W. Brockendon – E. Finden, Lugano da settentrione, 1829, incisione su acciaio

Censire gli alberi da frutto

Lugano – Dal centro a Cimadera, la Città invita tutta la popolazione a collaborare al censimento degli alberi da frutto rimasti sul territorio: un progetto che valorizza il patrimonio naturale e recupera antiche varietà di alberi ma anche i saperi e gli usi ad esse legati
/ 22.07.2019
di Guido Grilli

Cercansi melo, pero, ciliegio, pesco, prugno, fico. Ma anche castagno, caco, cotogno. Persino il rosso e spontaneo corniolo, il gelso o il nespolo.

Alzi la mano chi possiede un albero da frutto nel proprio giardino o chi ha antica memoria della presenza di un albero da frutto con radici sul disteso suolo cittadino – dal centro fino alla Val Colla. Anzi, si metta in contatto direttamente con il Verde pubblico della Città di Lugano (058 8667311) o compili il modulo online disponibile sul sito di lugano.ch e il proprio esemplare potrà così essere censito e offrirsi quale utile contributo alla «ricostruzione» del patrimonio naturale (e culturale) di Lugano. È questo in sintesi il singolare progetto di mappatura promosso lo scorso giugno dall’autorità cittadina e tuttora in corso. L’appello è rivolto a tutti i proprietari di piante da frutto e a chiunque desideri contribuire a «fotografare» nel modo più realistico possibile numero e specie delle preziose e generose presenze della natura nel comprensorio urbano.

L’ampio giardino terrazzato che attornia la casa di Mario Berardi, 85 anni, al numero 7 di via Sassa a Lugano, rappresenta uno fra i migliori esempi del singolare progetto lanciato dalla Città. La gentilezza del proprietario e il suo sorriso ci conducono nel suo «patrimonio naturale», esito delle sue costanti cure e di quelle della moglie Graziella. «Guardi, lì c’è il caco» – indica il nostro interlocutore. «Là invece, una decina di anni fa, abbiamo piantato due peschi e un prugno, mentre all’angolo della casa abbiamo un nespolo giapponese». C’è anche una pianta mirabelle. «Sì, ma non metta troppo nell’articolo altrimenti mi aumentano le tasse» – risponde ironico Mario Berardi, che dopo il nostro incontro ci informa che aderirà al censimento degli alberi da frutto in corso.

Ma qual è il motivo di una mappatura e quali gli sviluppi futuri? Michele Bertini, vice sindaco di Lugano e capo dicastero sicurezza e spazi urbani: «Il progetto prevede di censire gli alberi da frutto sulla proprietà pubblica, così come su quella dei privati, invitando – per averne poi una visione d’insieme – i proprietari a farsi avanti e a segnalare soprattutto quelle varietà genetiche importanti e particolari di alberi da frutto. L’obiettivo è da un lato quello di venire a conoscenza delle qualità presenti sul territorio. Ci interessa soprattutto mettere a fuoco quel patrimonio che si sta inesorabilmente perdendo ma c’è anche l’aspetto culturale. Ci sono infatti tante specie legate alle tradizioni o alle storie di migrazioni: il nonno, ad esempio, che tornato dall’America aveva piantato un tal albero da frutto... Se ad esempio un tal frutteto porta con sé una storia locale interessante si potrà pensare di valorizzarlo creando una camminata con un percorso didattico con tavole divulgative sia per la popolazione sia per le scuole dove si potrà ammirare questo importante patrimonio. Più in generale, c’è la volontà di offrire ai cittadini più qualità di vita, che è sempre più legata a una maggiore accessibilità agli spazi verdi. Questo progetto vuole approcciare pure un aspetto legato alla biodiversità per salvaguardare il patrimonio varietale e genetico».

Concretamente il censimento approderà su una piattaforma informatica? «Sì, l’obiettivo va in questa direzione» risponde Michele Bertini. «A fine anno tireremo le fila sui diversi dati che avremo raccolto dai cittadini attraverso i moduli che ci saranno ritornati e che attualmente sono disponibili sul nostro sito online. I risultati si aggiungeranno a quelli che stiamo nel frattempo raccogliendo negli spazi pubblici (giardini, parchi, prati) che sono naturalmente di nostra competenza».

