I bambini altamente sensibili sono incredibilmente responsivi rispetto all’ambiente. Oltre a quelli esterni, percepiscono pure gli stimoli interni con un’intensità superiore alla norma e li elaborano profondamente e nei dettagli. Di conseguenza, capita facilmente che si sentano sopraffatti dalle situazioni. Sono in genere riflessivi e osservatori, tendono ad essere diligenti e mostrano empatia e compassione sin da piccolissimi.
L’alta sensibilità è una caratteristica della personalità scoperta negli anni Novanta dalla psicoterapeuta e ricercatrice Elaine Aron, determinata da un diverso funzionamento del sistema neurologico che si stima riguardi il 15-20% della popolazione. «Alta sensibilità» non è sovrapponibile a «ipersensibilità». «Si tratta di un errore di traduzione. Il termine americano, definito dalla Aron nel 1991, è infatti High Sensitivity e non hyper sensitivity, espressione con la quale si intende un’iperreazione da trauma», afferma Elena Lupo, psicologa e psicoterapeuta bolognese, che si occupa di alta sensibilità dal 2013, dopo essersi formata direttamente con Elaine Aron a San Francisco. Essendo lei stessa altamente sensibile, ha avviato un progetto di diffusione degli studi in Italia, registrando il marchio «Persone Altamente Sensibili – HSP Italia». Partendo dalla sua esperienza personale, ha scritto Il tesoro dei bambini sensibili (2017).
«Sono sempre stata estroversa e questo tratto, abbinato alla mia alta sensibilità, ha fatto sì che fossi leader delle situazioni, ma in un modo particolare, nel senso che utilizzavo la mia leadership per difendere i più deboli, per proteggere gli animali», commenta la psicologa, «facendo formazione in vari nidi, ho avuto modo di osservare come le maestre chiamino questo tipo di bambini “alfa”, quelli cioè che hanno la capacità di mediare e con i quali esse collaborano, per esempio per fare rispettare le regole». Soprattutto se estroversi, i bimbi altamente sensibili hanno molto spirito di iniziativa, molta creatività e pure molti amichetti, come è stato il caso di Elena.
Ai bambini altamente sensibili introversi – che sembrano essere la maggioranza – bastano invece uno o due buoni amici per soddisfare il bisogno di contatto. Introversi o estroversi che siano, i bambini altamente sensibili hanno difficoltà a gestire nel lungo termine i gruppi grandi. «Io facevo fatica nelle situazioni nuove e con tanti bambini, per esempio alle feste di compleanno. Questo perché per la nostra natura elaboriamo più informazioni per riuscire a capire una situazione, per orientarci all’interno di essa. Ciò comporta ovviamente un tempo, che Elaine Aron chiama pause to check», spiega Elena Lupo. Questa pausa trova un risvolto positivo nel problem solving. «Avendo la capacità di considerare 1000 opzioni e scegliere quella che considerano la migliore, azzeccandoci in molti casi, questi bimbi vengono spesso coinvolti dagli insegnanti nei processi decisionali della classe», continua l’esperta. Questa propensione a riflettere su ogni cosa porta i bambini altamente sensibili a porre domande incredibili, in rapporto all’età.
Le caratteristiche enunciate fanno pensare all’alto potenziale: «Sono concetti che appartengono a due linguaggi diversi. Possono, in certi casi, essere sovrapponibili, ma non è detto che tutti i bambini altamente sensibili abbiano un’intelligenza sopra la norma. Quello che invece si può affermare è che hanno un’intelligenza emotiva più sviluppata», spiega la psicoterapeuta, «sono infatti bimbi che sentono le emozioni complesse molto prima degli altri. Ciò significa che potenzialmente sanno leggere gli stati emotivi di sé stessi e degli altri in modo straordinario, a condizione che a monte abbiano dei genitori in grado di gestire le proprie emozioni – cosa non sempre scontata – e creare quella che io chiamo “alfabetizzazione emotiva”, l’abitudine cioè di parlare delle emozioni, spiegarsi riguardo a esse, dare i nomi giusti».
