Che cosa ci dicono i test epigenetici

Salute - Aumenta il numero di aziende online che si offrono di analizzare il nostro DNA per dirci qual è la nostra età biologica
/ 22.08.2022
di Lorenzo De Carli

Negli ultimi anni è cresciuta la disponibilità online di test epigenetici in grado di dar notizia sullo stato di salute di alcuni nostri organi, così come della nostra età biologica più in generale. Poco invasivi perché basta un campione di saliva, i costi variano in funzione della ricchezza dei dati elaborati, oggi è possibile ottenere un’analisi del proprio DNA e della sua espressione epigenetica per poco meno di duecento franchi. Ma a che scopo?

Ciò che hanno in comune le tante aziende che offrono questo servizio è la dichiarazione di aiutarci ad assumere uno stile di vita idoneo a salvaguardare la nostra salute, sia attraverso la conoscenza di alcune caratteristiche del nostro DNA, che non può essere cambiato dalle nostre abitudini quotidiane, sia attraverso alcuni accorgimenti che sono in grado di modificare il processo di trascrizione dei geni – come per esempio l’alimentazione, l’attività fisica, l’ambiente, eccetera. Lo scopo principale, quindi, non è quello di individuare malattie rare o particolari predisposizioni, bensì quello di individuare geni e gruppi di geni statisticamente noti per essere presenti in una popolazione caratterizzata da specifici tratti – come per esempio avere una predisposizione all’obesità, oppure la capacità o no di assimilare il lattosio anche da adulti; e di suggerire accorgimenti per ridurre al minimo la possibilità che si manifestino stati di salute indesiderati.

In generale, questi test si compongono di due serie di dati: quella sul DNA e quella sulla sua effettiva espressione nell’interazione con l’ambiente – vale a dire l’epigenetica. Per comprendere la natura delle due serie di dati, occorre avere in mente, grosso modo, come funzionano le nostre cellule.

Nel nucleo di ognuna di esse c’è lo stesso, identico, filamento di DNA, che serve per dare istruzioni su quali aminoacidi produrre allo scopo di costruire le proteine di cui abbiamo bisogno. Possono essere istruzioni necessarie affinché la cellula del fegato sia diversa dalla cellula di un’unghia, per esempio; oppure possono essere istruzioni per produrre molecole che debbono raggiungere distretti del corpo lontani dalla cellula stessa – come per esempio i globuli rossi prodotti dal midollo osseo.

Il doppio filamento del DNA dentro le nostre cellule è molto attivo: si divide in due, quando le cellule si moltiplicano; oppure – un po’ come una cerniera – si apre quando c’è bisogno di produrre gli aminoacidi che i ribosomi useranno per creare tutta la varietà di proteine di cui abbiamo bisogno. Dentro il nucleo della cellula, il filamento del DNA non è disordinatamente libero, bensì raccolto attorno agli istoni, che sono un po’ come dei rocchetti. Questa situazione comporta il fatto che, quando al DNA è richiesto di produrre aminoacidi, il filamento di DNA viene svolto da questi rocchetti, aperto come una cerniera, trascritto, e poi riavvolto.

Chi studia l’epigenetica ha osservato che la facilità di svolgere e riavvolgere il filamento di DNA dagli istoni cambia durante la vita, con l’effetto di favorire oppure compromettere l’attività di trascrizione del DNA. A ostacolare lo sfilamento del DNA concorre la cosiddetta metilazione, che può essere vista come una specie di segnaposto lungo il filamento del DNA, un marcatore biochimico che definisce il punto da cui cominciare la trascrizione o dove farla finire.

Se la struttura del DNA non può essere cambiata e quando viene alterata, di solito, produce effetti perniciosi, come per esempio quelli prodotti dall’esposizione a radiazioni nucleari; l’epigenetica – vale a dire il processo concreto di trascrizione dei geni – è fortemente influenzata dalla nostra iterazione con l’ambiente, facendo, per esempio, persone diverse due gemelli monozigoti.

Studiando la metilazione del DNA e del modo in cui cambia nel corso della vita, i ricercatori hanno messo a punto degli «orologi epigenetici» mediante i quali è possibile definire l’età biologica di un soggetto o di alcuni suoi organi – e queste informazioni costituiscono la seconda serie di dati di questi test.

