Orlano Gnosca (Ti-Press)

Cercare chi scompare

Gli annunci sui media di persone scomparse sono numerosi soprattutto nella stagione estiva e autunnale: Orlando Gnosca, capitano della Polizia giudiziaria ticinese ci spiega che cosa succede dopo ogni segnalazione
/ 18.09.2017
di Guido Grilli

Scomparsa: significa il venir meno di una presenza o il sottrarsi alla vista o alla reperibilità. È proprio quanto accade per scelta – talora per destino – a decine di persone ogni anno in Ticino. Gli annunci di improvvisi allontanamenti da casa e dagli affetti più cari punteggiano le cronache.

Per saperne di più sul fenomeno siamo risaliti alla fonte, avvicinando Orlando Gnosca, capitano della Polizia giudiziaria ticinese, attivo da oltre trent’anni nelle forze dell’ordine, sensibile a questa tematica che procura a chi la subisce sensazioni di angoscia, apprensione, allerta ma che per fortuna «nella maggior parte dei casi si risolve in lieto fine».

La percezione è che quest’estate vi sia stato un picco di scomparse in Ticino.
È una percezione giusta, perché nelle ultime settimane c’è stata una concentrazione di casi, ma in realtà – informa il nostro interlocutore – i dati non confermano questa tendenza. Da gennaio alla fine di agosto si contano un po’ meno di una quarantina avvisi di scomparsa a fronte di un po’ meno di novanta casi registrati l’anno scorso. Quindi, a quasi due terzi dell’anno già trascorsi le cifre indicano che teoricamente siamo di fronte a un calo. I periodi di maggiore sollecitazione sono l’estate perché aumentano le escursioni e il numero di turisti; e l’autunno in cui si registra la scomparsa di «fungiatt» e cacciatori.

Scompaiono in maggioranza adolescenti, adulti o anziani?
Le scomparse da fuga concernono piuttosto i giovani. La tipologia degli allontanamenti è comunque varia. Quello che dico sempre è che ogni caso è un caso a sé stante, per la sua storia, la sua particolarità. Frequentemente assistiamo, ad esempio, all’allontanamento di ospiti delle cliniche psichiatriche: c’è chi si allontana dagli istituti di cura ogni due giorni, e non sono casi meno preoccupanti perché spesso, questi sono confrontati a stati di smarrimento e si espongono a pericolo. Oppure ci sono scomparse di persone che non hanno mai dato adito a problemi, o ancora, la scomparsa di persone affette da depressione e che magari hanno anche minacciato il suicidio, ciò che richiede altre piste di indagine e ricerche.

Quali ostacoli presentano le inchieste?
Perlomeno di fronte alla scomparsa di un escursionista una certa idea sulla destinazione ci viene indicata dal denunciante, anche se non sempre significa che lo si trovi facilmente. Di altre scomparse non si sa invece né dove né quando siano avvenute, e anche qui gli esiti sono diversi: si ha il caso ad esempio di chi è stato due giorni al mare e poi torna e altri episodi in cui occorre invece compiere ricerche più approfondite. Si è insomma di fronte a una moltitudine di storie.

Siete in qualche modo chiamati a svolgere il ruolo di Sherlock Holmes? 
In fondo sì, dobbiamo sempre eseguire un lavoro di accertamento per capire e per avere qualche elemento da cui partire. Ogni volta siamo come di fronte a dei «gialli».

