Ci sono muri e muri

Sport - Dalla Nazionale di hockey bloccata dalla Germania, al ritiro di Roger Federer e Naomi Osaka al Roland Garros
/ 14.06.2021
di Giancarlo Dionisio

Avrei voluto scrivere una puntata monografica sulla Nazionale svizzera di hockey, convinto che il suo percorso ai Mondiali sarebbe stato più lungo e luminoso. Siamo comunque vicini all’élite. Questione di piccoli dettagli, centimetri, secondi. Tuttavia, il muro tedesco ci ha respinti. Ripongo trombe e tamburi in solaio. Magari per rispolverarli presto e inneggiare a un nuovo trionfo di Roger Federer a Wimbledon. L’asso basilese ha scelto volontariamente di lasciare il Roland Garros dopo tre vittorie: «Dopo i due interventi al ginocchio destro e oltre un anno di riabilitazione, devo ascoltare il mio corpo». Il muro se l’è creato lui. Saggio, direi. Sulla via del completo recupero.

Il Torneo parigino non è stato certo avaro di spunti, anche exratennistici. Mi ha colpito molto il ritiro della giapponese Naomi Osaka. La numero due al mondo si è rifiutata di presentarsi alla conferenza stampa prevista dal protocollo, dopo il suo successo nel primo turno. La giuria le ha inflitto una multa di 12’300 euro, pena la squalifica, qualora il fatto si fosse ripetuto. Naomi ha preferito anticipare i tempi, ha fatto la riverenza, e ha tolto il disturbo. Ha annunciato il suo ritiro sui social, non prima di avere avvertito gli organizzatori con una lettera in cui scriveva che «non avrebbe partecipato ad alcuna conferenza stampa post-match, per non intaccare la propria salute mentale». Sui social ha quindi aggiunto: «Non era questa la situazione che avevo intenzione di creare. Adesso, credo che la cosa migliore per il torneo, per gli altri giocatori e per la mia salute, sia che io mi ritiri, così che tutti possano tornare a concentrarsi sul tennis (…) non avrei mai voluto banalizzare il tema della salute mentale o usare questa espressione alla leggera».

Sono parole che denotano al tempo stesso maturità, coraggio e disagio. Lo sport di alto livello è una potente macchina con degli ingranaggi che possono stritolare, anche se il suo funzionamento è d’una semplicità disarmante. Sei forte e dotato, lavori sodo, vinci. Il pubblico ti inneggia, i media ti richiedono. Gli sponsor ti corteggiano perché restituisci loro visibilità. Quindi guadagni un pacco di soldi. Elementare! Per rudimentale che sia, non ammette sgarri. Nessuna maglia della catena deve perdere scorrevolezza. Per continuare a guadagnare, l’atleta deve mettersi a disposizione dei media, i quali però lo richiedono, o lo pretendono, solo se vince. Tuttavia egli riesce a dare continuità al suo rendimento solo se lavora durissimamente. Forse è proprio in quest’ultimo aspetto che si cela il disagio di Naomi Osaka. Nell’imprescindibilità di essere costantemente al vertice, cosa tutt’altro che scontata. Anzi, molto costosa, in uno sport in cui c’è un costante livellamento dei valori verso l’alto.

Il rischio-stress è elevatissimo. Non è un caso che da anni gli sportivi lavorino con un «mental coach» o con uno psicologo. La tennista giapponese ha parlato persino di depressione. Nonostante ciò, ha avuto la lucidità per dire stop ed evitare il massacro in una situazione di fragilità. Va detto che le interviste del dopo partita sono sovente un rituale fatto di formule vacue. Fanno parte del meccanismo. Sono anodine. Teoricamente non dovrebbero nuocere alla salute mentale di chi vi si sottopone. In questo esercizio Roger Federer è un maestro di saggezza e di generosità. La sua giornata agonistica dura almeno un paio d’ore oltre il match, tra tv, radio, online e carta stampata. Ma quando stai male, c’è poco da fare. Devi gettare la spugna.

Naomi Osaka è stata sostenuta da un difensore eccellente. Lewis Hamilton, sette volte campione del mondo di Formula 1, paladino della lotta contro le discriminazioni, ha accusato coloro che detengono il potere nel tennis. «È il momento di rimettere tutto in questione: Non è corretto infliggere una sanzione a qualcuno che ti sta dicendo di avere un problema psicologico (…) spero che in futuro chi prende certe decisioni possa fare una grossa introspezione per trovare altri mezzi che siano più rispettosi della sensibilità delle persone».

Come dargli torto sul piano umano? Tuttavia è difficile ipotizzare soluzioni «à la carte», in cui ognuno si comporta come meglio crede. Ne andrebbe del buon funzionamento del meccanismo «successo-visibilità-soldi», senza il quale, il monte premi del Roland Garros, sarebbe nettamente inferiore agli attuali 17 milioni di euro. Il problema, credo si annidi soprattutto nell’esagerazione, nell’esasperazione, nell’iperbole.

Alla base di una qualsiasi attività lavorativa, non ci dovrebbe essere soltanto la ricerca della prestazione. Concetti come piacere, serenità, gioia di fare sono indispensabili, oltre, evidentemente, alla gratificazione pecuniaria. Vale per la numero due del tennis mondiale. Vale per la numero cento. Vale per tutti. Probabilmente è anche per questa ragione che, a quarant’anni suonati, Roger Federer continua a giocare, anche se non domina più la scena. Guadagna del denaro, certamente, ma, stando a quanto dichiara, si diverte ancora un sacco.