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La prima parte dell’articolo è uscita su «Azione» no. 18 del 27 aprile 2020. https://www.azione.ch/societa/dettaglio/articolo/a-quando-un-vaccino.html


Bambini sì, no, però…

Covid-19 - Occorre fare chiarezza sull’impatto del Coronavirus sui bambini, su quanto si ammalino e quanto siano contagiosi – 2a parte
/ 04.05.2020
di Maria Grazia Buletti

Per arginare gli effetti della pandemia del coronavirus (Covid-19) servono i tamponi, i test sierologici e si pensa ai vaccini. Dell’impatto della malattia sui bambini si osserva che quelli infettati pare abbiano decorso piuttosto lieve. Oggi questa fascia d’età non fa eccezione nella raccolta dei dati di osservazione che, per certi versi, forniscono interpretazioni contrastanti, mutevoli e sorprendenti.

Fare chiarezza è fondamentale, soprattutto in questa «seconda fase» di allentamento delle misure restrittive poste in essere per arginare la prima ondata virale, e in prospettiva del dibattuto rientro scolastico. «Di questo virus non conosciamo tutto: dobbiamo studiarlo passo dopo passo», il dottor Alessandro Diana (pediatra vaccinologo e ricercatore infettivologo all’Università di Ginevra) ci aiuta a comprendere e interpretare la marea di informazioni che si susseguono e che spesso cambiano la rotta del procedere: «Le decisioni finora assunte si sono basate sull’ipotetica analogia col virus dell’influenza da cui derivano le nostre conoscenze sulle pandemie, ma non è così. Sebbene analizzando le catene di trasmissione influenzale, i dati dicano che i bambini infettano adulti e nonni, nel caso del Coronavirus vediamo, sì, infezione delle vie aeree e complicazioni polmonari, ma l’ipotesi di trasmissione bambino-adulto parrebbe non essere così lineare. Inoltre, abbiamo trovato bambini negativi al tampone, che però sono risultati positivi al test sierologico: significa in modo inconfutabile che sono entrati in contatto con il virus».

Ci chiediamo se non siano stati i bambini, per lo più negativi al tampone e spesso asintomatici, a trasmettere il virus agli adulti.

Fino al 22 aprile la risposta era nella strategia dell’epidemiologia di tracciabilità del virus: «Conosciamo casi di bambini positivi per i quali abbiamo cercato di rintracciare la storia e il decorso della malattia in famiglia, con risultati strabilianti che indicavano che la stragrande maggioranza è stata infettata dai genitori e non viceversa». Attraverso la raccolta di dati a tappeto e le osservazioni, stiamo imparando a conoscere sempre di più il comportamento del Covid-19 nell’infanzia e ad agire di conseguenza. Ciò spiega come ad esempio, il 20 aprile il «Journal of Public Health Management and Practice» pubblica uno studio dell’Università della Florida del Sud dicendo che i bambini saranno più colpiti del previsto, e che, seppur asintomatici, possono essere contagiosi tanto quanto gli adulti.

Il giorno seguente, 21 aprile, la Società italiana di medici pediatri (Simpe), preoccupandosi per l’apertura delle scuole, afferma: «Il 47 per cento dei bambini è asintomatico, rischiano di diventare untori». La popolazione si aspetta risposte sicure da medici ed esperti che però, afferma Diana: «Quando non sai tutto, devi prendere la decisione più opportuna in quel momento. Dobbiamo avere l’umiltà di ammettere che non sappiamo tutto e, magari, la decisione che stiamo prendendo oggi potrebbe essere rivalutata completamente domani», indicando che ora si procede attraverso tamponi e test sierologici a tappeto, anche nei bambini, per raccogliere dati osservazionali la cui interpretazione può mutare man mano. Difatti, il 22 aprile, egli conferma, in relazione ai primi dati raccolti nello studio che si sta svolgendo sui bambini a Ginevra («tampone, test sierologico e soprattutto tracciabilità»), che essi possono infettarsi in modo lieve e che non dovrebbero infettare gli adulti. Ma qualche giorno dopo riferisce di alcuni casi pediatrici importanti, per ora rari: «Siamo stati allertati a Ginevra con tre casi pediatrici atipici per il momento: tre giovani, tra gli 11 e i 13 anni, con dolori addominali, nessun sintomo respiratorio, che hanno presentato uno shock emodinamico. Sebbene nei tre pazienti il tampone sia risultato negativo, la TAC ha dimostrato lesioni polmonari tipiche del Covid-19 e le sierologie sono risultate positive, prova inconfutabile che questi giovani sono stati a contatto col virus».

Questi nuovi dati cambiano un po’ le carte in tavola, ma il dottor Diana ci ricorda che nella comunità scientifica non è mai successo di produrre più di 3000 pubblicazioni in tre mesi, come ora per il Covid-19: «Sono unicamente studi di osservazione e non evidenze scientifiche: spesso sono ipotesi che generano altre domande e non conducono alle risposte che solo dati validati attraverso studi randomizzati potranno dare al momento in cui si arriverà, allora sì, ad evidenze scientifiche».

Parole d’ordine: prudenza, umiltà e capacità di interpretare i dati: «Anche se in genere il decorso di Covid-19 sui bambini è piuttosto blando, i dati contraddittori invitano a proseguire nella sierologia a tappeto che ci potrà dare importanti osservazioni. Potrebbero pure dimostrare un fardello da Covid-19 nei giovani più importante di quanto sappiamo finora, e non è escluso che il versante della contagiosità bambino-adulto nelle catene di contaminazione possa essere più elevato di quanto stabilito in base al solo striscio».

Un condizionale che invita nuovamente a mettere ordine nella confusione e nelle idee: «Abbiamo bisogno di una “rete sentinella” in cui far confluire tutti i dati preliminari: immagino una rete della Società svizzera di pediatria a cui possano attingere pediatri universitari e di famiglia, perché fintanto che non disporremo di una simile banca dati non riusciremo a prendere il toro per le corna».

La pediatra Patrizia Tessiatore di Lamone ci conferma che in Ticino al momento non esiste una «rete sentinella» che coinvolga tutti i pediatri ticinesi: «Per l’esperienza nel mio studio, rilevo anch’io alcuni casi confermati attraverso tampone o fortemente sospetti (tampone negativo e sierologico positivo) che mi spingono a pensare come altamente auspicabile la costituzione ed estensione di questa rete di dati». Una «forza sul territorio ticinese» che, per la sua realtà particolare, potrebbe fornire informazioni molto preziose. Sopra tutto sta la controversa apertura delle scuole la cui decisione è «appannaggio della politica», sottolinea il dottor Diana, che per ora non si dice troppo preoccupato per i bambini: «il cui fardello sembrerebbe essere minore rispetto agli adulti che però, portando i figli a scuola, provocherebbero un movimento più ampio di persone sul territorio».

La dottoressa Tessiatore da noi interpellata sulla «scelta migliore» afferma di non avere una risposta assoluta, allo stato attuale delle cose: «Il Ticino in particolare sta vivendo tutt’ora una situazione del tutto particolare, sospeso in una sorta di “limbo epidemiologico” tra il terribile vissuto della vicina Penisola e una realtà nordica assai differente». Non è semplice muoversi con l’incertezza degli elementi e i dati fluttuanti che emergono di giorno in giorno.