Orlando Gnosca, ci illustri le diverse fasi di intervento e di allarme.
Prima di tutto – sottolinea – bisogna subito inquadrare la situazione, capire il contesto. Se mi si annuncia, a mezzogiorno e 45, la scomparsa di un bambino che rientrava con il bus scolastico perché non è arrivato come di consueto a casa a mezzogiorno, il caso fa subito rabbrividire. Poi fortunatamente quasi sempre queste circostanze si risolvono positivamente, perché si scopre, ad esempio, che il bambino si era fermato al parco a giocare. Molte vicende di allerta sono invece l’esito di incomprensioni o malintesi. La prima fase della segnalazione di scomparsa è essenziale, va capito chi la compie, in quale rapporti è che con lo scomparso. Il tono è spesso angosciato e di apprensione. Le informazioni iniziali sono importanti: sapere se chi si è allontanato ha con sé un telefono o meno, quali luoghi frequenta, se si tratta di una persona che assume medicamenti e che dunque potrebbe essere in condizioni di spaesamento, se soffre o meno di depressioni. Talora siamo di fronte a mogli fuggite da un marito manesco oppure a persone che si allontanano perché vogliono prendersi pause di riflessione. Ci sono inoltre fughe come chiari atti dimostrativi. L’avvio delle ricerche presuppone per prima cosa che la segnalazione venga diffusa a tutte le pattuglie di polizia del cantone, affinché tutto il territorio di ricerca sia coperto. Nel caso in cui si hanno indicazioni che potrebbero anche far pensare che il disperso possa trovarsi oltre frontiera si coinvolge anche il Centro di cooperazione di polizia e dogana di Chiasso, in costante contatto, parimenti, anche per persone scomparse nel nord Italia e che potrebbero a loro volta trovarsi in Ticino. La ricerca coinvolge più sezioni e enti a dipendenza dei casi: scientifica, polizia lacuale quando occorre perlustrare fiumi e laghi, Rega, colonne di soccorso alpino. Di solito i casi si risolvono in poche ore o in uno o due giorni. 

Se invece non ritrovate la persona?
Quando il tempo si protrae per settimane e c’è minor speranza di ritrovare la persona in vita, dobbiamo pensare di assicurarci tutto quel materiale «ante-mortem», ossia radiografie e calchi dentali, DNA dei familiari per l’eventuale identificazione al momento del ritrovamento di un corpo o di resti umani che talora può avvenire anche a distanza di anni.

Chi conduce personalmente le indagini?
Di solito a raccogliere la segnalazione è un agente della gendarmeria locale, lo stesso che tiene i contatti con il denunciante. C’è inoltre un gruppo che si chiama Ricerche e constatazioni (GRC): si tratta di agenti di polizia specialisti di montagna che intervengono in collaborazione con le squadre di soccorso. Ci sono inoltre i cani, specializzati a ritrovare i corpi, dell’associazione Alpine Rescue Team. Abbiamo pure i cosiddetti «cani molecolari»: se ritroviamo l’auto dello scomparso, il cane annusando gli odori all’interno del veicolo può essere in grado di indicare la traccia e la direzione presa dalla persona. Altra indagine possibile riguarda i telefonini, per cui è possibile, grazie al segnale, sapere approssimativamente dove si trova lo scomparso. Oggi gli smartphone hanno delle applicazioni specifiche ma questo presuppone che un familiare possieda la password, ciò che purtroppo non è così frequente.

Quanto è di aiuto la stampa e in quale misura la popolazione collabora?
La diffusione della notizia tramite la stampa è utile, specie quella immediata sui media online. Riceviamo alcune telefonate in centrale da parte degli abitanti ed è un aiuto prezioso. Dal 2004, inoltre, anno in cui abbiamo inaugurato il sito internet della polizia, abbiamo creato la rubrica «Chi l’ha visto» dove vengono pubblicate foto, anno di nascita, giorno e luogo della persona scomparsa.

Dal profilo umano, quali emozioni prova nella gestione delle scomparse?
Si tira sempre il fiato quando si ritrova la persona in vita, quando si può riportare a casa qualcuno, magari anche ferita o molto provata, ma almeno in vita. Quando invece si trova la persona deceduta è un dispiacere. Occorre dire che anche a distanza di tempo, quando si riesce a chiudere un caso, anche se l’esito è tragico, si mette un punto finale e si dà comunque la tranquillità, per quanto dolorosa, alla famiglia, che cessa di rimanere nell’inquietudine.