Si stima che il mal di testa o cefalea sia un disturbo molto frequente e spesso motivo di consultazione dal medico curante: la forma più comune, l’emicrania, colpisce fino al 12% degli uomini e il 18% delle donne, mentre la cefalea tensiva è sperimentata dall’80% della popolazione.
Le cefalee si distinguono in due tipologie, spiega Chiara Zecca, neurologa responsabile del Centro cefalee del Neurocentro all’Ospedale Regionale di Lugano, che differenzia le primarie come comuni, più frequenti e meno preoccupanti da quelle secondarie: «Le due forme principali di cefalea primaria sono la cefalea tensiva e l’emicrania. Possono essere favorite da diversi fattori, fra cui uno stile di vita stressante o una predisposizione genetica. L’emicrania si presenta con dolore generalmente intenso e pulsante che peggiora con il movimento, la luce, o i rumori. La cefalea tensiva è in genere più lieve e meno limitante».
Dal canto suo, il primario del Neurocentro Claudio Gobbi sottolinea la relazione tra stile di vita e insorgenza di una cefalea primaria: «Nella storia evolutiva dell’uomo, il dolore rappresenta solitamente un campanello d’allarme, un segnale che il corpo trasmette per dire che qualcosa non funziona correttamente. In alcuni frangenti, la cefalea potrebbe pertanto significare che non stiamo conducendo una vita consona al nostro benessere psicofisico». Può essere dunque utile interrogarsi sullo stile di vita e chiedersi se non si stiano superando ad esempio i propri limiti. Anche se, ribadisce Zecca: «Merita una valutazione medica ogni cefalea inabituale, cioè mai sperimentata prima o dalle caratteristiche diverse dal solito, specialmente se iperacuta o accompagnata da altri sintomi neurologici o non neurologici come febbre alta. In questi casi, serve infatti escludere prima di tutto una cefalea secondaria, cioè espressione di un’altra malattia. Necessita poi dell’attenzione medica ogni cefalea primaria che interferisce con la qualità di vita e la funzionalità della persona, ad esempio in famiglia o sul lavoro, a causa della sua intensità o frequenza».
La gestione della cefalea primaria dipende molto dalla sua frequenza e intensità: «L’emicrania con frequenza occasionale e intensità lieve si cura spesso con analgesici comuni; più raramente si ricorre a farmaci specifici (triptani) o alla presa a carico specialistica da parte del neurologo». Per contro, la cefalea secondaria è spesso ma non obbligatoriamente determinata da apparizioni repentine, inabituali e con dolori intensi a proposito dei quali Gobbi puntualizza: «Le cefalee secondarie sono fortunatamente meno frequenti ma possono essere legate a cause pericolose soggiacenti (ad esempio infezioni, emorragie, tumori o altre patologie) e devono pertanto essere riconosciute e trattate tempestivamente».
Entrambi concordano sull’importanza di recarsi dal medico quando si tratta di una cefalea insolita, come Gobbi chiarisce: «Ogni nuova o diversa cefalea potrebbe nascondere insidie che vanno individuate raccogliendo un’accurata storia della cefalea (anamnesi) del paziente da parte del medico di famiglia, il quale a sua volta valuterà la necessità di coinvolgere il neurologo in casi non chiari». Poiché i diversi tipi di mal di testa presentano caratteristiche differenti, è importante che chi ne soffre sia in grado di descriverli con accuratezza al medico. «È utile tenere un “diario del mal di testa” in cui riportare la frequenza, le caratteristiche degli episodi, l’assunzione di farmaci contro il dolore e i fattori scatenanti», suggerisce Gobbi che vede così facilitato il percorso verso una corretta diagnosi e presa a carico terapeutica.
Chiarita la natura della cefalea (primaria o secondaria), il medico valuta l’uso e l’efficacia delle terapie, come analgesici o triptani. «Un uso improprio può accentuare la cefalea e, in ogni caso, la terapia deve sempre essere stabilita dal medico in relazione a fattori diversi, fra i quali tipo e frequenza di dolore, sintomi associati, fattori scatenanti ed eventuali patologie coesistenti», sottolinea Zecca. In seguito alla consultazione da parte del neurologo, che stabilisce gli eventuali accertamenti da condurre, si apre un ventaglio di scelte terapeutiche mirate, a cominciare dalla eventuale indicazione ad assumere terapie farmacologiche di prevenzione: «Oltre ai farmaci disponibili da anni (scelti in modo individualizzato), per la prevenzione dell’emicrania disponiamo dei nuovi antagonisti del recettore del peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP). Si tratta di farmaci definiti “molecole intelligenti”, che agiscono in modo mirato bloccando il principale segnale del dolore emicranico che quindi non viene generato. Sono farmaci usati in Svizzera “solo in seconda battuta” e “approvati con limitatio” per l’uso cioè nei casi più difficili e per un tempo limitato, a causa dell’alto costo e della ancora limitata esperienza d’uso nel lungo termine».
Per Gobbi è una restrizione «arbitraria»: «Il sistema assicurativo svizzero sospende il rimborso del farmaco dopo un anno e il paziente si trova spesso a dover rinunciare a una terapia molto efficace che dal profilo medico si sarebbe dovuta scalare secondo tempistiche individualizzate in base alla risposta terapeutica». Una limitazione che la Società svizzera cefalee ha chiesto di rivedere: «Questa classe di farmaci resta spesso l’ultimo rimedio efficace per molti pazienti, in una patologia che ne limita sensibilmente la qualità di vita e il lavoro (l’emicrania è la seconda causa di assenza dal lavoro)».
Zecca ricorda che si tratta di: «Pazienti molto selezionati, con emicrania non banale, per i quali è spesso deleteria la sospensione arbitraria del farmaco a un anno dalla prima assunzione». Un cenno alle opzioni non farmacologiche, disponibili in Svizzera ma molto più usate in altri Paesi: «Alcune tecniche di neuromodulazione (stimolazioni elettriche con dispositivi che vengono appoggiati in aree definite del capo) sono molto efficaci nel prevenire e anche trattare la cefalea, utili soprattutto nella popolazione pediatrica e nelle donne incinta per le quali l’assunzione di farmaci è più limitata».
Infine, Zecca parla della cefalea secondaria da Covid: «È un comune sintomo dell’infezione che talvolta può perdurare per qualche tempo anche dopo la guarigione dalla fase acuta». Sulle mascherine: «Indossare la mascherina può favorire l’insorgenza di un attacco di cefalea in alcuni pazienti, ma non è cosa comune né chiaramente dimostrata. Per contro, è fondamentale non sottrarsi alle cure o agli accertamenti necessari per timore di contrarre il Covid andando in ospedale, come spesso è accaduto durante la prima ondata. L’arbitraria autogestione è pericolosa e invitiamo tutti a non perdere il contatto coi curanti».
A tal proposito, il 10 giugno, dalle 18:30, si terrà la conferenza pubblica virtuale «Mal di testa: combatterlo, prevenirlo, quando preoccuparsi», sulla pagina Facebook EOC, dove si trovano le coordinate per accedere al Webinar.