«Se avessi potuto parlare apertamente della mia situazione con qualcun altro quando avevo 5, 8 o 14 anni, forse avrei capito che non dovevo sopportare la responsabilità di salvare i miei genitori e la mia famiglia. L’ho riconosciuto e capito veramente solo trent’anni dopo». È la testimonianza di un figlio di genitori alcolisti, uno dei tanti che non ha ricevuto un aiuto quando era bambino.
In Svizzera sono circa 100mila i bambini che vivono con un genitore che ha problemi con l’alcol o con un’altra sostanza illegale. I figli di questi genitori hanno un alto rischio, sei volte più del solito, di sviluppare a loro volta problemi legati alle dipendenze.
Dipendenze Svizzera, la fondazione che da sempre si occupa di questi temi, ha lanciato una campagna per sensibilizzare le persone vicine alle famiglie affette da dipendenza. È necessario intervenire, segnalare e soprattutto aiutare.
«Cerchiamo di informare le persone vicine, che conoscono le situazioni, ma che hanno remore o paure di fare qualcosa. – ci dice Margaux Salvi-Délez, capoprogetto prevenzione di Dipendenze Svizzera – È importante che le persone vicine alle famiglie con genitori alcolisti agiscano, dimostrando che c’è qualcuno di disponibile ad aiutare. Sappiamo che è difficile intervenire dall’esterno, ma si può fare chiamando un servizio, per esempio Ticino addiction, o rivolgendosi a qualche specialista».
«Mamma beve, papà beve» è il programma nazionale sui figli di genitori con una dipendenza. Nel fascicolo che è stato pubblicato in tutta la Svizzera si danno consigli per come affrontare questi problemi e come relazionarsi con i bambini di queste famiglie in crisi. Ci sono alcuni punti cruciali da sottolineare. La dipendenza è una malattia; non è colpa dei figli se i genitori hanno un problema di dipendenza e i bambini non sono responsabili della situazione in cui vivono il padre e la madre; i bambini confrontati con questo problema sono tanti, non sono soli; i figli hanno diritto di sentirsi bene anche se i genitori attraversano momenti difficili. E, soprattutto, i figli hanno diritto di parlare di ciò che succede a casa e di chiedere aiuto. Cosa non sempre facile, perché la famiglia è una struttura chiusa che spesso non lascia filtrare i malesseri che la logorano.
«Le famiglie con genitori affetti da dipendenza rappresentano contesti molto difficili che portano spesso all’isolamento dei bambini. – spiega Margaux Salvi-Délez – I figli si sentono soli, hanno paura e vergogna. Possono vivere emozioni contraddittorie, amano i genitori, ma esprimono anche rabbia e odio nei loro confronti e non sono privi di sensi di colpa. A volte questi ragazzi devono assumere enormi responsabilità, occuparsi dei fratelli minori e anche, alla fine, dei genitori, quando questi sono in balia dell’alcol o di altre sostanze. Bisogna ricordare che per aiutare i bambini occorre aiutare i genitori. In particolare si tratta di aiuto alle famiglie».
Cosa possono fare le persone vicine? «Indipendentemente dal fatto che abbiate parlato o meno con i bambini della dipendenza di uno o di entrambi i genitori, potete esserci per loro. – consiglia Dipendenze Svizzera – Poco importa che siate un vicino o una vicina di casa, un famigliare oppure un genitore di un compagno di classe: siete abbastanza vicini per esercitare un ruolo cruciale e positivo nella vita di un bambino o una bambina che deve fare i conti con la dipendenza del padre o/e della madre».
A livello svizzero si stima che circa 300mila persone abbiano una dipendenza da alcol e una su tre ha, all’interno della propria cerchia famigliare, almeno una persona che ha sviluppato un consumo problematico di alcol e che necessita quindi di cure psicosociali.
Ogni anno si organizzano giornate o anche la settimana nazionale di azione per sensibilizzare la popolazione su questi temi. In Ticino, oltre al Dipartimento della sanità e della socialità, sono attive alcune associazioni: Ingrado, servizi per le dipendenze, Radix della Svizzera italiana e Ticino addiction. Tuttavia, solo dall’anno scorso è stata organizzata la settimana nazionale di sensibilizzazione.
