Leone marino californiano (Zalophus californianus), su una boa, Baia della Magdalena, Costa occidentale della Baja California, Oceano Pacifico, Messico (Franco Banfi)
Il tuffo di un Leone marino californiano (Zalophus californianus) che tenta di nutrirsi pescando dallo stesso banco di sardine (Sardinops sagax) da cui si ciba il marlin striato, Baia di Magdalena, Costa occidentale della Baja California, Oceano Pacifico, Messico

Bello, veloce e fosforescente

Mondo sommerso - Reportage dal Pacifico, lungo la costa della Baja California Sur, per scoprire l’imprendibile marlin striato
/ 16.09.2019
di Sabrina Belloni

Lasciarsi affascinare e incuriosire dagli ecosistemi sconosciuti è facile, e non sorprende infatti l’interesse che suscitano i documentari focalizzati su queste tematiche. Servizi televisivi che a un certo punto potrebbero non più essere sufficienti per soddisfare le nostre curiosità. Io stessa ho ceduto al desiderio impellente di vivere in prima persona il magnifico mondo sommerso che prima ero solita approfondire solo con ricerche documentali specifiche. Ho iniziato a viaggiare, selezionando le mete in base al loro potenziale.

Uno di questi affascinanti viaggi mi ha portata al largo della costa occidentale della Baja California Sur, in Messico, nell’Oceano Pacifico. Magdalena Bay è una destinazione abbastanza remota, anche se decisamente facile da raggiungere. Il lungo percorso è disseminato di cactus colonnari che si ergono come sentinelle a guardia di un territorio con luce abbagliante e acque turchesi, dove le dune sabbiose si estendono all’infinito fino all’orizzonte e conducono all’oceano.

Si può visitare il Messico migliaia di volte, praticare centinaia di sport diversi, visitare antiche rovine e le località più mondane, ma si resterà comunque ben lontani dall’emozione unica e totalizzante di nuotare fianco a fianco di un gruppo di marlin striati (Kajikia audax), di leoni di mare, di pesci vela, di pellicani, di fregate di mare e altra fauna selvatica, che cooperano per inseguire e radunare i pesci foraggio (prevalentemente sardine), impazziti dal terrore e dal pathos della frenesia alimentare. Osservare con i propri occhi e la propria sensibilità la pura legge della natura, la legge della sopravvivenza e della selezione dei membri più forti della specie, che culmina con il lauto banchetto dei predatori a discapito delle prede terrorizzate dall’impossibilità di mettersi in salvo è qualcosa di impressionante.

Particolarmente affascinanti sono i pesci con la forma allungata, preludio di specie pelagiche, con il corpo adattato a nuotare grandi distanze. Soggetti difficili, pesci velocissimi, schivi, perennemente all’erta, abituati a evitare qualsiasi interazione tranne nel periodo riproduttivo oppure per esigenze alimentari.

I marlin striati sono predatori al vertice della catena alimentare, e vivono nell’oceano aperto. È una specie migratoria distribuita negli oceani tropicali, subtropicali e in acque temperate. All’inizio possono incuriosire soprattutto per la loro abilità di cambiare, alla velocità di un battito di ciglia, i colori della livrea, composta da 12-16 sezioni verticali. La loro consueta colorazione, tendenzialmente grigio-blu per confondersi nell’ambiente pelagico in cui trascorrono la maggior parte della vita, improvvisamente diventa fosforescente o color lavanda, tramite la contrazione ed espansione dei cromatofori (speciali cellule pigmentate). Un’altra caratteristica affascinante è l’abilità di percorrere distanze immense e di accelerare sino alla velocità di 80 km/h, grazie alle caratteristiche anatomiche del loro corpo: soprattutto alla pinna caudale allungata, che può sferzare l’acqua libera, distante dalle turbolenze delle masse d’acqua generate dal movimento del corpo stesso. È il terzo pesce più veloce dopo il marlin blu (130 km/h) e il pesce vela (110 km/h).

