Come funziona il sistema immunitario

Covid-19 - Oggi protagonista involontario, è il nostro scudo naturale alle aggressioni esterne e vanta memoria da elefante
/ 19.10.2020
di Maria Grazia Buletti

Per quanto indesiderato, il coronavirus è diventato parte della nostra realtà. Abbiamo cambiato abitudini di vita e il lockdown ci ha privati di libertà che pensavamo acquisite. In Svizzera circa 70mila persone si sono ammalate di Covid-19 e contiamo oltre 1800 morti. Abbiamo cominciato a usare termini specialistici propri di sanità e medicina. Epidemiologia, virologia, carica virale, tampone, sierologia, sistema immunitario e anticorpi sono lessico comune quotidiano, malgrado il loro significato non sia sempre davvero chiaro. Ci stiamo barcamenando fra lo stupore per un evento così inimmaginabile e le sue conseguenze; oscilliamo tra timori, incredulità (che per alcuni diventa negazione, o quasi, del virus) e le sue ripercussioni sanitarie, sociali ed economiche.

Anche il nostro corpo reagisce come sa e come deve: «Il sistema immunitario reagisce al virus come sa fare e non ne nega certo l’esistenza», esordisce il professor Carlo Chizzolini, immunologo e ricercatore che incontriamo al Centre Medical Universitaire a Ginevra per capire cos’è il sistema immunitario, come funziona e quale sia il suo ruolo in questa faccenda. Dopo aver dedicato parecchi anni delle sue ricerche alla malaria, il professore si occupa da tempo delle malattie autoimmuni (quando il sistema immunitario reagisce contro l’organismo di cui fa parte).

Conferma il suo approccio e il suo interesse dal profilo immunologico rispetto al coronavirus, ma non si tira indietro quando gli chiediamo un’analisi più generale della situazione che stiamo vivendo e, al pari del suo compagno di ricerca che è il sistema immunitario, dice di non comprendere chi nega o sminuisce la portata del virus: «Vale però la pena di riflettere sulle conseguenze tangibili di quanto stiamo vivendo: a causa dell’epidemia siamo pronti ad accettare le restrizioni, spesso molto pesanti, di libertà personali; e siamo pure pronti a installare programmi che permettono il nostro tracciamento. La realtà non sta nel negazionismo, ma nel prendere coscienza che dinanzi a questi assalti la nostra libertà individuale diminuisce. La riflessione? Se vogliamo preservare il più alto numero di persone, dobbiamo fare i conti con un’eventuale limitazione della libertà individuale».

Partiamo dal fatto che il sistema immunitario è estremamente complicato: «È fra i più complessi del nostro organismo (un po’ come il cervello); la sua assenza o suoi difetti importanti sono incompatibili con la vita e se ci mancassero delle sue componenti potremmo morire più o meno in fretta. La base della sua azione risiede proprio nel fatto che esso non funzioni in modo uniforme bensì con declinazioni individuali». Con il nostro interlocutore ci confrontiamo con qualche provocazione che ne conferma la complessità: «La parola immune deriva dal latino e significa “capacità di convivere con un pericolo senza esserne danneggiati”. D’altra parte: “L’immunologia è laddove l’intuizione muore”, il che è peccato perché dobbiamo davvero riuscire a capire come reagisce il sistema immunitario al coronavirus». Peraltro: «Anche la parola immunologia crea confusione: quando la usano gli immunologi, stanno dicendo che il sistema immunitario ha risposto a un patogeno, ad esempio, producendo anticorpi o radunando cellule difensive; quando altri usano questo termine, essi intendono (e sperano) di essere protetti e immuni dalle infezioni».

Proviamo comunque ad addentrarci in quell’intricata rete di cellule e molecole che ci proteggono da pericoli virali e altri microbi, le cui componenti «si evocano, amplificano, irritano, si calmano e trasformano a vicenda»: «È il nostro scudo naturale alle aggressioni esterne senza il quale nessuno sopravvivrebbe a lungo. È un sistema di difesa del nostro organismo che riconosce con precisione segnali di pericolo. I suoi campanelli d’allarme gli permettono di intuire che sta arrivando qualcosa di pericoloso (virus, battere, altri agenti patogeni, le cellule dell’organismo che soffrono), innescandone l’azione».

Da esso, oggi più che mai, ci aspettiamo una «risposta immunitaria», ma dobbiamo dapprima puntualizzare cosa sia l’immunità: «Attorno a noi ci sono tanti germi ma non siamo ammalati perché il nostro sistema immunitario ci permette di vivere in un ambiente pieno di microbi senza morire». Una risposta immunitaria, spiega il professore, non fornisce necessariamente una protezione e tutto dipende da quanto siano efficaci, numerosi e durevoli quegli anticorpi e quelle cellule. Con le differenti reazioni al coronavirus abbiamo capito che non esiste una realtà uniforme per come ci si ammala, per chi si ammala, per chi trasmette la malattia a chi e via dicendo, e ogni osservazione non è automaticamente certezza o evidenza scientifica per la quale occorre percorrere una via più lunga e paziente: «Questo succede perché ciascuno di noi è diverso dall’altro dal punto di vista immunitario: ribadisco che di fronte all’enorme varietà possibile di patogeni, questa diversità permette di ottenere una “difesa di specie” che non è la difesa dell’individuo. Ciò significa che nell’evoluzione, il nostro sistema immunitario si è moltiplicato, diversificato e selezionato attraverso incontri successivi con diversi agenti patogeni e questa diversità ci permette di affrontare come specie l’incontro con un nuovo patogeno come il coronavirus, ad esempio. Quindi, non tutti muoiono e non tutti sopravvivono, ma la maggior parte sopravvive».

Ciò che ci pare un flagello nuovo, non lo è per il nostro sistema immunitario, meravigliosamente evoluto e funzionante proprio per affrontare situazioni come questa. In soldoni: disponiamo di un sistema di difesa programmato a combattere proprio questi «nemici»; lo fa con un interesse di sopravvivenza di specie più che individuale. Inoltre, ha da sempre le sue cartucce in canna ma pure qualche difetto che può emergere proprio in casi come quello che stiamo vivendo. Perciò non ci deve meravigliare l’osservazione dell’immunologo Carlos Rodriguez-Gallengo quando parla degli anticorpi di alcuni malati di coronavirus che ne peggiorano l’infezione: «La presenza di anticorpi facilitatori non è una sorpresa né una rarità: da sempre mi occupo di malattie autoimmuni e so che questo può succedere quando il sistema immunitario non funziona a dovere, a prescindere dal coronavirus che oggi permette a questo dato di fatto di emergere».

Il sistema immunitario sta solo facendo il suo regolare lavoro, come sa e come è programmato a fare, è la conclusione a cui giungiamo al termine del colloquio con l’immunologo. A prescindere dal coronavirus che in questo momento ha la sola responsabilità di essere l’agente patogeno con cui ci troviamo a fare i conti.