«Ci sono cantoni che fanno di più, altri meno. – annota Salvi-Délez – Dipende anche dalle risorse finanziarie a disposizione. In ogni caso è importante che le istituzioni si responsabilizzino su questi temi. Si tratta di creare sistemi di presa a carico per le famiglie e per i bambini che si trovano nel bisogno. Anche nelle scuole si dovrebbe organizzare un intervento precoce. È determinante la formazione di tutti i professionisti che sono a contatto con l’infanzia, insegnanti ed educatori; sensibilizzarli su questi problemi, spiegare come si deve intervenire e che ruolo assumere in queste dinamiche delicate».
L’opuscolo di Dipendenze Svizzera spiega alcuni dettagli significativi: «Capita spesso che le persone affette da dipendenze neghino e non riconoscano i loro problemi. In questi casi, parlare delle dipendenze in modo diretto con gli interessati rischia di essere controproducente. In effetti, il genitore potrebbe provare vergogna o altri sentimenti e rifiutare di affrontare l’argomento. In un primo momento è dunque meglio parlare degli atteggiamenti del bambino o della bambina osservati e delle proprie preoccupazioni al riguardo, senza necessariamente menzionare la questione della dipendenza. È importante non esprimere giudizi sul genitore in questione. Ricordatevi che le dipendenze costituiscono una malattia e che ogni padre e ogni madre cerca, a suo modo, di essere un buon genitore».
Intervenire nei confronti di famiglie che vivono casi di dipendenza è essenziale anche per cercare di garantire un futuro migliore ai figli. I bambini che vivono in queste famiglie rischiano di piombare a loro volta nella dipendenza. «Possono esserci problemi anche legati alla genetica – ci dice Margaux Salvi-Délez – ma è evidente che un bambino che cresce in un contesto famigliare confrontato con la dipendenza non riceve le competenze psicosociali che gli permettono in seguito di affrontare le prove della vita. Quindi nell’adolescenza potrebbe essere indotto a utilizzare sostanze per stare meglio, perché questo è quanto ha vissuto lungo la sua esperienza infantile. Altra cosa importante da sapere è che affrontare una situazione di famiglia alcolista non significa automaticamente segnalare all’autorità di protezione. Aiutare non significa denunciare, né portare alla separazione dei figli dai genitori. È una paura che va evitata, la protezione dell’infanzia ha molte modalità prima di arrivare alla denuncia. Questa è l’ultima ratio e interviene quando la situazione è molto complicata o quando la salute del bambino è in pericolo».
Per quanto riguarda la sensibilità della politica in tema, il Panorama svizzero delle dipendenze, pubblicato da Dipendenze Svizzera lo scorso febbraio, critica il Parlamento elvetico che «non tiene il passo con la volontà popolare». «Alla fine del 2015, dopo quasi quattro anni di trattative, i lavori di revisione della legge sull’alcol sono stati sospesi. Da allora, un’unica volta nel 2016 il Parlamento ha accettato una mozione per sancire a livello giuridico i test d’acquisto di alcolici, e nel 2019 ha poi approvato la vendita di bibite alcoliche sulle autostrade». Anche per quanto riguarda il tabacco, il Parlamento frena: «Dopo aver approvato l’iniziativa popolare “Fanciulli senza tabacco”, le lobby parlamentari non hanno tardato a dichiararsi contrarie alla sua effettiva attuazione».
Diamo ancora la parola al figlio di alcolisti che abbiamo citato in apertura: «I bambini provenienti da famiglie disfunzionali hanno quasi certamente tutti, senza eccezione, un problema di fiducia. Nonostante questo, o proprio per questo, un bambino che sembra soffrire ha bisogno di una persona di fiducia, insegnante o assistente sociale. Ricordate, tuttavia, che nell’interazione tra il bambino e l’adulto, simpatia e antipatia giocano un ruolo. Ci deve essere una sorta di alchimia. A volte è necessaria una certa distanza affinché il bambino possa raccontare la storia senza preoccuparsi».
Informazioni
www.figli-genitori-con-dipendenze.ch