I bregagliotti non hanno perso tempo. A due anni dalla sciagura del 23 agosto 2017, quando rotolò a valle un’enorme frana staccatasi dal Pizzo Cengalo, il fondovalle, attorno al villaggio di Bondo, è stato sistemato. Il fiume è incanalato in due enormi sponde fatte di sassi e detriti e, accanto alla strada che collega Chiavenna con il passo del Maloja, si è formato un terrapieno che sta tornando verde.
«Io non mi sento responsabile» ci dice la sindaca di Bregaglia Anna Giacometti. «Certo, continuo a provare grande dispiacere per gli otto morti, sorpresi mentre stavano camminando in val Bondasca. La Procura pubblica ha emanato un decreto di abbandono dopo l’inchiesta. Ma i famigliari si sono opposti e hanno inoltrato ricorso al Tribunale cantonale. Penso sia comprensibile: anch’io, se perdessi un figlio così, non mi rassegnerei. La domanda è: bisognava chiudere la val Bondasca? Noi non lo abbiamo fatto perché ci siamo basati sulle raccomandazioni degli esperti».
In Val Bregaglia la storia delle frane è infinita e inizia con quella di Piuro del settembre del 1618, che cancellò l’intero paese e fece più di mille morti. Da anni la Bondasca è monitorata e a Bondo è stato costruito un bacino di contenimento che ha permesso di limitare i danni due anni fa.«Il bilancio della ricostruzione, – spiega Giacometti – è positivo. Abbiamo fatto il possibile per fare in fretta e permettere alla gente di tornare nelle loro case prima possibile. Il bacino è stato svuotato in tre mesi. I muraglioni di sassi ai bordi del fiume sono provvisori. Abbiamo indetto un concorso di progettazione con dieci uffici di ingegneria e architetti paesaggisti che entro la fine di quest’anno presenteranno le loro proposte su come ricostruire gli argini nel modo migliore. Ci sono finanziamenti federali e cantonali e il Comune dovrà sborsare 7 milioni di franchi, una bella cifra, ma abbiamo ricevuto molte donazioni».
Anna Giacometti è diventata famosa, suo malgrado, per l’impegno profuso in occasione di questa calamità. Nel mese di maggio scorso ha partecipato a Ginevra, con la delegazione svizzera, alla Conferenza delle Nazioni Unite per la riduzione dei rischi di catastrofe (Global Platform for Disaster Risk Reduction), dove ha raccontato la sua esperienza a Bondo.
Com’è nata la sua passione per la politica? «Ci sono cascata dentro per caso. – afferma sorridendo – Sono tornata in valle a 27 anni, dopo gli studi a Zuoz e esperienze professionali nelle sedi consolari svizzere di Lisbona e di Milano. Mi avevano offerto di andare a New York, ma qui ho rivisto il mio vecchio moroso e abbiamo deciso di vivere assieme in Bregaglia. Lui è architetto carpentiere; io, allora, mi sono occupata di una piccola azienda agricola, con una decina di pecore, un lavoro che ho fatto con passione. Essendo una donna giovane, che aveva girato un po’ il mondo, mi hanno chiesto di far parte della commissione della gestione, poi archivista, poi attuaria, poi vicepresidente del comune di Stampa. Così, piano piano, mi sono ritrovata presidente della Regione. In quel ruolo ho coordinato il progetto di aggregazione comunale e quindi, a quel punto, pensavo di smettere, perché non sono una vera politica… Ma quando l’aggregazione è stata accettata dai cittadini della valle, mi hanno detto che non potevo lottare per un progetto e poi sparire. Così, nel 2009, mi sono candidata a sindaco e ho vinto».
A una Giacometti della Val Bregaglia, patria di Alberto, scultore e pittore di fama mondiale, non si può non chiedere quali siano i legami di parentela con la famiglia di artisti. La nonna materna era Sina Dolfi Giacometti, cugina di Alberto. Ma il cognome di Anna, preso dal padre, discende da Augusto Giacometti, pittore famoso per la sua passione per i colori, secondo cugino di Giovanni, padre di Alberto. Il cimitero di San Giorgio, a Borgonovo, che merita una visita, ospita le tombe dei Giacometti e permette di chiarire, leggendo le lapidi, la cronologia della famiglia. Nella chiesetta di San Giorgio, semplice e spoglia come tutti gli edifici ecclesiastici evangelici, c’è una vetrata colorata, opera di Augusto, posta nella lunetta del coro. La Bregaglia, dettaglio non secondario, è l’unico comune svizzero di lingua italiana di religione evangelica. La Riforma, giunta dall’Italia, ha attecchito e ha messo radici.Nel 2008 i cittadini dei cinque comuni della Bregaglia, Bondo, Castasegna, Soglio, Stampa e Vicosoprano, hanno accettato di aggregarsi in un solo comune, nato il primo gennaio del 2010.
