Si comincia da piccoli a giocare alla caccia al tesoro e a qualcuno resta la voglia. Cercare qualcosa di nascosto ha il suo fascino. Se poi s’immagina di poter scoprire cose antiche e di valore il gioco diventa attrattivo anche per gli adulti. Ovvero, piccoli Indiana Jones crescono e si avventurano alla ricerca di monete d’oro o di altri tesori perduti. Per soddisfare questi desideri, da anni ci sono ricercatori dilettanti che usano il metal detector per scoprire oggetti antichi rimasti nascosti sottoterra. È un fenomeno che preoccupa in particolare i Servizi archeologici cantonali.
«A nostro modo di vedere, in Canton Ticino, come nel resto della Svizzera, – ci spiega Rossana Cardani Vergani, responsabile del Servizio archeologico cantonale – l’uso del metal detector appassiona molte persone interessate al passato, che ritengono importante ritrovare reperti in metallo – monete, medaglie, utensili, monili, residui militari e altro – che possano parlare della nostra storia meno recente. Questo particolare hobby può essere letto come una specie di caccia al tesoro, da condividere in famiglia o con gli amici. Un hobby che purtroppo non migliora le conoscenze storiche, bensì distrugge in modo irreparabile preziose testimonianze, a volte uniche. In questi ultimi anni l’uso del metal detector è diventato una moda. Il Servizio archeologico cantonale spesso viene sollecitato da cittadini comuni, che desiderano sapere se in Ticino questo tipo di ricerca è permesso, quali siano le pratiche da intraprendere per avere un’autorizzazione, se necessaria, e dove si possono acquistare questi strumenti di rilevamento. Più di una volta, la domanda ci è stata posta per uso personale, oppure in funzione di un regalo particolare da offrire a parenti e amici».
In Svizzera ha fatto discutere la storia di un abitante di Prêles, nel Giura bernese, che risale al 7 ottobre del 2017. Un uomo, accompagnato da un amico, grazie al suo metal detector ha fatto una scoperta definita eccezionale: una mano di bronzo risalente a 3500 anni fa. Oltre alla mano l’uomo ha trovato anche una lama di pugnale di bronzo e una costola umana. Il ricercatore ha consegnato i reperti immediatamente, ma è stato denunciato e quindi condannato al pagamento di una multa di 2500 franchi. «Sono stato onesto e non mi pento» ha detto l’aspirante archeologo, aggiungendo: «Se trovo l’altra mano, la porto al servizio archeologico cantonale». La sanzione non sembra esser stata sufficiente per farlo desistere.
«Non sempre i ritrovamenti sono eccezionali come la mano di bronzo ritrovata “casualmente” a Prêles da un cittadino comune con particolare familiarità nei confronti degli apparecchi di rilevamento. – ci dice Rossana Cardani – Il ritrovamento di Prêles ha fatto storia anche dal punto di vista giudiziario: il tribunale di Berna ha infatti giudicato lo scopritore colpevole di infrazione alla Legge cantonale sulla protezione del patrimonio. Questo perché il riportare alla luce oggetti archeologici senza il necessario accompagnamento scientifico reca danno alla conoscenza e impedisce di comprendere il contesto del ritrovamento».
Anche in Ticino le ricerche di antichi reperti è vietata, ma la legge prevede eccezioni con la possibilità di concedere a terzi concessioni di scavo. «La Legge sulla protezione dei beni culturali in materia archeologica è chiara. – spiega Rossana Cardani – Entrata in vigore il 13 maggio 1997, la legge sancisce che il Cantone ha la responsabilità e la competenza esclusiva sugli scavi archeologici e di conseguenza è vietato a terzi eseguire scavi, vale a dire: prospezioni, scavi preventivi e d’emergenza, scavi scientifici ordinari, sondaggi e ricerche con apparecchi di rilevamento. Unica eccezione, quanto indicato nell’articolo 36, ossia che se importanti interessi archeologici lo esigono, il Consiglio di Stato, sentito il preavviso dell’Ufficio e della Commissione dei beni culturali, può accordare a terzi concessioni per tempo limitato e in un sito limitato, se sono date le credenziali richieste dalla legge. In Ticino sono state rilasciate negli anni alcune concessioni di scavo a istituti universitari e ad associazioni di categoria, che hanno presentato progetti dettagliati, garantendo le capacità professionali e la copertura finanziaria per tutta la durata della ricerca di terreno fino alla consegna dei materiali e di tutta la documentazione prodotta all’Ufficio dei beni culturali».
