Che cos’è il potere

Intervista – Brian Klaas, professore associato di Politica globale alla University College London, nel suo ultimo libro analizza la natura del potere e la personalità di chi ricopre posti di comando
/ 04.04.2022
di Stefania Prandi

Il potere corrompe? Oppure sono le persone corrotte ad esserne attratte? Come ci comporteremmo se ci trovassimo improvvisamente in una posizione di comando? In Corruptible: Who Gets Power and How It Changes (Scribner) (Corruttibile: chi ottiene il potere e come cambia), saggio scritto sulla base di oltre cinquecento interviste, Brian Klaas, professore associato di Politica globale alla University College London, indaga cos’è il potere e cosa succede a chi lo ottiene.

Professor Brian Klaas, che cos’è il potere?
Il potere è tipicamente definito come una relazione nella quale una persona può costringere un’altra a compiere qualcosa che altrimenti non farebbe. Per scrivere questo libro, ho esaminato le strutture formali del potere, ovvero gli individui che hanno autorità su qualcun altro perché sono capi, presidenti, dittatori oppure allenatori sportivi. Ho cercato di capire se è vero che il potere corrompe oppure se, semplicemente, le persone corruttibili tendono a cercarlo.

Quali sono le caratteristiche di chi cerca il potere e perché ci sono così tanti cattivi leader?
C’è un numero sproporzionato di persone corrotte e corruttibili. Questa situazione è dovuta a diverse ragioni. In primo luogo, c’è un effetto di auto-selezione: è più probabile che siano le persone assetate di dominio e violente a cercare il potere. Ad esempio, nel primo capitolo, spiego come le lezioni del famoso esperimento psicologico, chiamato Stanford Prison Experiment, siano state probabilmente fraintese per decenni. Lo studio sembra dimostrare che il potere corrompe, assecondando l’idea che chiunque riceva un’uniforme oppure ottenga una qualche forma di autorità, diventi orribile e violento. Ma ricerche recenti attestano che, invece, chi gravita attorno a posizioni di potere ha maggiori probabilità di avere una personalità autoritaria, con i tratti della cosiddetta «triade oscura», e cioè narcisismo, machiavellismo e psicopatia. Ciò non significa che tutti i leader siano così, ovviamente, ma che le personalità problematiche sono sovrarappresentate nelle sale del potere. Tanta analisi e attenzione sono dedicate a ciò che fanno i potenti; dobbiamo destinare più tempo a pensare a chi lo diventa.
Secondo, il potere corrompe; ci sono molte prove a dimostrazione del fatto che cambia le persone. Colpisce la loro psicologia, la loro empatia e modifica persino la chimica cerebrale a livello fisico. Gli studi ci dicono che questi effetti riguardano tutte le categorie, chiarendo che il potere agisce davvero come una droga. Douglas Adams una volta scrisse che «chiunque sia in grado di farsi nominare presidente non dovrebbe in nessun caso essere autorizzato a svolgere il lavoro». È un’intuizione importante che ci porta a conclusioni deprimenti: le persone peggiori sono le più attratte dal dominio; sono più brave a ottenerlo; è più probabile che siano violente una volta che ce l’hanno fatta. Ma non dobbiamo farci scoraggiare perché ci sono modi per sostituire il modello.

Come possiamo creare un sistema migliore?
Nel mio libro propongo dieci diverse regole per migliorare la leadership. Riformare i sistemi è assolutamente cruciale per ottenere capi migliori. Le strutture marce attraggono e creano leader marci. I cambiamenti non sono impossibili. La rotazione del personale è un buon metodo per scoraggiare collusioni e abusi. Inoltre, bisogna reclutare in modo proattivo chi dimostra un curriculum di comprovata integrità piuttosto che aspettare che un individuo assetato di potere si proponga per una posizione. Gli strumenti ci sono. Ad esempio, i test di integrità randomizzati per mandare via le persone in posizioni di grande potere che si approfittano oppure abusano dei loro subordinati. Il problema è che la maggior parte dei sistemi ha il pilota automatico. Fanno semplicemente ciò che è sempre stato fatto, senza pensare in modo proattivo a modifiche sostanziali per ottenere grandi differenze.

In che modo l’era dei media digitali ha cambiato il nostro rapporto con il potere?
Nel libro discuto il concetto di «distanza psicologica». Questa definizione si riferisce all’idea che l’abuso diventa più facile da commettere quando si considerano i sottoposti come semplici astrazioni piuttosto che come individui. I media digitali hanno reso più facile disumanizzare inavvertitamente gli altri. Basta pensare all’ultima volta che abbiamo visto un troll, su Twitter, insultare in modo violento qualcuno semplicemente perché non era d’accordo con lui. La dinamica si estende oltre i social network e potrebbe persino influenzare gli abusi sul posto di lavoro, facendo sembrare i colleghi più irreali di quando si interagisce con loro di persona. Maggiore è la distanza che sentiamo emotivamente tra noi stessi e qualcun altro, più quella situazione può portare a comportamenti vili e offensivi. È uno dei motivi per cui è particolarmente preoccupante che così tanti amministratori delegati e politici vivano nelle loro «bolle», lontani dall’esperienza della gente la cui esistenza è influenzata dalle loro decisioni.

Che cosa possiamo fare per prevenire la corruzione e gli abusi?
Il potere attrae le persone corruttibili e il potere corrompe. Quindi, cosa si può fare al riguardo? Una volta che si è preso atto delle implicazioni, bisogna progettare sistemi per scoraggiare e rilevare gli abusi di autorità. Per creare leader migliori, dobbiamo temere il peggio, sperando per il meglio: ragionando sul peggior psicopatico violento assetato di potere, saremo più protetti una volta che qualcuno del genere finirà effettivamente in una posizione di comando. L’intero mondo del potere – dalla sala della guerra alla sala del consiglio – deve essere riconsiderato attentamente. Molti di noi sono costantemente delusi dai leader, ma come sostengo in Corruptible, un mondo migliore è possibile.