia pure facilitato un cambiamento culturale più propenso a pensare alla fragilità della psiche come qualcosa che appartenga a tutti, riducendo così la vergogna di chiedere aiuto.

«In generale, il malessere e qualche fragilità della salute mentale c’erano già prima della pandemia, a rispecchiare un po’ il funzionamento della nostra società che è quella “del fare” e non “dell’essere”: si corre, bisogna essere prestanti, ci si confonde e la persona stessa si identifica con la “prestazione”, quindi: il livello di ciò che faccio e produco mi dà un’idea distorta della persona che sono». È l’analisi della psichiatra e psicoterapeuta Francesca Domenghini Tettamanti (presidente della Società ticinese di psichiatria e psicoterapia Stpp) che, tutto sommato, attribuisce alla nostra popolazione una buona salute mentale, individuando comunque nella fascia dei giovani fra i 18 e i 24 anni quel maggiore disagio «già presente prima della pandemia che potrebbe essere intervenuta come fattore scatenante di alcuni situazioni pregresse».

La psichiatra invita a riflettere sul fatto che «in fondo, tutti noi, così come i nostri giovani, siamo generalmente poco consapevoli e troppo poco attenti a ciò che facciamo, al qui e ora, e questo ci allontana dalla conoscenza di noi stessi: ci sfuggono parecchi elementi che potrebbero aiutarci a crescere come le emozioni, il nostro sentire, e ciò ci porta a una minore resilienza verso ciò che di negativo ci succede nella vita».

Aumenta la sensibilità delle necessità di fare capo all’accompagnamento di un professionista lungo un percorso psicologico in cui prendersi cura della propria storia. Bisogno accolto dal Consiglio federale con l’approvazione del modello di prescrizione in vigore dal 1° luglio 2022, che si propone di migliorare l’accesso alla psicoterapia da parte dei pazienti, e colmare le lacune esistenti nel servizio di assistenza (particolarmente evidenti nella psichiatria dell’età evolutiva).

Il nuovo modello implica che dal 1° luglio 2022 psicologi e psicoterapeuti in possesso delle qualifiche adeguate possono fatturare all’assicurazione di base, a condizione che la terapia sia stata prescritta da un medico con titolo di medicina interna generale, o da un medico con titolo in psicosomatica e psicosociale. Quest’ultimo può confermare il prosieguo dopo la trentesima seduta solo se ne è stato il prescrittore. Come in precedenza, rimane pure la prescrizione di psichiatri e psicoterapeuti.

«Oggi tanti psicoterapeuti liberi professionisti hanno visto cambiare la propria configurazione e l’immagine del proprio ruolo, perché ora riconosciuti a pieno titolo come fornitori di prestazioni». Così esordisce il presidente dell’Associazione psicologi ticinese (Apt) Nicholas Sacchi, che ne spiega la concreta applicazione: «Nel vecchio modello, lo psicologo era in delega con lo psichiatra, mentre oggi pratica sotto LaMal con prescrizione medica (ndr. vedi sopra) delle prime due serie di quindici sedute, dopo le quali necessita di un ulteriore certificato che attesti il bisogno di proseguire la cura».

Non è però un «liberi tutti» e «andiamo tutti dallo psicologo»: «È necessaria un’ipotesi diagnostica, un quadro sintomatologico che aderisca a una determinata categoria di diagnosi (disturbo di personalità, compulsivo o altro) che sarà vagliato dallo psicoterapeuta con obbligo di formulare una diagnosi. Ciò significa: verificare in terapia l’ipotesi diagnostica della prescrizione medica, e giungere a una diagnosi che legittimi l’intervento psicoterapico a carico della LaMal. Come dicevamo, per il prosieguo delle cure oltre la trentesima seduta questa diagnosi dovrà essere confermata da un’ulteriore figura professionale (psichiatra, pedopsichiatra o altro medico con formazione complementare in medicina psicosomatica)».

Un «nuovo ordine» per giungere al quale bisognava «fare disordine»: «Siamo una voce in più, ma servirà a fare ordine in futuro dal punto di vista del “rimbalzo” del paziente tra specialisti, con positive ripercussioni anche sul contenimento dei costi sanitari». Sull’interdisciplinarità e la complementarietà fra medici psichiatri e psicologi pone lo sguardo attento la dottoressa Domenghini Tettamanti: «Psichiatri e psicologi si eguagliano nella psicoterapia in quanto specialità praticata da entrambi. Lo psichiatra ha sostanzialmente un doppio ruolo di formazione: è laureato in medicina e specializzato in psichiatria e psicoterapia. Si muove su un modello bio-psico-sociale e ha “l’occhio biologico” che, dinanzi ad alcuni sintomi psichici, gli dà adeguati strumenti per andare alla ricerca di un eventuale disturbo organico, predisposizione genetica, risposte allo stress in generale ed effetto dei farmaci. Egli considera altresì gli aspetti sociali e psicologici, curando il paziente secondo questo modello inglobante i tre aspetti. In quanto medico, all’occorrenza prescrive farmaci specifici».

Una collaborazione preziosa, sullo stesso piano psicoterapico, conferma Sacchi: «Il terreno che accomuna psichiatra e psicologo è una teoria della mente che porti a un funzionamento fisiologico e patologico ben chiaro». Al netto della prescrizione farmacologica deputata al medico, egli sottolinea l’interdisciplinarità come valore e «collegamento diretto»: «Lo psicoterapeuta in formazione lavora fianco a fianco del medico assistente in psichiatria. Oltre alla psicoterapia, la figura dello psicologo comporta il tessere le reti a sostegno del paziente, andare nelle scuole, i contatti coi servizi sociali e via dicendo. Il senso del nostro lavoro non è l’accoglienza nell’urgenza (che già dispone dei suoi canali), bensì disporre di una “porta girevole”, aperta secondo il tempo di cui disponiamo per un ascolto attivo e un accompagnamento efficace».

Infine, le riflessioni di Passalacqua: «Per questo non è romantica la psicoterapia. È un incontro umano fatto di tutti gli ingredienti che questo può prevedere. Un po’ come la vita. È una palestra, con tanti attrezzi». Oggi più che mai utile per equilibrare e rafforzare il proprio cammino.