Come detto, nei bambini altamente sensibili le sensazioni, positive o negative che siano, sono amplificate; essi ricordano ad esempio molto a lungo un bel momento vissuto nella natura, ma anche le esperienze avvertite come un’ingiustizia. «È diverso il processamento cognitivo che viene messo in atto di fronte a uno stimolo. È come avere un amplificatore mentale, che fa sentire più forti i suoni, fa vedere le cose come fossero ingrandite o in alta definizione», spiega Elena Lupo. Per questo, alcuni bimbi non amano rumori e odori forti, ad altri danno fastidio alcuni tessuti, altri ancora non sopportano le luci.
Di fronte a queste reazioni, i genitori devono dar prova di comprensione. Se ciò che esprime viene minimizzato, il bambino crede di non aver diritto di essere com’è, con la conseguenza che tenderà a non mostrare più ciò che lo tormenta e l’adulto non avrà più accesso ai suoi sentimenti né modo di capire i suoi bisogni. Quello di cui invece un bambino altamente sensibile ha bisogno è di genitori che lo ascoltino, lo rassicurino e lo aiutino ad accettare e regolare le proprie emozioni.
Secondo Elaine Aron, pioniera in materia, per essere considerato altamente sensibile un bimbo deve soddisfare quattro criteri: elaborazione profonda e complessa delle informazioni, ipereccitabilità, percezione sensoriale più elevata ed intensità emotiva. Ma concretamente, come fanno i genitori ad accorgersi di avere un bambino con questo tratto temperamentale? «Quello che i genitori mi dicono è: “piange sempre, ha sempre paura, vuole sempre essere rassicurato”. Si tratta di bimbi che, pur non essendo particolarmente traumatizzati, sono terrorizzati, per esempio, dai fuochi d’artificio o dai palloncini, tanto da rinunciare ad andare ai compleanni. Ci possono poi essere dei fastidi insoliti che i genitori notano soprattutto se hanno altri figli. Spesso sono gli insegnanti a segnalare delle stranezze, soprattutto nella socialità. Anche il sonno in genere è un valido indicatore. I problemi in questo ambito sono dovuti alla difficoltà a stoppare il processamento sensoriale di cui parlavamo», commenta Elena Lupo.
La maggiore difficoltà con la quale si trova confrontato un bambino altamente sensibile è quella di gestire il sovraccarico. «Elaborando molti dati alla volta, questi bimbi si stancano prima, ma il problema è che non se ne accorgono; diventano quindi irritabili, hanno scoppi di rabbia e i genitori non capiscono il motivo», commenta l’esperta, «a volte sono anche cose banali a suscitare queste reazioni, come il tic tac dell’orologio o l’etichetta della maglietta». Inoltre, un bambino altamente sensibile sente, assorbe e manifesta, spesso somatizzandolo, il malumore o il disagio del genitore. Quando l’iperstimolazione si manifesta a livello corporeo, a molti bambini fa bene il contatto con la natura e gli animali. «Sono bimbi che hanno bisogno di pause e silenzio. Quando li si va a prendere da scuola io consiglio di non parlargli. Di ascoltare se hanno voglia di raccontare, ma di non bombardarli di domande. Magari invece rimangono zitti per due ore e poi improvvisamente raccontano tutta la giornata. In genere comunque hanno bisogno di un tempo di decompressione, durante il quale gli può essere utile fare qualcosa di creativo oppure ascoltare della musica rilassante», commenta la psicoterapeuta.
Se mamma e papà garantiscono al bambino questa possibilità di isolarsi per rilassarsi, quest’ultimo riuscirà meglio a gestire l’iperstimolazione che caratterizza il mondo in cui viviamo e che non corrisponde sicuramente alla situazione ideale per chi percepisce gli stimoli con maggiore intensità e li elabora più profondamente.