Il codice civile svizzero prevede fin dal 1907 che «le curiosità naturali e le antichità che non appartengono a nessuno e che rappresentano un interesse scientifico sono proprietà del Cantone sul cui territorio sono stati rinvenuti».
Se qualcuno trova materiali archeologici e lo rivela all’autorità, cosa succede? Chiediamo alla responsabile del Servizio archeologico cantonale. «Quando una persona ritrova materiale archeologico è tenuto a comunicarlo all’autorità competente, in base alla Legge sulla protezione dei beni culturali: il ritrovamento deve essere notificato all’Ufficio dei beni culturali e al Municipio del luogo di rinvenimento, che a loro volta daranno immediata comunicazione al competente Dipartimento. Chi ritrova e consegna reperti archeologici e rispetta pertanto la legge può venire anche ricompensato in base al Codice civile svizzero. Al proposito, posso ricordare il ritrovamento del tesoro monetale di Orselina avvenuto nel dicembre del 2014: cinquemila sesterzi in bronzo di epoca romana, che rappresentano un unicum a livello europeo per numero, tipologia e rarità di alcuni conii. In questo caso i proprietari del terreno in cui è avvenuto il ritrovamento, durante lo scavo per la posa di una tubatura, hanno avvisato il competente Municipio che, a sua volta, ha chiamato il Servizio archeologico cantonale per mettere in sicurezza i reperti. La prontezza di reazione, la sensibilità e il rispetto della legge di questi cittadini è stata ricompensata dal Consiglio di Stato con un equo indennizzo. Oggi questo tesoro monetale fa parte della ricca collezione archeologica del Canton Ticino e un progetto di studio e valorizzazione è in corso di elaborazione in collaborazione con l’Inventario dei ritrovamenti monetali svizzeri, istituto di Berna competente in materia».
La legge che proibisce l’uso del metal detector è severa, perché ha l’obiettivo di proteggere e salvaguardare i reperti archeologici. Resta un dato di fatto che chi disobbedisce, come nel caso di Prêles, può contribuire a scoprire oggetti di interesse notevole. La mano di bronzo è considerata la più antica scoperta in Europa.
«Per essere efficace – spiega Jean Terrier, già archeologo cantonale a Ginevra – questa politica, che possiamo definire repressiva, deve necessariamente essere accompagnata da campagne pubbliche di sensibilizzazione. I servizi archeologici cantonali e i musei hanno un ruolo essenziale nella prevenzione. L’archeologia va presentata come una disciplina scientifica che può far sognare, ma senza insistere sulla spettacolarità e sul sensazionalismo che finiscono per aumentare la curiosità».
Il servizio archeologico cantonale ticinese è in continua attività. In materia di indagini archeologiche, nelle prime settimane del 2022 sono ripresi gli scavi a Claro in un terreno già oggetto di ricerca lo scorso anno. Le vestigia che si stanno riportando alla luce testimoniano la rilevanza di Claro nel periodo compreso tra la preistoria e il medioevo. Sono stati identificati un luogo di culto megalitico, un sito fortificato di età del ferro all’imbocco dei passi alpini, oltre alle già note necropoli.
L’archeologa cantonale Rossana Cardani Vergani guarda avanti: «Diverse sono le sorveglianze in corso da parte del competente Servizio cantonale, in attesa di potere aprire presto cantieri già programmati in Valle Maggia e nel Bellinzonese».