Il vice sindaco di Lugano non esclude che in un futuro prossimo questo progetto potrà pure sfociare in giornate di raccolta di frutta coinvolgendo la popolazione e le scuole. «Un po’ come è avvenuto in passato con la valorizzazione degli ulivi a Gandria, che ha portato alla nascita di associazioni locali. Uno degli obiettivi è proprio quello di non perdere il valore delle varietà di piante presenti e riuscire a preservarle nel migliore dei modi, accanto alla storia e alle tradizioni che esse portano con sé». Il progetto di mappatura degli alberi da frutto è partito dalla città di Lugano ma si avvale del sostegno di altre importanti sodalizi presenti sul territorio. La collaborazione da parte di chi conosce un albero da frutto, di chi semplicemente l’ha individuato sul proprio cammino o di chi ne conserva preziosi ricordi – evidenzia il portale cittadino – è fondamentale per riscoprire e salvaguardare la diversità genetica del patrimonio naturalistico. Il censimento e la mappatura saranno seguiti da un progetto di reintroduzione delle antiche varietà individuate.

Esempi recenti di valorizzazione, in tal senso, riguardano il frutteto di Cornaredo, così come il frutteto della scuola Elementare di Cadro, realizzati in collaborazione con l’alberoteca, ProFrutteti e l’Alleanza territorio e biodiversità. Concretamente il censimento sarà realizzato, indicativamente entro dicembre, dalla Città di Lugano (segnatamente dal Verde pubblico, diretto dall’architetto e paesaggista Christian Bettosini, con il supporto di Lugano al verde) in sinergia con l’alberoteca, ProSpecieRara, l’Associazione amici del Torchio di Sonvico e ProFrutteti. Quest’ultima rappresenta una «costola» di Capriasca Ambiente, nella quale è attivo Nicola Schoenenberger, biologo, consigliere comunale a Lugano e granconsigliere dei Verdi, che saluta con grande entusiasmo il progetto cittadino di mappatura degli alberi da frutto, pur giudicandolo «tardivo». 

Schoenenberger evidenzia il mutamento storico che ha portato più cemento e meno verde nel nostro paesaggio odierno, con, quale conseguenza, la diversità degli alberi da frutto sempre più ridotta al lumicino. «Con l’abbandono dell’agricoltura tradizionale nel dopoguerra siamo passati a un territorio che è radicalmente cambiato. Sono sparite le campagne tradizionali all’interno delle quali vi era la presenza di alberi da frutto. Da un lato la città è andata a invadere questi spazi, e dall’altro il bosco è cresciuto e tutto questo a scapito delle campagne. La campagna agricola o non esiste più oppure è appena riconoscibile in brandelli qua e là. Vedasi la campagna di Sonvico, oggi ancora relativamente grande ma ridottasi notevolmente».

Le piante da frutto disponibili nelle proprietà private e oggetto della mappatura promossa dalla città di Lugano rappresentano pertanto un bene irrinunciabile? «Assolutamente sì. Qui si trovano ancora alberi da frutto e quello che è sorprendente è che in questi luoghi si preservano centinaia e centinaia di varietà uniche che non si trovano da nessun’altra parte. Dunque andare nel territorio luganese a recuperare quel poco che è rimasto, magari appunto nel giardino di una villetta che ha mantenuto quell’angolino di campagna agricola tradizionale con dentro l’albero da frutto, spesso e volentieri si riscopre una varietà mai vista prima ed è dunque importante poterla salvaguardare». 

Nicola Schoenenberger individua un altro aspetto significativo: «Le persone e i loro saperi sui nomi e sugli usi delle antiche varietà di alberi da frutto rappresenta una generazione che non è ormai quasi più presente. Trovare ancora qualche anziano che si ricorda come si innestava e come si chiamava la tal mela e a quale utilizzo era destinata è divenuto molto raro. Il patrimonio culturale è insomma l’altra metà della medaglia del patrimonio naturale. L’obiettivo sarebbe quello di recuperare ambedue le parti, nella misura del possibile. Si pensi ad esempio che oggi in Svizzera la varietà di mele si è ridotta da migliaia di unità a 1500, mentre il mercato ce ne propone soltanto cinque o sei, oltretutto imparentate l’una all’altra. Io sapevo che a Breno esisteva la mela Breno, e questa l’abbiamo recuperata grazie a un inventario: erano rimasti solo tre alberi con questa varietà in tutto il paese malcantonese. A Caslano, invece, esisteva la mela Caslanora della quale ho ritrovato un riferimento scritto, ma sul territorio questa varietà non si è più ritrovata. Il motivo? Si è ormai estinta».