L’adolescenza rappresenta un periodo di sfide importanti per i genitori, che può portare a un lungo braccio di ferro con i figli. È, infatti, la fase in cui i ragazzi costruiscono la propria identità e sentono il bisogno di maggiore autonomia. Necessità che si manifesta con sentimenti contrastanti, a volte i figli sembrano incredibilmente scontrosi, altre insicuri e infantili, con un forte bisogno d’affetto. Ecco perché, da genitori, vale la pena soffermarsi a riflettere per cercare di uscire «indenni» da difficili situazioni quotidiane, e trovare un nuovo «linguaggio» per comunicare con i figli. Abbiamo intervistato la psicologa e psicoterapeuta Piera Malagola.
Dottoressa Malagola, spesso quando si parla di adolescenza, ci si riferisce a una prima e una seconda adolescenza, che distinzione si può fare tra le due fasi?
In genere si parla di una prima adolescenza dagli 11 ai 14 anni e una seconda adolescenza dai 14 ai 18. La prima adolescenza è caratterizzata dai cambiamenti del corpo, della mente, da mutamenti più fisici. Avviene un forte bombardamento ormonale che causa scombussolamenti emotivi e caratteriali. Mentre nella seconda adolescenza c’è la costruzione di una propria autonomia. Si ha un allontanamento dalle figure parentali, è più un distacco psicologico, e l’adolescente inizia a identificarsi come persona. Anche nella preadolescenza si ha un’evoluzione di intelligenza a livello di pensiero, ma è solo intorno ai 14-15 anni che i ragazzi iniziano ad avere una maggiore sensazione del proprio io e delle proprie caratteristiche, è per questo che cercano una differenziazione più stabile.
L’adolescenza è in generale uno dei periodi in cui il rapporto tra genitori e figli è messo più a dura prova. Perché? Che cosa accade nella mente del ragazzo?
Nella mente del ragazzo c’è proprio un’evoluzione totalmente nuova, si presenta la possibilità di iniziare a contemplare contemporaneamente più variabili e più ipotesi. Mentre un bambino ha un pensiero che lavora più sulle esperienze concrete in modo lineare, nella mente di un adolescente iniziano a formularsi varie ipotesi astratte, una rete di pensieri che lo portano a immaginare le sue azioni future. Compaiono le domande su se stesso, «chi sono io e cosa farò…», c’è uno sviluppo di pensiero che va in tante direzioni, ciò comporta anche l’essere più polemico e curioso nei confronti della realtà. Il preadolescente prende in modo un po’ meno critico la realtà che lo circonda, mentre l’adolescente acquisisce un proprio modo di pensare e inizia a non dipendere da tutto ciò che i genitori dicono.
L’atteggiamento degli adolescenti, che spesso i genitori vivono come una provocazione, è quindi qualcosa di fisiologico?
Diciamo che nell’adolescenza è normalità quella che in altri momenti della vita può essere considerata patologia. Squilibrio, esplosione emotiva, contrasti più forti, che sono tipici in questa fase, sarebbero considerati patologici in una persona più matura. Il periodo dell’adolescenza può essere associato a un concetto di felicità e spensieratezza più nella mente degli adulti che nella concretezza della vita dei ragazzi. I ragazzi hanno bisogno di sperimentare, di sentirsi autonomi; necessità che si manifesta spesso nell’opporsi a ciò che dice l’adulto, con tutte le difficoltà e i contrasti che questo comporta.
Quali sono gli errori più frequenti che commettono i genitori quando si rapportano con i figli adolescenti?
Spesso di fronte a un ragazzo che chiaramente ha ancora poche idee e poca consapevolezza, piuttosto che mantenersi in una posizione di osservatori, più difficile ma più corretta, gli adulti tentano di dare delle indicazioni, cercano di fare in modo di orientare il ragazzo verso quelle che sono considerate delle scelte equilibrate da parte dei genitori. Si parla eccessivamente, si danno consigli non richiesti, andando contro quella che è invece la naturale evoluzione. Il ragazzo cerca di differenziarsi, questa cosa desta preoccupazione nei genitori che cercano invece di mantenere la situazione sotto controllo. Non è facile per i genitori entrare in relazione con un figlio che si vede cambiare in modo molto importante. Il tentativo è quindi quello di riportarlo al ragazzo che noi conoscevamo. Cosa molto pericolosa perché non si può impedire a un adolescente di crescere.
