Che cosa significa amare?

Intervista – La psicoterapeuta tedesca Stefanie Stahl risponde a questa domanda in un libro appena pubblicato in italiano: «Amare è una scelta, non un dono del destino»
/ 19.04.2021
di Stefania Prandi

Che cosa significa amare? Una domanda che ci facciamo tutti a più riprese, nella vita, e per la quale non è semplice trovare una risposta. Sulla nostra idea di amore pesano i retaggi dell’infanzia, le convinzioni personali e i condizionamenti sociali. Secondo la psicoterapeuta tedesca Stefanie Stahl, amare è una scelta: «La felicità di coppia non è un dono del destino, ma una questione di atteggiamento interiore». Nel libro Relazioni, non prigioni. Tra legame e autonomia, la via per una vita affettiva appagante, pubblicato in italiano da Feltrinelli nelle scorse settimane, Stahl scrive che siamo tutti in grado di trovare e mantenere un rapporto d’amore duraturo e gratificante. A patto di riconoscere che «il partner perfetto non esiste per nessuno».

Stefanie Stahl, che cos’è l’amore?
Innanzitutto si deve distinguere tra lo «stato di infatuazione» e l’«amore affettuoso». Le persone che si sono appena innamorate sono costantemente euforiche e ossessionate dal desiderio perché la dopamina spinge a legare con l’altro e a rafforzare la relazione. Nelle prime fasi dell’infatuazione ci si sente in cima al mondo, si guarda la realtà attraverso occhiali colorati di rosa. Questo stato in realtà non ha nulla a che fare davvero con l’altra persona perché si è come accecati e si è capaci solo di sentire se stessi. L’amore affettuoso, invece, si forma nel tempo dopo che il desiderio iniziale è stato soddisfatto e lo stato di infatuazione si è placato. Si sviluppa lentamente, è durevole e caratterizzato da interdipendenza e sentimenti di intimità e impegno. Può anche essere chiamato «attaccamento» e infonde sicurezza e calma. È la decisione consapevole di prendersi cura di un’altra persona, di amarla e di non ferirla. Implica la capacità di perseverare e di diventare più forti insieme. È la base per le relazioni impegnate e la genitorialità.

Esiste il partner perfetto?
No. Chi è all’effettiva ricerca del partner perfetto non lo troverà perché non esiste in carne e ossa. È un ideale che nessuna persona reale può soddisfare. In genere, chi è alla ricerca del partner perfetto ha paura di impegnarsi. A un certo punto trova qualcuno che si avvicina all’immagine che ha in mente, si innamora perdutamente e altrettanto velocemente, appena vede le sue aspettative disilluse o deluse, si disamora. Vive oscillando costantemente tra speranza e disperazione, non riesce a stabilire confini sani nella relazione amorosa, ha paura di perdere la libertà e il senso di sé nel rapporto con l’altro.

Che cosa si cerca in un partner?
Cerchiamo una persona che soddisfi le nostre esigenze. Siamo spinti, a livello evolutivo, a trovare un partner che possa essere un genitore potenzialmente adatto per i nostri figli. E serve che ci sia attrazione sessuale perché la procreazione è alla radice di questo tipo di legame. Siamo programmati per scegliere qualcuno abbastanza diverso da noi perché la varietà genetica permette di garantire geni buoni per la prole. Allo stesso tempo, deve assomigliarci nei valori fondamentali, in modo da riuscire a creare con noi un rapporto duraturo per allevare i figli. Come dice il proverbio «chi si somiglia si piglia». Inoltre, la maggior parte delle persone cerca un partner simile alla madre o al padre, cosa che può avere anche dei risvolti problematici. Se una donna, ad esempio, avesse avuto un padre emotivamente assente e poco amorevole, potrebbe inconsciamente scegliere un partner con le stesse caratteristiche nella speranza di ottenere l’amore e l’attenzione che le sono mancati.

Quanto è importante, per la capacità di amare, la nostra famiglia di origine?
Molto, è il modello per le nostre relazioni da adulti. La convinzione di essere degni di amore si forma durante l’infanzia. Attraverso i genitori apprendiamo quanto valga la pena essere accuditi e cosa si debba fare per essere amati. I loro atteggiamenti e comportamenti definiscono la nostra autostima, epicentro della nostra psiche, con un’influenza potente sulle aspettative e sul modo in cui percepiamo le altre persone. Genitori che non sanno prendersi cura emotivamente dei propri figli, portano i bambini ad assumersi la responsabilità di far funzionare il rapporto con loro. Un’attitudine che si trasferisce inconsciamente nell’età adulta. Chi ha avuto genitori inadatti si sentirà inferiore, non all’altezza delle aspettative e non degno di amore. Se decide di non restare per sempre solo, avrà due opzioni, in amore: cercare di accontentare l’altro oppure mantenere la massima distanza emotiva per non correre il rischio di farsi male.
Con questo discorso non intendo assolutamente incolpare le famiglie ma portare l’attenzione su come l’infanzia condizioni chi siamo e la visione che abbiamo del mondo. Soltanto prendendo coscienza di quello che abbiamo vissuto possiamo maturare la responsabilità di apportare i cambiamenti che vogliamo, nella vita.

Cosa significa «trovare la persona giusta»?
La persona giusta sta negli occhi di chi guarda. Più si è in contatto con i propri desideri e necessità, meno si ha bisogno degli altri per stare bene. Chi è a proprio agio con se stesso, è anche rilassato e tollerante nei confronti degli aspetti negativi e dei difetti del partner. Viceversa, chi cerca costantemente la felicità negli altri, diventa molto esigente e quindi lascia parecchio margine per essere deluso.

È più difficile per le nuove generazioni avere rapporti stabili?
No, per loro è soltanto più facile separarsi e andarsene. E penso che si tratti di una buona cosa dovuta al fatto che il livello di libertà, soprattutto per le donne, è aumentato molto nel corso degli anni. In passato, le donne erano in maggior misura dipendenti finanziariamente e socialmente dai partner. Contrariamente a quando si dice, io credo che i giovani di oggi siano in grado di impegnarsi, anzi, sembrano essere leggermente più capaci di formare relazioni stabili rispetto alle generazioni precedenti. Anche per loro, nonostante i cambiamenti della società, resta fondamentale il bisogno di attaccamento, una parte centrale della nostra costituzione biologica. L’evoluzione è troppo lenta a questo riguardo per cambiare in poco tempo.

* L’intervista è stata tradotta e in alcuni passaggi adattata dalla giornalista.