A Carona si torna a scrivere per i giovani e i giovanissimi. A Casa Pantrovà, la residenza che fu della coppia di autori per l’infanzia Lisa Tetzner e Kurt Kläber. La villetta rosa che sovrasta il nucleo del villaggio (oggi quartiere della grande Lugano) venne costruita dai due scrittori tedeschi grazie ai diritti d’autore incassati dai loro due libri di maggiore successo, pubblicati all’inizio degli anni 40 del Novecento: Zora la Rossa (le avventure di una ragazzina alla testa di una banda giovanile sulla costa adriatica, che si ribella alle ingiustizie del mondo degli adulti) e Fratelli neri (la storia di Giorgio, piccolo spazzacamino della Val Verzasca, che riesce a liberarsi dalla «schiavitù» in cui viene costretto a Milano).
I titoli italiani dicono forse poco o nulla, ma i due romanzi per l’infanzia sono dei classici del Novecento in Germania e nella Svizzera tedesca (Die Rote Zora und ihre Bande e Schwarze Brüder) e sono stati tradotti in tutto il mondo, con numerosi adattamenti teatrali e cinematografici. Tanto che il Museo nazionale di Zurigo ha dedicato una mostra (in corso fino al 12 novembre prossimo) ai libri dei due autori tedeschi, riparati in Ticino per sfuggire al regime nazista.
Il ritorno a Carona della scrittura per la gioventù (in forma audiovisiva) è stato promosso da un concorso lanciato dalla Divisione cultura della Città di Lugano, in collaborazione con Casa della Letteratura per la Svizzera italiana, Gruppo registi e sceneggiatori Svizzera italiana e Ticino Film Commission. La residenza d’artista messa a concorso offre il non comune privilegio di soggiornare un mese in quell’appartato laboratorio creativo che è Casa Pantrovà.
Quest’anno, ad aggiudicarsi la seconda edizione del concorso è stato il progetto di Sandra Moser dal titolo Rossana, Jaris und die Anderswelt, una storia ambientata in contesto circense sul tema del superamento del trauma della malattia e della perdita.
A Carona, Kurt Kläber (conosciuto con lo pseudonimo di Kurt Held) e Lisa Tetzner avevano trovato il loro paradiso creativo. Vi erano giunti nel 1933 attratti dalla colonia germanofona che vi soggiornava negli anni Venti del Novecento. Nel 1918 Theo e Lisa Wenger, nonni materni dell’artista Meret Oppenheim, avevano acquistato una casa di vacanza nel nucleo del villaggio dall’atmosfera mediterranea sulla privilegiata collina prealpina dell’Arbostora. Lisa Wenger era un’autrice di filastrocche per bambini e il suo più noto Joggeli gira ancora nelle biblioteche per bambini della Svizzera tedesca. Hermann Hesse, che aveva sposato in prime nozze la figlia dei Wenger nel 1924, era ospite fisso a Carona.
In questa enclave tedesca in terra ticinese, dove la coppia di scrittori aveva affondato definitivamente le sue radici, prese forma nel 1956 la loro amata villetta rosa, costruita su un poggio soleggiato che per anni avevano coltivato a orto. Casa Pantrovà, dal nome che strizzava l’occhio al Pan Perdü, il noto grotto di Carona dove Kurt giocava a bocce, divenne per alcuni anni meta prediletta di amici scrittori alla ricerca di quella pace nella natura che potevano trovare a Carona.
Kurt Kläber si spense nel 1959 e la moglie gli sopravvisse solo 4 anni. Alla sua morte, nel 1963, Lisa Tetzner si assicurò che la loro casa continuasse a ospitare artisti liberi di alimentare la propria creatività. L’eredità Kläber-Tetzner è stata amministrata dalla Fondazione svizzera per la cultura Pro Helvetia per 40 anni. Nel 2005 Casa Pantrovà è stata acquistata dal comune di Carona (poi confluito nel 2013 nella grande Lugano). Da allora è gestita dall’Associazione omonima, fondata da un gruppo di irriducibili che si sono battuti affinché la proprietà rimanesse in mani pubbliche.
Memoria storica delle vicende e soprattutto dell’ospitalità della residenza è Sylvia de Stouz, origini ginevrine, gioventù zurighese, costumista cinematografica e teatrale per 40 anni in giro per l’Europa, ma sempre con base a Carona. È lei che mi accoglie a Casa Pantrovà. Mi apre il cancello e attraversiamo il giardino, che scende a lambire il nucleo da una parte e confina con il recinto del bosco dei cavalli dall’altra. Premette subito che questa visita guidata è un’inattesa occasione fortunata. «Possiamo approfittare del contrattempo avuto dall’ospite che doveva arrivare oggi. Perché non capita spesso di trovare la casa vuota e quindi accessibile senza disturbare la quiete garantita a chi vi soggiorna. Forse un paio di settimane l’anno, non di più», mi spiega questo «angelo custode» della casa.
Entrare a Casa Pantrovà è come fare un salto negli anni Cinquanta. Si respira lo spirito del tempo. Tutto è rimasto esattamente come l’aveva lasciato Lisa Tetzner nel 1963: arredamento semplice, caldo, e funzionale, piccole librerie colme sparse nei corridoi, cucina con i mobili in legno su misura, sala da pranzo e salotto con invitante uscita sulla terrazza-giardino lastricata; al piano di sopra le camere con grandi finestre che si affacciano nel verde e il grande studio, con le due scrivanie massicce, un pianoforte e le pareti tappezzate di libri, soprattutto (e non potrebbe essere altrimenti) letteratura per l’infanzia e la gioventù in varie lingue.
Luogo privilegiato per ritiri individuali di massima concentrazione, la casa si presta soprattutto al soggiorno di musicisti, che sfruttano la location appartata per prolungare senza problemi di vicinato le loro attività. «Ospiti fissi per i loro seminari – puntualizza Sylvia – sono ad esempio vari professori dei Conservatori di Zurigo e di Lucerna (entrambi membri dell’Associazione Casa Pantrovà), che prenotano le loro settimane di anno in anno».
Sul ripiano di un secretaire in sala da pranzo è aperto un classeur: raccoglie i fogli con i messaggi lasciati dagli ultimi ospiti, gran parte in tedesco. In uno scaffale sono riposti altri 8 raccoglitori con le pagine scritte dai residenti di Casa Pantrovà in 60 anni.
«Questa casa è un luogo d’incontro. – racconta Sylvia sfogliando i messaggi – C’è anche chi si aspetta per salutarsi o si lascia dei biglietti. È successo anche che un figlio ritrovasse nei raccoglitori un messaggio scritto dal padre in gioventù».
Non si fanno nomi. «Discrezione» è la parola d’ordine per Sylvia, che glissa sui residenti illustri che hanno animato Casa Pantrovà negli ultimi anni. Accompagnandomi al cancello mi fa notare come non esistano insegne o indicazioni per individuare la casa. Google maps a parte, naturalmente.