Sara Cattaneo, 25 anni, lavora presso l’azienda di Danilo Peter ad Airolo

Casaro, una passione che si rinnova

Formaggio ticinese – Al Centro professionale del verde di Mezzana la formazione per ottenere il Diploma cantonale di casaro d’alpe dura due anni, i posti sono limitati ma l’interesse non manca come confermano due giovani diplomati
/ 31.01.2022
di Guido Grilli

Trasformano il latte in formaggio. Ma non è solo un miracolo d’arte alimentare. Contano anche tradizione, impegno, teoria, pratica e sacrificio. Parliamo dei casari. Un’attività – nell’era digitale – che non solo resiste, ma si conferma anzi un fiore all’occhiello. La produzione ticinese conosce infatti sapienza e glorie di portata mondiale, merito anche di un’offerta formativa all’avanguardia.

Michele Fürst, direttore del Centro professionale del verde di Mezzana, illustra la genesi del Diploma cantonale di casaro d’alpe, che da quest’anno si presenta in una nuova veste, dopo una revisione e una strutturazione articolata per garantire una formazione sia teorica sia pratica: «Il corso, della durata di due anni, che partirà a febbraio – è stato adattato, conformandolo alle nuove esigenze e offrendo la possibilità, anche ad altri interessati, di seguire singoli moduli. E c’è inoltre la volontà di coinvolgere maggiormente i nostri apprendisti agricoltori, per offrire loro nozioni sulla produzione di formaggi». Nel descrittivo del corso è menzionato un ampio campionario di materie e argomenti che saranno impartiti alla decina di iscritti: chimica, biologia, basi legali, microbiologia casearia, processi di fabbricazione… . «Sì, il corso è stato rivisitato ed è riservato a un massimo di 8 candidati, dal momento che la pratica nel nostro caseificio didattico contempla spazi per un numero limitato di allievi. Al termine del corso e superati gli esami si ottiene il diploma cantonale. Non esiste d’altronde in Svizzera un apprendistato di casaro d’alpe. I moduli sono stati adattati in collaborazione con l’Associazione ticinese di economia alpestre (Stea) che, unitamente al nostro Centro professionale, forma la Commissione d’esame». Come si posiziona il casaro nel panorama delle professioni agricole? «Ogni anno raggiungiamo regolarmente un numero sufficiente di iscrizioni e questo ci conferma che riusciamo a soddisfare le richieste. È un mestiere particolare, il casaro, perché non è tra quelli che si imparano e si svolgono per tutta la vita. Per sole poche persone rappresenta una vera e propria professione, per il resto tanti sono già formati in un altro settore, generalmente nel settore agricolo, e quella del casaro rimane un’attività accessoria che non richiede l’obbligo di un diploma. Si è pertanto voluto creare questo percorso formativo, davvero ad alto livello, principalmente per mantenere un’alta qualità dei prodotti d’alpe. Si è sempre insistito, infatti, nell’affermare che per avere una buona qualità occorre anche una formazione adeguata».

Valerio Faretti, presidente dal 2012 dell’Associazione ticinese di economia alpestre, 71 anni, è l’esperto d’esame del diploma cantonale di casaro d’alpe. Conosce nel profondo il mestiere per averlo svolto per anni sin da giovane e ci offre un’istantanea della realtà cantonale. Possiede il diploma federale di tecnico di casearia, conseguito a Grangeneuve nel Canton Friborgo. «In Ticino si contano un’ottantina di alpeggi, che producono formaggio d’alpe con latte di solo mucca o misto mucca-capra, oltre a una ventina di altri alpeggi più piccoli, caricati solo con capre. Dunque complessivamente i casari sono un centinaio, lavorano in media un centinaio di giorni all’anno tra giugno e settembre. Per un periodo limitato, dunque. Non è sempre facile trovare personale, perché occorre trovare un proprietario d’azienda disposto a far partire all’alpe per circa tre mesi il proprio dipendente. Si hanno pertanto in Ticino molti casari stagionali che provengono da Italia, Portogallo». Faretti si addentra nei segreti dell’arte: «Perché si possa parlare di formaggio d’alpe ticinese AOP (Appellation d’origine protégée), occorre che esso sia prodotto a un’altitudine superiore ai 1500 metri, al latte crudo, non dunque pastorizzato: normalmente viene eseguita la mungitura alla sera, il latte ricavato va in caldaia, viene raffreddato a 8 gradi, poi il giorno seguente viene mescolato con il latte della mungitura del mattino e di qui viene prodotto il formaggio, viene riscaldato a 32 gradi, si aggiunge il caglio e via di seguito. Il formaggio d’alpe ticinese deve essere stagionato in cantina almeno per 60 giorni, prima di essere venduto. È possibile venderlo a 45 giorni, ma in tal caso deve essere analizzato».

