Come rendere autonomi i figli

Il caffè delle mamme – Riflessioni nate dai consigli dispensati dalla blogger Amy Carney
/ 13.11.2017
di Simona Ravizza

Non preparare la strada ai nostri figli, ma prepararli alla strada – come dice il celebre detto popolare – può passare dal far riempire una lavatrice a 10 anni? L’interrogativo è al centro del confronto tra mamme dopo il post della blogger americana Amy Carney Stop doing these 8 things for your teen this school year: «Smettete di fare queste 8 cose per il vostro teenager». L’articolo risale al 19 settembre 2016, ma è rimbalzato ovunque in rete all’inizio di quest’anno scolastico. Sullo sfondo c’è una domanda su tutte: che cosa deve sapere fare un (pre)adolescente? Non è un interrogativo da sottovalutare. Perché l’assunzione di responsabilità, fondamentale per la crescita, può passare anche da mansioni domestiche. 

Per Amy Carney, 40enne con tre gemelli maschi e una femmina, tutti teenager, e un bimbo adottivo di 10 anni, bisogna smettere di svegliarli al mattino, preparare la colazione, compilare al loro posto i moduli scolastici, recuperare i quaderni che dimenticano, correre a comprare il materiale scolastico chiesto all’ultimo minuto, fare per loro i bucati, inviare email in continuazione per chiedere colloqui con l’insegnante, intromettersi nell’esecuzione dei compiti. L’obiettivo sacrosanto è di renderli autonomi. Il problema è come farlo nel modo migliore senza trasformarsi in genitori tiranni (il modello della mamma tigre è fallito da tempo). 

Senza dubbio il modello più valido è un mix di autorevolezza e comprensione. La sfida è trovare l’equilibrio giusto. Nel suo ultimo libro uscito per Mondadori Abbiamo bisogno di genitori autorevoli (aprile 2017), lo psicoterapeuta Matteo Lancini, docente all’Università Milano-Bicocca e presidente della Fondazione Minotauro e dell’Associazione dei Gruppi Italiani di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Adolescenza (AGIPPSA), sottolinea: «Bisogna favorire l’autonomia e la responsabilità senza mai lasciarli soli». La psicoterapeuta Maura Manca, direttore dell’Osservatorio nazionale Adolescenza con sede a Roma, spiega ad «Azione»: «Per aiutare i nostri figli a diventare adulti è importante far loro capire che i genitori non sono cuochi, segretari, né colf». Un antidoto, forse, anche per non ritrovarsi gli adolescenti Sdraiati del libro di Michele Serra, che preferiscono la posizione orizzontale a quella eretta, avvolti nelle loro felpe sul divano, mentre guardano la tv e mandano sms in contemporanea: «A dieci anni riempivo l’annaffiatoio per mio padre, e la facilità con la quale lui maneggiava con una sola mano quei dieci litri d’acqua che io gli porgevo con fatica e impaccio mi pareva il traguardo della mia infanzia – scrive Serra –. Ora che maneggio con la stessa destrezza quei dieci litri, e sono dunque adulto, mi rendo conto che nessuno mi porge l’annaffiatoio».

Già negli anni Sessanta Eppie Lederer, nota in tutto il mondo come Ann Landers, nella sua colonna di consigli sul quotidiano statunitense «Chicago Sun-Times» scriveva: «Non è quello che fai per i tuoi figli, ma quello che hai insegnato loro a fare per se stessi che li renderà esseri umani di successo». E in questa missione non basta filosofeggiare, bisogna insegnare anche a fare cose pratiche. Per rispetto nei confronti di chi si dedica loro anima e corpo. «Non ci devono essere troppi obblighi, ma la condivisione è positiva, anche quando si prepara la cena – riflette Manca –. I bambini vedono l’impegno e la passione nel cucinare. E imparano a non dare per scontato quello che mangiano». Meglio mettersi ai fornelli insieme – è il messaggio – che assecondarli nel guardare la tv quando la mamma cucina. All’osservazione «Mamma non hai messo l’acqua a tavola», si può rispondere: «Puoi prenderla tu». «È importante – sottolinea Manca – perché i figli capiscano che anche noi possiamo dimenticarci qualcosa e che tutti possono collaborare per aiutare un po’». È bene ricordare, poi, che i piatti non cadono dal cielo sulla tovaglia, ma qualcuno deve apparecchiare e dai 4 anni in su tutti sono in grado. Lo stesso vale per la lavastoviglie da riempire. «Tra una risata e il racconto della giornata – è il parere di Manca – farli collaborare può diventare un’occasione per stare insieme». 

I compiti vanno programmati, non eseguiti tutti all’ultimo minuto. «Ai bambini non vanno imposti i tempi degli adulti, se tornano a casa stanchi da scuola devono potersi riposare – chiarisce Manca –. Ma devono sapere che, a un certo punto, tocca a loro prendere in mano i libri». I vestiti sporchi devono essere buttati nel cesto, quelli puliti piegati (anche il pigiama). «Ma sulla sedia piena di magliette e jeans è meglio chiudere un occhio – consiglia Manca –. È sbagliato dare ai figli l’impressione che non possano lasciare nulla fuori posto. Così si sentono in gabbia». La doccia – capelli compresi – va fatta tutti i giorni, non dev’esserci neppure bisogno di ricordarlo. Le luci che vengono accese vanno spente, le briciole che vengono fatte cadere in terra ogni tanto possono essere raccolte con la paletta. «Ma non bisogna mai esagerare con le richieste – scandisce Manca –. L’importante è fare passare il messaggio che non è tutto dovuto né scontato». Con una consapevolezza: le regole servono anche per essere trasgredite.