Perché non mi parla più? Chi vive in prima persona uno strappo parentale si pone con dolore sovente dissimulato il tormentoso quesito. Chiedere aiuto, affrontare la propria situazione, trovare le risorse per poi operare delle scelte sono tappe di un percorso volto a migliorare la qualità di vita con l’aiuto di professionisti. Per far emergere un tema delicato e più diffuso di quanto si possa immaginare, e-counseling propone un incontro pubblico giovedì prossimo 6 dicembre (18.30) alla Biblioteca cantonale a Bellinzona.
Ospite della serata – assieme a Marco Galli, responsabile dell’Ufficio cantonale del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani – sarà Mario Papadia, psicologo e psicoterapeuta, counselor trainer supervisore, direttore dell’Accademia per la Riprogrammazione e della Libera Università della Riprogrammazione di Roma. Il giorno seguente l’esperto italiano condurrà una giornata di approfondimento per i professionisti sensibili al tema.
Mario Papadia, da molti anni impegnato ad insegnare e diffondere un modello globale di approccio alle situazioni critiche, è stato invitato da Patricia Elzi (sua ex allieva) e Dolores Belloli, da cinque anni titolari a Bellinzona dello studio e-counseling. Dal loro osservatorio, che comprende anche il Punto ascolto attivato dal Comune di Monteceneri, le due consulenti psicosociali hanno potuto constatare quanto frequenti e dolorosi siano i casi di strappo parentale. «Non sempre il tema della mancanza di contatto fra parenti stretti viene espresso come tale da chi si rivolge a noi», spiegano ad «Azione». «In diversi casi scopriamo in un secondo tempo che alcune forme di malessere derivano dalla rottura di legami familiari importanti». Le due colleghe evidenziano come il problema sia quindi sommerso al punto che alcune persone non sono nemmeno consapevoli del medesimo e delle sue conseguenze.
Per questo motivo all’inizio del 2018 hanno proposto una nuova modalità di incontro mensile che si è tradotto in un gruppo di parola. «Desideriamo contrastare la tendenza a minimizzare ed insabbiare – precisano Patricia Elzi e Dolores Belloli – perché la situazione non è senza via d’uscita e grazie ad un percorso adeguato si può migliorare la propria condizione». Come si svolgono gli incontri? «I partecipanti in generale tendono dapprima a raccontare la loro storia, esternando sensazioni, emozioni e profondo dolore. Parlare però non è un obbligo. Anche il semplice ascolto può essere un primo passo. Il gruppo di parola può essere definito come uno spazio di incontro e narrazione dell’esperienza in assenza di giudizio. La nostra presenza, basata sui principi del counseling, permette di andare oltre attraverso suggerimenti di riflessione. Soffermarsi sul significato delle parole, chiarire supposizioni, silenzi e interpretazioni sovente all’origine di uno strappo familiare, valutare la relazione interrotta da un altro punto di vista, riportare il focus su se stessi e le proprie risorse sono fasi di approfondimento attraverso le quali si può giungere ad una maggiore consapevolezza e accettazione. A questo stadio si può ripartire attivando le proprie risorse per decidere se rimanere nello strappo ma con minore sofferenza o attivarsi per cercare di ricucirlo».
L’obiettivo è quello di trasformare un circolo vizioso in virtuoso. Se affrontato senza pregiudizi, lo strappo parentale può trasformarsi in un’opportunità di crescita personale e di cambiamento nelle relazioni familiari. Gli incontri con Mario Papadia sono volti a trasmettere questo messaggio e a sensibilizzare la rete degli operatori psicosociali.
In assenza di eventi determinanti, come separazioni e divorzi o un lutto, l’interruzione relazionale fra parenti è ancora poco visibile. Sovente resta racchiusa nella sfera familiare e solo particolari ricorrenze portano a mostrarla e a chiedere un aiuto professionale per giungere ad una mediazione. Se i casi più manifesti riguardano in prevalenza il rapporto genitori-figli, frequenti sono pure le rotture a livello di fratelli e sorelle o di nonni e nipoti.
In quest’ultimo caso l’interruzione dei rapporti è particolarmente dolorosa, soprattutto per il genere femminile, come dimostrano anche le testimonianze raccolte da Ludovica Spinedi nel suo Mémoire di Master Le droit aux relations personnelles entre petits-enfants et leurs grands-parents: faut-il renforcer un tel droit dans le contexte juridique suisse?. Per la ricerca interdisciplinare in diritto e scienze sociali presentata lo scorso settembre all’Università di Friburgo la studentessa ticinese ha intervistato otto nonni e due nipoti nel Cantone d’origine. Ha così toccato con mano quanto il tema sia ancora un tabù sociale.
La prima difficoltà è stata infatti quella di trovare le persone da intervistare. In seguito è emerso il timore da parte dei nonni di svelare questa realtà familiare, timore legato alla sensazione che gli altri si chiedano cosa abbiano mai commesso per giungere a una tale rottura. Da parte dei nipoti – due giovani adulti che hanno raccontato il loro passato – emerge una visione tradizionale dei nonni, depositari di affetto, vizi e sostegno. «È stato significativo – precisa Ludovica Spinedi – osservare come il bambino possa essere attore nel conflitto che oppone genitori e nonni. Un nipote ha spiegato di essere stato lui a insistere a più riprese con il genitore per riallacciare i rapporti con i nonni». Questo tipo di strappo evidenzia secondo l’autrice «come la sfera femminile sia più implicata nel mantenere la famiglia unita e quindi anche più sofferente e con maggiori sensi di colpa di fronte all’interruzione dei rapporti».
Se in determinati momenti gli strappi parentali non sono evitabili, è vero che è possibile affrontarli in modo costruttivo. Gli eventi di questa settimana così come gli studi mirati contribuiscono a far emergere una realtà che può essere espressa e condivisa.
Informazioni
Patricia Elzi, tel. 079 2783144.
Dolores Belloli, tel. 076 3381561.