A causa del grande valore economico, questa specie è studiata da molti ricercatori e università, tramite diverse tipologie di marcatori (tag): dai semplici tag che si staccano dal corpo ed emergono tramite un galleggiante (misurano la distanza percorsa dalla cattura ed evidenziano i luoghi frequentati), ai più sofisticati con sistemi telemetrici. Oltre a queste modalità, la pesca ricreativa è stata fonte sostanziale di informazioni scientifiche poiché alcune centinaia di esemplari taggati sono liberati in acque dove si svolge questa tipologia di pesca. La cattura e rilascio è un evento traumatizzante per la vita dei pesci e spesso ne determina la morte; tuttavia si è rivelata un elemento sostanziale per la documentazione dei ricercatori e consente di analizzare gli aspetti ecologici e biologici delle specie catturate.

La distribuzione dei marlin striati nella colonna d’acqua (dalla superficie ai fondali) è determinata prevalentemente da tre condizioni oceanografiche: temperatura alla superficie, saturazione dell’ossigeno nella colonna d’acqua (poiché l’acqua marina salata è più viscosa e povera di ossigeno dell’aria) e la penetrazione della luce, nella parte più superficiale dell’oceano e nella zona epipelagica (sino a 200 metri di profondità dalla superficie). In termini di volume, è il bioma più esteso e solitamente assomiglia a un deserto. In superficie, luogo privo di nascondigli e possibilità di camuffarsi, non c’è mai la garanzia di trovare animali perché le condizioni ambientali li rendono esposti ai predatori.

I marlin striati, trovandosi ai vertici della catena alimentare, vivono invece in prevalenza nelle acque superficiali. Sono animali selvatici, veloci, schivi e ipersensibili. L’evoluzione ha adattato il loro corpo a vivere in questo ambiente impegnativo ed elettrizzante, con una livrea che si confonde magnificamente nell’ambiente. Per riuscire a percepirli dobbiamo abituarci alle loro condizioni; dobbiamo percepirne istintivamente la presenza e anticipare il momento in cui si rendono visibili, tanto sono veloci e schivi.

Talvolta nella zona epipelagica, la colonna d’acqua è densa di microparticelle, costituite in buona parte da micro-bolle di aria o di sostanze naturali oleose alle quali si aggrappa il plancton per restare in superficie. Microscopici organismi dominati da fitoplankton, diatomee e dinoflagellati. Quando siamo fortunati, questi micro animali riflettono semplicemente la luce, così che l’acqua sembra lattiginosa, inscrutabile, come se ci fosse una fitta nebbia che occulta ogni sagoma in lontananza.

I ricercatori hanno scoperto che i marlin trascorrono circa il 54 per cento della loro vita soprattutto fra zero e dieci metri dalla superficie, e in particolare nelle ore notturne. Essi tollerano male le temperature fredde e la carenza di ossigeno delle profondità più elevate, pertanto la loro distribuzione è maggiore nell’area che precede il termoclino (lo strato d’acqua che separa quella superficiale più calda, luminosa e ossigenata da quella più profonda, buia, ipossica e fredda). Superano il termoclino e si avventurano nelle acque più profonde per brevi periodi di tempo, quando cacciano o per evitare i predatori.

I marlin striati, così come molti pesci a struttura ossea, hanno un rapido tasso di crescita (soprattutto nei primi due anni di vita) e un eccezionale ricambio cellulare (le cellule dei loro tessuti sono sostituite rapidamente), grazie alla capacità di trasportare in fretta ossigeno e nutrienti. Questa caratteristica consente loro una grande adattabilità. Fossili di pesci dai quali sono derivati gli attuali marlin sono stati rinvenuti sia in Europa sia in America del Nord e Centrale, in stratificazioni risalenti al Miocene (circa 12 milioni di anni or sono), quando il livello dei mari era ben maggiore di quello odierno. Si ritiene pertanto che la grande elasticità di questa specie faciliterà il loro adattamento ai recenti cambiamenti ambientali indotti dalle attività umane. Quale conseguenza del riscaldamento globale, probabilmente gli attuali stock ittici si sposteranno verso nord, andando a colonizzare territori finora inospitali.