Per quanto riguarda l’analisi del DNA, i dati che otteniamo ci forniscono informazioni sull’alimentazione, la salute, l’attività fisica, e i micronutrienti. Per esempio, ci sono due gruppi di geni solitamente analizzati in grado di fornire indicazioni in ordine al tasso metabolico basale, individuando alcuni di noi come persone che, a riposo, consumano maggiore o minore energia. Oppure ci sono gruppi di geni che forniscono indicazioni in ordine alla densità minerale delle ossa. Si tratta di una lista molto lunga, includendo informazioni sugli occhi, il sistema digerente, il cuore, il sistema immunitario, la salute mentale, la salute della pelle, la qualità del sonno, o la relazione con lo stress. Il rapporto completo sull’analisi del nostro DNA che riceviamo da queste aziende consta di circa 180 pagine e viene fornito allo scopo di orientare in maniera consapevole le nostre abitudini di vita.

I risultati di un test epigenetico constano, invece, di una ventina di pagine, fornendo dati sull’età biologica in generale, e sull’età più specifica degli occhi, dell’udito, della memoria, nonché sul grado d’infiammazione dei tessuti. Per calcolare l’età biologica di un soggetto, le aziende che forniscono questo servizio studiano la metilazione di alcune specifiche zone del filamento del DNA note per il diverso aspetto che hanno nel corso della vita. La metilazione è un processo chimico che regola la funzione e l’espressione dei geni, e si manifesta in maniera diversa in età diverse. Si tratta di un processo sottoposto a una forte pressione ambientale e ha caratteristiche in parte reversibili – anche se non ancora in maniera molto chiara.

Trattandosi, come detto, di test che non hanno un obbiettivo diagnostico bensì l’ambizione di fornire indicazioni in ordine all’alimentazione e, molto più in generale, allo stile di vita per restare quanto più a lungo in salute, i risultati sono di solito accompagnati da indicazioni per migliorare l’aspetto epigenetico del proprio DNA. Per esempio, a influenzare l’età biologica di un soggetto sono l’apporto calorico, che non deve essere maggiore del necessario, il metabolismo basale, che può essere innalzato incrementando la massa magra, il livello dello stress ossidativo, che può essere contenuto con una dieta ricca di antiossidanti, e – naturalmente – l’attività fisica.

Alcune aziende, oltre ai due ordini di dati – quelli sul DNA e quelli sul profilo epigenetico – offrono anche guide pratiche sull’attività fisica da svolgere, guide e ricette alimentari, nonché indicazioni su una eventuale supplementazione – come per esempio vitamina A, carotenoidi, antiossidanti (luteina e zeaxantina) e zinco per la salute degli occhi. Del rapporto tra epigenetica e alimentazione si occupa la nutrigenomica, che ha già evidenziato la bontà di alcuni alimenti per un’espressione salutare del nostro DNA: le crucifere per certi tipi di cancro, i flavonoidi del cacao per l’elasticità dei vasi sanguigni, la curcuma per gli stati infiammatori, e via elencando – sostanze tutte che, si comincia a comprendere, sono benefiche perché hanno un ruolo nella dinamica della metilazione del nostro DNA e, quindi, nell’attività di trascrizione o no di specifici geni.

Quando si viene a conoscenza di questi test è spontaneo chiedersi dove vanno a finire i nostri dati. La procedura prevista da questi test è pressappoco la stessa per tutti: il campione biologico spedito non reca il nostro nome bensì solo un numero d’identificazione univoco del campione. Nell’app prevista dal servizio, siamo noi a collegare il numero del campione biologico al nostro account. La connessione tra il campione biologico e il nostro profilo avviene quindi solo nel nostro smartphone.

È tuttavia chiaro che queste aziende stanno raccogliendo dati che generano valore perché arricchiscono i database che serviranno a ottimizzare gli algoritmi di analisi. Anche in questo caso, com’è tipico della nostra società informazionale, usiamo il nostro corpo e il nostro tempo per generare ricchezza, dalla quale non otteniamo alcun beneficio finanziario – proprio come accade quando usiamo i social. Ma se il presente non sembra porre grossi problemi di privacy, il futuro potrebbe essere inquietante: quanto ci metteranno le assicurazioni a chiederci un test epigenetico e calcolare il nostro premio mensile in base alla nostra età biologica?