«L’aggregazione è stata importante – spiega la sindaca – ma abbiamo ancora molto da fare. In particolare bisogna armonizzare le leggi edilizie, ne abbiamo ancora cinque. Con la nuova legge federale sulla pianificazione del territorio siamo chiamati a ridurre le zone edificabili. Non sarà facile. Dobbiamo dezonare, cioè togliere terreni edificabili ai privati: un compito arduo».Il Comune conta 1530 abitanti ed è confrontato con l’invecchiamento della popolazione. I giovani sono costretti a lasciare la valle, al termine delle scuole obbligatorie. In Bregaglia ci sono le scuole elementari e le secondarie, le nostre medie, ma a sedici anni chi vuole proseguire gli studi deve andare via. I posti di apprendistato sono pochi e i lavori più modesti sono appannaggio dei frontalieri. «Abbiamo bisogno dei frontalieri – sottolinea Anna Giacometti – non abbiamo mai l’impressione che ci rubino i posti di lavoro. Non tutti i bregagliotti vogliono fare il falegname, il muratore o la cameriera. All’ospedale sono quasi tutti frontalieri. Mio marito ha una ditta di carpenteria con dieci impiegati, uno svizzero e nove frontalieri. È gente che da decenni viene a lavorare qui, peccato che non vivano qui. I rapporti con i comuni italiani sono amichevoli. Lasciare la valle a 16 anni è un’opportunità. Mio figlio ha studiato matematica e vive a Zurigo. L’altro sta facendo un dottorato in fisica a Oxford: nessuno dei due tornerà in valle».
Nei confronti degli stranieri la Bregaglia è aperta. Fin dal 2010, con l’aggregazione, il Comune ha deciso di offrire il diritto di voto e di eleggibilità agli stranieri domiciliati: una prima assoluta per la Svizzera italiana.
Economicamente la valle non è ricca. Il settore agricolo, anche se di dimensioni ridotte, è piuttosto solido. I figli dei contadini continuano il mestiere dei genitori. Il ricambio generazionale è garantito, grazie anche ai contributi diretti che i contadini incassano. Meno rosea la situazione del settore turistico. «Bisognerebbe investire di più nelle strutture per renderle più accoglienti, i turisti oggi sono esigenti. – precisa Giacometti – Ci sono aiuti della Confederazione e del Cantone, ma ognuno deve metterci anche del suo. Abbiamo soprattutto un turismo estivo, siamo sui 40 mila pernottamenti l’anno. C’è anche il problema della concorrenza italiana. Chiavenna ha migliorato molto negli ultimi anni e offre buoni servizi a prezzi più interessanti dei nostri».
La Bregaglia ha un patrimonio culturale non indifferente. Soglio, comune più bello della Svizzera nel 2015, con l’affascinante Palazzo Salis, oggi albergo; il museo Ciäsa Granda a Stampa e le testimonianze dei suoi artisti, dai Giacometti a Varlin e, non da ultimo, Giovanni Segantini che passò i suoi ultimi anni a Maloja e nel cimitero del villaggio riposa.Non si potrebbe fare di più per promuovere un turismo culturale? «Certo, si potrebbe fare di più e meglio. – ci dice sconsolata Anna Giacometti – L’atelier di Alberto è stato aperto solo pochi anni fa e mi sorprende che i visitatori siano pochi. È l’unico atelier ancora intatto di questo artista di fama mondiale e non è valorizzato. C’è un problema di collaborazione e coordinazione fra le varie società culturali. Il Centro Giacometti non decolla, anche se il Comune l’avrebbe sostenuto con due milioni di franchi. Si fa fatica, con il Municipio abbiamo provato a smuovere le acque, ma è difficile. Forse è questione di persone, bisognerebbe rinnovare».
Per una signora che non pensava di far politica, queste settimane sono particolarmente impegnative. Il partito liberale le ha infatti proposto di candidarsi alle prossime elezioni nazionali: «Essendo ormai un po’ conosciuta, hanno la speranza che io porti qualche voto, anche se non necessariamente debba venire eletta, perché i candidati principali sono altri. Comunque mi piacerebbe rappresentare il mio cantone a Berna».Ma non solo, il prossimo 1. settembre ci saranno anche le elezioni comunali in valle. Anna Giacometti si ricandida, ma dovrà confrontarsi con uno sfidante particolare: suo fratello Marco, presidente della Fondazione Centro Giacometti, senza partito.
In un piovoso giorno d’agosto, poco prima di mezzogiorno, nell’accogliente osteria di Donato Salis, sulla piazzetta di Bondo a due passi dalla chiesa riformata di San Martino, abbiamo chiesto ai sei o sette clienti fissi seduti al tavolone con birre e bicchieri di bianco per quale dei due fratelli voteranno alle comunali. È bastato un attimo di riflessione per una risposta unanime: «per la sorella!»