Il Museo nazionale svizzero è stato inaugurato nel 1898 e oggi ha diverse sedi: la sede principale al Landesmuseum di Zurigo, il Castello di Prangins, il Forum della storia svizzera a Svitto e il Centro delle collezioni di Affoltern am Albis (il quale riunisce i laboratori di conservazione e restauro, i servizi del Centro degli oggetti, le collezioni e il laboratorio fotografico). L’istituzione conserva circa 860 mila oggetti e ha il compito di ampliare costantemente le sue collezioni. I tre musei presentano la storia della Svizzera dagli inizi ad oggi, valorizzando le identità elvetiche, nonché la varietà storica e culturale del nostro Paese. Le mostre temporanee su temi attuali offrono ulteriori impressioni. Ce n’è per tutti i gusti: «Le consigliere e i consiglieri federali dal 1848», «Uomini. Scolpiti nella pietra», «Stereomania» (stereofotografie del periodo tra il 1860 e il 1910), «Games» (con la storia dei videogiochi), «Arrivano i reali» (un viaggio tra i monarchi che hanno visitato la Svizzera) ecc.


Con impegno, coraggio e pazienza

La direttrice del Museo nazionale svizzero, Denise Tonella, immagina il futuro dell’istituzione e ricorda il suo passato, a tratti faticoso. L’infanzia in Leventina, gli studi a Basilea, i viaggi e la carriera a Zurigo
/ 04.10.2021
di Romina Borla

È cresciuta in una famiglia di contadini a Madrano, una frazione di Airolo, a contatto con la natura e gli animali. Le visioni tradizionali dell’esistenza, diffuse un po’ in tutte le valli ticinesi, le stavano strette. Lo spirito acuto e curioso di Denise Tonella – dal primo aprile 2021 direttrice del Museo nazionale svizzero – l’ha sempre spinta ad andare oltre, per scoprire storie diverse dalla sua. Era ad esempio affascinata dalle famiglie che venivano in vacanza in Leventina. Quei «forestieri» erano una brezza fresca da respirare a pieni polmoni. Grande era infatti il suo desiderio di condividere idee e immaginare orizzonti inconsueti.

Nonostante l’opposizione della famiglia paterna, che considerava lo studio sconveniente per una ragazza, si è iscritta al Liceo dove le si sono aperti mondi. «Bellinzona – ricorda – mi pareva una metropoli, piena di gente e di stimoli. Pensavo di continuare con la Scuola infermieri ma poi è cambiato qualcosa… Gli insegnanti ci incoraggiavano a leggere, andare a teatro, ascoltare l’arte e vivere la cultura. E così ho fatto, scontrandomi con la rigida mentalità famigliare. Poi a 18 anni sono partita per Basilea, emancipandomi definitivamente». Dopo una Laurea in storia e antropologia culturale – finanziata in gran parte coi soldi che guadagnava come cameriera – Tonella è partita per un lungo viaggio da Basilea al Vietnam, passando da Russia, Mongolia, Cina e Tibet. Senza dimenticare di visitare la Thailandia e l’India. Al ritorno ha compiuto diverse esperienze nel mondo del cinema, mentre svolgeva lavori saltuari per l’Università e insegnava l’italiano in una scuola di lingue. Infine, nel 2010, è approdata al Museo nazionale svizzero come collaboratrice scientifica, in seguito è diventata curatrice e direttrice di progetti espositivi.

Da quest’anno, come detto, è alla guida dell’istituzione. Prima ticinese ad ottenere il prestigioso incarico. «Il Museo nazionale svizzero – ci spiega – ha la missione di raccontare la storia del nostro Paese, illustrando le diverse identità che la animano, e di offrire ai visitatori degli strumenti per capire meglio il presente attraverso il passato e prendere delle decisioni più consapevoli per il futuro. Lo fa attraverso mostre, conferenze, visite guidate, atelier per le scuole, progetti di ricerca e di mediazione culturale, offerta online ecc.». Le mostre sono programmate con 2-3 anni di anticipo. I progetti espositivi del 2022 sono dunque già avviati e conserveranno l’impronta del suo predecessore, Andreas Spillmann, che ha lasciato l’incarico dopo 14 anni. Dal 2023, però, il programma sarà interamente diretto da Tonella. Cosa vede nel futuro dell’istituzione che ha sede principale a Zurigo? «Le idee sono molte», afferma la direttrice. «Vorrei dare più spazio al patrimonio immateriale della Svizzera, ad esempio alle lingue e alla questione del plurilinguismo. Indagare i legami tra idiomi e identità elvetica, nonché gli aspetti politici in gioco, capire come le lingue nazionali si relazionano alle altre diffuse sul nostro territorio: l’albanese, lo spagnolo, il portoghese ecc.».

