Boschetto, caraa e carásc. Questo il titolo di un opuscolo turistico sulla frazione di Cevio, in Vallemaggia. Caraa sono dei percorsi racchiusi da muri di cinta, mentre carásc sono dei monoliti di gneiss che sostengono, o sostenevano, le pergole delle viti coltivate. Proprio questi due elementi sono ancora oggi una peculiarità della zona, situata sul lato destro del fiume Maggia. Muretti a secco, terrazzamenti e altri edifici resistiti all’abbandono sono tornati alla luce grazie a un progetto di recupero e valorizzazione coordinato dall’APAV (Associazione per la protezione del patrimonio artistico e architettonico di Valmaggia) con il sostegno della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio.
I lavori sono quasi conclusi e il 30 settembre ci sarà l’inaugurazione ufficiale, proprio nel cuore della frazione che fino al 1830 circa era passaggio obbligato per risalire la valle. Prima dell’edificazione del ponte che attraversa oggi la Maggia in località Visletto, il viandante diretto a Cevio, o ancor più in su in Val Rovana, doveva infatti transitare da Boschetto utilizzando un servizio di traghetto.
Oggi la strada carrozzabile è lontana e anche per questo Boschetto è rimasto una nicchia, in parte isolato, conservando tutte le sue tipicità, compresa la tranquillità. Il villaggio è un nucleo assai compatto nel quale le case d’abitazione e gli edifici si susseguono con spontanea casualità (stalle, fienili, essiccatoi per castagne, mulini, torchio,...). Solo sporadiche le ristrutturazioni e, tra il patrimonio del passato arrivato sino ai nostri giorni, c’è anche l’oratorio dedicato a Sant’Antonio Abate, con il campanile a svettare. La dimensione dell’edificio, risalente al XVI secolo, e l’ampiezza del sagrato circostante testimoniano l’importanza di Boschetto che, fino al periodo della grande emigrazione oltre oceano, era abitato tutto l’anno da oltre un centinaio di persone. Popolazione che per sopravvivere attingeva alle risorse del territorio, tra cui sassi e pietre per le case, i muretti, le caraa o i carásc. Il bosco era sfruttato per il legname, mentre nella selva, oggi recuperata dopo anni d’abbandono, si raccoglievano le castagne, poi essiccate nei metati (le grà, di cui una restaurata grazie al progetto dell’APAV). Boschetto è poi circondato da un’ampia zona di campagna terrazzata adatta alla coltivazione di cereali e altri alimenti.
La realizzazione del progetto Paesaggio Boschetto ha richiesto un investimento complessivo di poco inferiore ai 650mila franchi, importo coperto da donatori pubblici e privati, come ci conferma Luca Pagano, coordinatore dell’APAV: «Premetto che in origine il progetto era destinato alla salvaguardia dell’edificio del vecchio torchio a leva, il cui tetto era prossimo al cedimento. Si tratta di uno fra i più imponenti e importanti monumenti legati al mondo rurale tradizionale della Valmaggia. Grazie alle sinergie con il Comune di Cevio e con l’Ufficio forestale del 7° circondario è in seguito stato possibile definire un più ampio progetto, del quale potessero beneficiare tutti gli abitanti della regione e sicuramente anche le persone che sanno apprezzare l’importanza storica e paesaggistica del nostro territorio».
Il nucleo di Boschetto, ricordiamo, è parte dell’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale (ISOS) ed è stato ora valorizzato grazie agli interventi prefissati dal progetto. Interventi possibili solo con il prezioso sostegno di alcuni finanziatori: «Oltre alla Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio, lo sponsor principale, abbiamo avuto il sostegno da parte del Comune di Cevio, Sezione Forestale, Fondo Svizzero del Paesaggio e Piattaforma Paesaggio, che raggruppa i vari Uffici cantonali competenti in materia», precisa Pagano.
A livello pratico i lavori sono iniziati nel novembre del 2015 e termineranno nel corso di quest’anno con gli ultimi restauri degli affreschi delle cappelle. «Nell’inverno 2015-2016 è stato rifatto il tetto del torchio e si sono avviati i lavori di esbosco e di cura della selva castanile. Ad inizio 2016 è stata invece restaurata una grà e un apiario tradizionale. Verso la fine dell’inverno si è poi proceduto con la pulizia di alcune parcelle che si stavano rimboschendo, con l’obiettivo di recuperare prati da sfalcio e da pascolo. Nel corso dell’ultimo inverno sono infine stati ristrutturati un centinaio di metri di muri a secco crollati negli ultimi decenni di abbandono totale», precisa il coordinatore dell’APAV. Muretti che rappresentano solo una minima parte degli oltre 17 chilometri presenti nei dintorni del villaggio.
Se le fatiche sul campo sono praticamente concluse, l’APAV si sta ancora impegnando a livello di divulgazione, come ci spiega Luca Pagano: «Sì, anche la parte didattico-divulgativa è importante e infatti è in fase di realizzazione (sarà pronto entro la fine dell’anno) un opuscolo su Boschetto e sul progetto di valorizzazione. Per quanto riguarda il torchio, invece, si è optato per la costruzione di un modello in scala dove si potrà scoprire il funzionamento di questo ingegnoso e monumentale macchinario».
Grazie al recupero, i secolari castagni risplendono oggi nella selva, gestita da un’azienda agricola di Cevio che, con tanto lavoro manuale, si preoccupa di mantenere questo stato anche nei prossimi anni. Si tratta di effettuare una pulizia regolare del sottobosco recuperando foglie, ricci e legname caduto al suolo. La cotica erbosa viene pascolata e falciata, premettendo alla selva di ritrovare la sua struttura originale dove, accanto alla produzione di castagne, è pure un territorio utile per il bestiame. A beneficiarne sono però anche i turisti o gli amanti della natura che in questo angolo di Valmaggia trovano un ambiente suggestivo.