E in termini di qualità del formaggio d’alpe AOP? «Eccellente. Nel 2019 l’alpe di Carì dell’azienda agricola Piz Forca, nel concorso mondiale, “World Cheese Award” ha ottenuto il riconoscimento massimo, “Super Gold”. E l’azienda Dazio-Alpe Campo La Torba in Valle Maggia ha conseguito il premio “Gold”. Ogni due anni si svolge la competizione mondiale, durante la quale sono oltre 4 mila i formaggi che si contendono il medagliere. Il Ticino si è distinto anche nell’edizione 2021 svoltasi in Spagna, quando l’alpe Pian Laghetto in valle di Blenio ha ottenuto la medaglia d’oro, mentre l’Alpe Ravina della Leventina ha preso l’argento. Sono riconoscimenti prestigiosi che testimoniano quanto il lavoro di casaro nel Cantone venga svolto a regola d’arte». Si può dunque parlare di un mestiere che conserva saldamente una propria tradizione, senza conoscere cali di entusiasmo? «Decisamente. Al momento in Ticino vengono trasformati circa 4 milioni di litri di latte durante l’estate sugli alpeggi e si producono oltre 380 tonnellate di formaggio e di queste, circa 280-290 sono di formaggio ticinese d’alpe “Aop”. Un marchio di qualità vantato da una quarantina di alpeggi, dopo un’attenta valutazione da parte dell’Associazione ticinese di economia alpestre che contempla quattro requisiti: come è tenuta la cantina in termini di igiene e cura delle forme di formaggio, come si presenta la pasta del formaggio (se ne estrae un frammento con una sonda), e come si presenta al sapore e al gusto. Il punteggio massimo è di 20 punti. Ebbene, nel 2021 dei 38 alpeggi esaminati abbiamo avuto una media di 19,5. Dunque l’eccellenza, ciò che ci fa concludere come i casari oggi lavorino molto bene sia nella cura di mucche e capre sia nel prodotto finale».

E nell’olimpo dei casari non mancano profili di giovanissimi. Matteo Ambrosini, 23 anni, dall’età dei 18 non ancora compiuti ha aperto con il fratello Nicola la propria azienda agricola a Cevio, grazie ad alcuni aiuti statali, al sostegno di parenti, amici, di altri enti e a un prestito: stalla, 18 mucche di razza bruna alpina con le corna, tiene a precisare, 30 capre, latte e la passione per il formaggio che produce tutto l’anno. Le idee chiarissime sulla professione sin da subito? «Sì. A tre anni all’asilo ricordo ancora di aver disegnato una mucca e di aver fatto scrivere alla maestra che “da grande voglio fare il pastore”. All’alpe di Sfille, vicino a Cimalmotto, ho cominciato ad andarci già da bambino, dal 2005, quando avevo 7 anni. È lì che ho iniziato a fare il pastore e a mungere. Così ho deciso di iscrivermi all’apprendistato di agricoltore, ma in Svizzera interna – due anni a Berna e uno a Disentis – perché volevo imparare il tedesco. Ottenuto l’attestato federale ho aperto l’azienda, mentre a Mezzana ho ottenuto il diploma di casaro d’alpe. Dal 2020, da metà giugno a settembre, carico da solo l’alpe di Porcaresc in Valle Onsernone. Ma il formaggio lo produco tutto l’anno, sia in valle sia all’alpe». Un casaro a pieno titolo? «Il lavoro è vario, dalla mungitura alla stalla, il mangiare agli animali, formaggio, cantina. La giornata inizia in media alle 5 e finisce alle 20, anche più tardi. Così tutto l’anno. È una questione di passione». La giovinezza e l’amore per la natura e il formaggio appartengono anche a Sara Cattaneo, 25 anni, che tuttavia come sua prima professione ha svolto quella di operatrice sociosanitaria. Ma dopo il diploma è stata «catturata dalle montagne» e dal 2016 lavora presso l’azienda di Danilo Peter ad Airolo come operaia agricola. «Lui carica l’alpe a Fortunei al Passo del San Gottardo, dove nel 2017 ho svolto la mia prima stagione di casara ed è in quel periodo che ho maturato l’idea di svolgere il corso cantonale a Mezzana, che ho concluso nel 2020. E la scorsa estate per la prima volta mi sono assunta io l’intera produzione di formaggio. Abbiamo prodotto 780 forme. Chiaro, puoi chiedere. La consulenza non manca mai».