Come ti salvo un hotel

Intervista – Emanuele Patelli parla dell’esperienza quale hospitality manager, figura voluta nel 2016 dall’Agenzia turistica ticinese
/ 07.10.2019
di Giorgia Reclari

In tre anni ha visitato oltre 160 alberghi in Ticino, in media uno ogni tre giorni. È un turista da record innamorato del nostro cantone? No, in realtà è l’hospitality manager Emanuele Patelli, una figura introdotta nel 2016 dall’Agenzia turistica ticinese in collaborazione con l’Ufficio per lo sviluppo economico del Dipartimento delle finanze e dell’economia, con lo scopo di aiutare gli albergatori a stare al passo con i tempi. Ora il suo mandato volge al termine (a fine anno) e lo abbiamo incontrato per chiedergli un bilancio e qualche aneddoto sul suo lavoro, importante ma poco conosciuto dal pubblico. Emanuele, che oltre all’incarico di hospitality manager, gestisce una struttura alberghiera con la sua famiglia a Locarno, parla con grande entusiasmo del suo lavoro.

Signor Patelli, come mai si è deciso di introdurre la figura dell’hospitality manager?
Da uno studio condotto in Ticino tra il 2012 e il 2015, è emerso che il 15% degli hotel non ha più un potenziale economico (sono quelli che negli ultimi anni stanno chiudendo), il 30% sono strutture di successo che hanno necessità minime di intervento e poi c’è la maggioranza, pari al 55%, rappresentata da alberghi con potenzialità e necessità di intervento. Per aiutare questa categoria si è deciso di offrire la consulenza gratuita.

Come opera in concreto?
È una figura innovativa, una prima a livello svizzero. In pratica fornisco consulenza agli albergatori sulle strategie di vendita e di comunicazione, soprattutto digitale, ma anche sulle possibilità di accesso ai crediti bancari per fare investimenti.

In tre anni ha visitato decine di strutture e con alcune ha avviato dei progetti. Quali ricorda con maggiore soddisfazione?
I più interessanti sono quelli che avviano una nuova attività da zero, perché li posso seguire fin dall’inizio, far fare una formazione ai promotori, creare il progetto sulla carta e realizzarlo. Molti invece mi hanno contattato per consigli strategici e sono riusciti a introdurre alcuni accorgimenti per riposizionarsi o per ottimizzare il servizio. Io li aiuto in primo luogo a riflettere su se stessi. Punto molto sul loro spirito imprenditoriale. Quando qualcuno viene da me perché vuole sviluppare la sua attività, la prima cosa che chiedo è: come volete posizionarvi, qual è il vostro target? Se non si definisce questo è inutile fare cambiamenti. A volte arrivano albergatori con progetti multimilionari ma senza una riflessione sui destinatari. Per fare un esempio: vogliono fare 100 camere doppie e quando si chiede a chi sono rivolte, elencano tipologie molto diverse di ospiti: famiglie, persone in bicicletta, clientela business. Senza pensare che le camere doppie non vanno bene per queste categorie.

Quindi gli albergatori moderni non possono più permettersi di aprire e aspettare che arrivi il turista...
Esatto, oggi gli albergatori sono confrontati con parecchie sfide, in primis la necessità di continuare a riposizionarsi nel mercato. Bisogna costantemente porsi una serie di domande: chi voglio attrarre nella mia struttura? Quali prezzi posso fissare? Quali servizi offrire nelle diverse stagioni? Io cerco di far capire che l’albergatore oggi deve essere anche un imprenditore. Per aiutarli in questo non sempre facile cammino, ho elaborato una formazione specifica su vari livelli, approvata dalla Schweizerische Hotelfachschule Luzern. Si chiama Pop-up Academy Ticino e la prima edizione (che ha già fatto il tutto esaurito) è partita quest’anno.

Un tasto dolente per gli albergatori è sempre stato anche l’accesso ai crediti bancari per gli investimenti destinati a rinnovi e ampliamenti.
È un tema in cui sono stati raggiunti degli ottimi risultati: grazie al dialogo tra hospitality manager e Ufficio per lo sviluppo economico da un lato e settore bancario dall’altro, l’anno scorso è stata approvata una modifica della Legge sul turismo, con un decisivo miglioramento nell’accesso ai finanziamenti. Io, che da albergatore conosco il problema, fornisco consulenza diretta e fungo da tramite fra alberghi e istituti bancari. C’è anche il credito quadro messo a disposizione dal Cantone, che è già quasi tutto esaurito: un bel segno di rinnovato spirito imprenditoriale.

In generale come giudica l’offerta alberghiera in Ticino a livello qualitativo e quantitativo?
Il rapporto fra domanda e offerta si sta regolarizzando. Chiudono le strutture che non riescono a rinnovarsi, ma storicamente oggi abbiamo il più alto tasso di occupazione mai registrato, anche rispetto agli anni d’oro del turismo. È chiaro che avendo meno strutture è aumentata anche l’occupazione. È un momento di assestamento.

C’è differenza nella qualità delle strutture tra le varie regioni ticinesi?
Ascona e tutta la regione del Locarnese, per tradizione, hanno una maggiore vocazione leisure, ovvero vacanziera. Lugano è più votata al business e ai congressi. Il Mendrisiotto sta compiendo molti sforzi per riposizionarsi: diversi progetti hanno visto la luce o la vedranno nei prossimi anni. Il Bellinzonese e le valli stanno invece puntando molto sull’offerta legata alle MTB e all’escursionismo. Fa piacere constatare che gli investimenti complessivi sono distribuiti su tutto il territorio.

Guardando avanti, quali progetti ci sono ancora sul tavolo?
Il mio mandato termina alla fine di quest’anno, ora si discuterà se e in che termini proseguire. Di sicuro punteremo ancora molto sulla formazione – un fattore fondamentale per la crescita della competitività – e sugli investimenti.