Inoltre Tonella si propone di implementare la riflessione sul funzionamento dell’istituzione che conta oltre 300 collaboratrici e collaboratori, tre sedi museali e un Centro delle collezioni, il quale si occupa di restauro e conservazione. «Questo significherà investire più energie nella trasformazione digitale (ripensamento della banca dati in primo luogo) e nel campo della sostenibilità (analisi dei materiali utilizzati negli uffici e nelle mostre, operazioni di riciclaggio ecc.). La sostenibilità è un aspetto importante per tutte le istituzioni della Confederazione ed è integrata negli obiettivi posti dall’agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile». Tornando alla carriera di Tonella, l’ultima mostra che ha seguito in qualità di direttrice di progetto e co-curatrice, la quale ha chiuso i battenti l’estate scorsa, si intitolava «Donne. Diritti». Illustrava gli oltre 200 anni di lotta per i diritti delle donne nel nostro Paese ed era un’esposizione pensata per celebrare il cinquantesimo anniversario della conquista del suffragio femminile. Nei due anni di preparazione del progetto l’intervistata ha avuto modo di approfondire un tema spinoso e riflettere sulla mancanza di attenzione nei confronti della storia delle donne (o storia di genere).

Cosa può fare una realtà come il Museo nazionale svizzero sul tema della visibilità delle donne e della parità dei diritti? «Di sicuro non basta organizzare una mostra sui diritti delle donne ogni tanto», osserva Tonella. «La prospettiva femminile è stata trascurata dalla storiografia e continua ad esserlo. Rivalutarla significa prenderla in considerazione in ogni progetto che si promuove. Bisogna insomma sempre chiedersi qual era il ruolo delle donne in quel determinato contesto storico. Per fare un esempio: quando si affronta l’argomento dei mercenari elvetici bisogna anche raccontare delle molte imprenditrici influenti che reclutavano soldati e gestivano gli affari dei mariti all’estero». Resta il problema degli spazi, evidenzia la nostra interlocutrice. «Per la mostra permanente Storia della Svizzera avevamo 1000 metri quadrati a disposizione per raccontare 550 anni di storia. Eravamo intenzionate a dare voce anche alle esperienze femminili, ma spesso mancavano gli oggetti e le fonti che permettessero di visualizzare gli eventi da una prospettiva femminile. Abbiamo dovuto fare delle scelte…». Il lavoro da fare in questo ambito è ancora molto.

Al giorno d’oggi continua ad essere complicato anche il binomio donna-potere. «Durante la mia carriera non mi sono sentita particolarmente discriminata in quanto donna», osserva Tonella. «Forse perché, in ambiente museale, la maggior parte del personale è femminile (quasi il 70% dei dipendenti del Museo nazionale è donna) e ci sono diverse direttrici di musei in Svizzera». Solo per fare qualche esempio: Nina Zimmer, Tatyana Franck, Annette Bhagwati, Chantal Prod’hom. «Non ho insomma avuto l’impressione di dover fare di più degli uomini per dimostrare di valere. Però, quando sono stata nominata direttrice, alcuni media hanno commentato con frasi quali: il movimento #MeToo è arrivato anche al Landesmuseum oppure la nomina di Tonella non è nient’altro che una quota. C’è poi chi mi considera una direttrice molto giovane, forse troppo. Ma per un uomo che a 42 anni diventa direttore di un’istituzione la questione non si pone. Come se la competenza, in una donna, potesse venire solo con l’età. Mi dispiace constatare che nel XXI secolo inoltrato resistano certi pregiudizi e stereotipi». In ogni caso Tonella va avanti per la sua strada, decisa. Sicura che il suo esempio possa ispirare tante altre a fare lo stesso, a osare, a candidarsi. Perché l’unica cosa che conta davvero è la volontà e la preparazione. «Ho imparato che nella vita bisogna lottare per ottenere un risultato», dice. «È necessario lavorare molto e, a volte, essere pazienti, sopportare situazioni difficili. Ma se una cosa non funziona adesso non significa che non funzionerà mai. L’importante è non cedere alla fatica».