La superficie del Globo che ci ospita è pari a 550 milioni di chilometri quadrati, dei quali il settanta per cento è coperto da acqua: mari, oceani, laghi e fiumi. Il restante trenta per cento (pari a 165 milioni di chilometri quadrati) costituisce l’insieme delle terre emerse, che comprendono anche i deserti e i territori inabitabili.
Sulle superfici che consentono la vita, sono presenti attualmente circa 300mila specie di vegetali (Jolivet 1998), escludendo da questo numero (già imponente) l’immenso esercito delle muffe, dei funghi, delle felci, dei muschi e infine dei licheni.
Del Carbonifero durato 60 milioni di anni ci sono note soltanto 500 specie di vegetali, grazie alle impronte fossili scoperte durante i tempi geologici posteriori. Il numero delle specie è vertiginosamente e progressivamente aumentato grazie a un esplosivo fenomeno di diversificazione, che ha prodotto l’attuale flora. Nel corso della vita sulle terre emerse del pianeta, i vegetali e gli animali vertebrati e invertebrati da essi dipendenti hanno elaborato una evoluzione parallela, una coevoluzione, grazie a complessi meccanismi di simbiosi (= vita in comune, insieme), di competizione e di parassitismo. Nel corso del tempo, i vegetali hanno sviluppato metodi difensivi, che si realizzano attraverso difese morfologiche (spine, peli adesivi), e chimiche con la produzione di sostanze tossiche e repellenti (alcaloidi). La prima pianta con fiori (Pannaulikia) emerse dalla melma di un mare poco profondo e poco salato nel Triassico (220 milioni di anni or sono). Durante questo periodo comparivano progressivamente gli uccelli e gli insetti più evoluti e con occhi composti, come le formiche e le api. Nel successivo periodo Giurassico erano abbondanti le conifere, i ginkgo e le felci. La vegetazione produceva, come ai nostri giorni, enormi quantitativi di parti morte deposte al suolo, trasformate nell’immensa fabbrica dell’humus, mescolate con la componente minerale grazie al lavorìo di un esercito di detritivori e trasformatori.
Tra questi, i millepiedi (Miriapodi Diplopodi), che avevano dimensioni gigantesche fino a tre metri di lunghezza. In questi esseri, il ruolo ecologico non è mutato durante i 400 milioni di anni della loro evoluzione fino ai giorni nostri. Attualmente, millepiedi lunghi soltanto alcuni centimetri vanno a spasso lentamente nella lettiera dei nostri boschi, continuando ad assolvere il compito della loro vita: masticare e triturare la vegetazione decomposta che giace a terra.
Al momento (2010) sono state censite e descritte 1 milione e 400mila specie di insetti, il cinquanta per cento delle quali sono legate (infeudate) per la loro vita ai vegetali: sono i fitofagi. Ai quali sono da aggiungere alcune migliaia di vertebrati erbivori, tra cui i mammiferi, i pesci e alcuni rettili… Cioè quegli esseri che si cibano dei vegetali: dai semi e dalle radici, fino ai tronchi degli alberi e ai pollini.
I primi insetti fitofagi leccavano liquidi presenti sulle piante. Il secondo sistema di alimentazione era realizzato attraverso la succhiatura della linfa, sostanza zuccherina costituente un nutriente liquido, con perforazione dei tessuti. Una terza fase evolutiva vedeva la comparsa delle mandibole, che consentivano la masticazione di materie vegetali.
Nell’ecosistema di qualsiasi biotopo dominato dai vegetali superiori – dalle praterie ai boschi – la componente dei fillofagi, cioè che si nutrono di foglie, è di dominante importanza, sia per il numero delle specie, sia per l’astronomico numero di individui ivi presenti, venendo a costituire un considerevole apporto nell’ambito della biomassa complessiva.
L’ordine dei Coleotteri è rappresentato in Svizzera da 6400 specie (Besuchet 1985). Nell’ambito di questo importante patrimonio faunistico, i coleotteri crisomelidi, rutilanti esseri vistosamente colorati, sono rappresentati da 480 specie: dai salici della Valle Maggia a quelli di alta montagna, come il salice erbaceo a quasi 4000 metri sulla Grivola (Valle d’Aosta). Si tratta di un raggruppamento faunistico molto importante per il loro interesse anche forestale e agrario, in quanto sono entità totalmente fitofaghe, cioè interamente legate ai vegetali per la loro alimentazione.
Gli adulti e le larve dei coleotteri crisomelidi producono enormi quantità di escrementi che si presentano sotto forma di glomeruli e pallottoline. Sono miliardi di pacchetti di fertilizzanti con una ragguardevole componente di potassio, sodio, fosforo e azoto, che cadono a terra alla base della vegetazione. Venendo a contribuire alla feracità del suolo, con un elevato apporto di nutrienti, dove sono dilavati dalle piogge e incorporati.
I crisomelidi hanno diversi e peculiari fenomeni biologici di particolare rilevanza attinenti al loro comportamento. Innanzitutto, il «cannibalismo» attuato dagli adulti a carico delle proprie uova e larve. Il «viviparismo» è un fenomeno di particolare importanza per la continuità di una specie, specialmente in ambienti limite qual è l’alta montagna. Il ciclo biologico si svolge attraverso 2-3 anni e la femmina, anziché deporre le uova, partorisce giovani larve. Sempre nei biotopi di alta quota, alcune specie di coleotteri crisomelidi e curculionidi mostrano il fenomeno della «partenogènesi»: le femmine generano solo femmine, e la continuità della stirpe è assicurata da tutto quello che abbiamo raccontato.
Giungiamo alla conclusione che i rapporti tra piante e animali erbivori sono talmente stretti, indissolubili, da costituire un unico e grandioso successo biologico.