Quali possono essere le conseguenze se un genitore persiste in questo atteggiamento?
Il ragazzo fallisce il suo compito evolutivo! Si iperadatta a una mentalità adulta invece che sperimentarne una propria… abbiamo un adolescente che ragiona come un quarantenne. Salta una fase importante e invece di conformarsi al gruppo dei coetanei, che è la fase iniziale più importante dell’adolescenza, resta vincolato ai valori genitoriali per cui si perde questa fase che resta un «periodo mancato». Ecco perché spesso si vedono dei quarantenni che si comportano come degli adolescenti. Per questo è importante che ogni età sia rispettata in quelle che sono le sue caratteristiche.
Il genitore deve quindi prendere atto della crescita del figlio e trovare un nuovo modo di comunicare: quale?
Concedere tutto quello che è sensato concedere a dei ragazzi che fanno delle piccole esperienze. Non bisogna stare troppo addosso ai propri figli: dare loro la sensazione di poter fare in autonomia, spesso mette i ragazzi in una situazione di maggiore tranquillità, di fare le loro piccole esperienze e vivere le loro piccole trasgressioni. Se invece ci sono troppe chiusure, i ragazzi hanno troppi divieti, ci sono troppi scontri inutili, la situazione può diventare più pericolosa. Gli adulti dovrebbero avere la capacità di controllare la loro parte emotiva, se ci si lascia sopraffare dalle emozioni si va fuori strada. Il genitore dovrebbe essere più predisposto ad ascoltare anziché fare interventi non richiesti. È una fase in cui si dovrebbero evitare critiche e manifestare un’apertura mentale verso le novità e i cambiamenti dei figli.
Potrebbero anche esserci dei casi in cui è necessario che un genitore intervenga per evitare che i ragazzi facciano delle scelte davvero inappropriate. Come fare, in questo caso, ad avere una corretta comunicazione con i figli?
Non si può evitare di intervenire se c’è un pericolo importante, perché c’è una responsabilità genitoriale alla quale non si può venire meno. Ci può essere il momento in cui il ragazzo supera i limiti, in questo caso è importante che il genitore mantenga il controllo e una posizione gerarchica chiara, con un atteggiamento fermo e deciso. È più semplice mantenere una posizione coerente se si è in grado di riuscire a essere morbidi su altre cose. Le situazioni su cui intervenire se si lavora bene sono veramente poche. Se invece vengono fatte troppe critiche inutili, al modo di essere, alla moralità, alle ideologie che possono riguardare sistemi di valori differenti e l’adolescente viene profondamente ferito nel suo modo di pensare, diventa più pericoloso, perché difficilmente un adolescente ascolterà i suoi genitori se si sente attaccato su tutta la linea. Quindi, poter essere morbidi su tante cose per poter essere fermi sulle cose importanti.
Quando si ha un rapporto difficile con un figlio adolescente, come fare a capire se è opportuno consultare uno specialista?
È il momento di rivolgersi a uno specialista quando le cose si mantengono uguali senza cambiamenti positivi per troppo tempo. Se un genitore vede che la situazione inizia ad andare male e non migliora per un mese, per due mesi, e c’è troppa tensione è meglio chiedere un consiglio a uno specialista per sapere come comportarsi, come intervenire in una situazione problematica. È sempre importante che siano i genitori in primis a farlo, non mandare il figlio, perché a volte si può risolvere la situazione lavorando bene con i genitori. Basta una sorta di supervisione per vedere come certi momenti critici siano semplicemente una fase di passaggio che si evolve in una situazione più positiva.