Chi è il più grande predatore?

Uomo e natura - La paura del lupo e di altri animali selvatici è atavica, storie e leggende la perpetuano da secoli. Ma i dati accertati parlano un’altra lingua: la maggiore minaccia per la fauna restiamo noi e per l’umanità... la zanzara
/ 21.09.2020
di Samantha Bourgoin

Le cronache del medioevo parlano di persone uccise dai lupi, ma vi è il sospetto che diversi di questi racconti siano il frutto di insabbiamenti di ben altri crimini, il lupo essendo il colpevole ideale. All’epoca si accusavano infatti anche i gipeti di rubare agnelli e bambini e si bruciavano sul rogo migliaia di donne accusate di stregoneria e dei più orrendi crimini. In barba alla favola di Cappuccetto rosso, oggi possiamo basarci su prove più scientifiche e queste raccontano un’altra storia. Ad esempio dal Canada, dove i lupi sono oltre 60’000, e da dove da oltre mezzo secolo non si segnala alcun caso di aggressione da parte di lupi. Le statistiche sono impietose: il peggior nemico dell’uomo è la zanzara, che causa ogni anno nel mondo la morte di circa 750’000 persone. Sul secondo gradino del podio si piazza l’uomo, che uccide ogni anno quasi 440’000 dei suoi consimili. Al terzo si piazzano i serpenti con 100’000 morti e al quarto il nostro caro amico a quattro zampe, il cane, che di persone ne uccide 35’000.

Il lupo si piazza al penultimo posto con appena 10 persone uccise in media ogni anno nel mondo, nota bene non persone sbranate, ma morte perché contagiate dal virus della rabbia trasmesso loro tramite il morso di un lupo malato di rabbia. Certo, e nessuno lo nega, anche la lince e il lupo sono predatori, ma le cifre delle loro prede sono briciole nei confronti delle nostre. L’anno scorso, in Svizzera, il lupo s’è pappato 400 delle nostre capre e pecore, mentre i cacciatori nostrani gli hanno «rubato», si fa per dire, oltre 90’000 delle sue potenziali prede. Anche i nostri cani, non tenuti come si dovrebbe al guinzaglio, hanno partecipato alla mattanza, uccidendo ad esempio oltre 500 caprioli. Al massacro di selvaggina abbiamo partecipato anche con il traffico stradale e quello ferroviario: con oltre 22’000 animali selvatici finiti schiacciati sotto le nostre ruote.

Va ricordato che appena un secolo fa nelle foreste svizzere non v’era praticamente più nulla da cacciare. Non solo erano stati cacciati fino all’estinzione la lince, il lupo, la lontra, il castoro, l’orso, lo stambecco, il cervo, il cinghiale, l’uro, il gipeto, l’ibis eremita, la cicogna e numerose altre specie di uccelli, anche caprioli e camosci erano quasi completamente scomparsi. A testimonianza della loro importanza nella nostra fauna elvetica, alcuni di questi animali ornano ancora oggi le nostre bandiere: l’uro (Bos primigenius) quella del Canton Uri, l’orso quella di Berna e lo stambecco quella dei Grigioni. Una volta diffusissimi in tutto l’arco alpino, gli stambecchi erano stati sterminati a causa delle superstizioni popolari. Erano infatti diventati una preda molto ambita perché si credeva che la punta delle loro corna, ridotta in polvere, servisse a combattere l’impotenza sessuale (non vi ricorda la storia dei rinoceronti?). Il loro sangue era poi impiegato come rimedio contro i calcoli alla vescica, mentre alcune parti dello stomaco erano reputate un rimedio efficace contro la malinconia (sic!).

L’ultimo manipolo di questi magnifici caprini sopravvisse alla mattanza trovando rifugio nel Gran Paradiso, l’allora riserva di caccia personale del re d’Italia. Se oggi lo stambecco è tornato a popolare le cime delle nostre montagne lo dobbiamo ad alcuni bracconieri italiani, che nel 1906, con il malcelato beneplacito della Confederazione, rubarono dalla riserva di caccia del re due giovani femmine di stambecco e un maschio, portandoli in Svizzera, dove dapprima furono allevati e riprodotti in cattività, per poi essere rilasciati negli anni 20 del secolo scorso nel Parco Nazionale Svizzero. Oggi i boschi svizzeri abbondano di nuovo di selvaggina e anche diverse delle specie un tempo estinte nel nostro paese stanno lentamente e timidamente tornando a popolarli, grazie alle misure di ripopolamento e di protezione adottate a livello federale. Così oggi troviamo di nuovo nel nostro paese 1600 castori, 14 coppie di gipeti, 200 coppie di cicogne, 170 linci, 80 lupi e una manciata di lontre. Si tratta tuttavia di ben poca cosa, se si considera che noi uomini e donne di questo paese siamo oltre 8 milioni e mezzo.

Se oggi tutte queste specie sono protette e possono riprendersi il loro habitat, lo dobbiamo alla legge sulla caccia e sulla protezione dei mammiferi e degli uccelli selvatici varata nel 1986. A suo tempo quella legge fu approvata quasi all’unanimità dal parlamento federale perché rappresentava un buon compromesso fra gli interessi venatori e quelli di protezione delle specie. La proposta di legge sulla quale siamo chiamati a votare il 27 settembre ha invece letteralmente spaccato in due il parlamento e spinto le maggiori associazioni di protezione della natura e degli animali a lanciare con successo il referendum. Essa indebolisce infatti la protezione delle specie a rischio e rende possibile l’abbattimento di animali di specie protette, addirittura nelle stesse bandite di caccia, e ciò senza che abbiano ancora arrecato il benché minimo danno.