Sognare ad occhi aperti può essere pericoloso. La mente vaga, si perde il senso del presente, ed ecco il danno: si inciampa, si cade, ci si scotta, ci si taglia, si rovesciano tazze e bicchieri. Ma può succedere anche di peggio. Uno studio francese pubblicato sul «British Medical Journal», realizzato intervistando circa mille pazienti coinvolti in incidenti stradali, indica che la maggioranza dei guidatori, prima dello schianto, stava sognando ad occhi aperti. Da altre ricerche emerge che la mente tende a fantasticare di più quando ci sentiamo turbati e porta, in genere, a pensare a qualcosa di piacevole.
Secondo Steve Casner, pilota di jet e di elicotteri, specializzato in scienze informatiche e sistemi intelligenti, ricercatore di psicologia per la NASA, dove si occupa proprio di questioni legate alla sicurezza, sogniamo ad occhi aperti quasi per metà del tempo in cui siamo svegli. Nel suo libro Careful! A User’s Guide to Our Injury – Prone Mind (Attento! Una guida per le mente a rischio incidente), pubblicato negli Stati Uniti, analizza le cause alla base delle disattenzioni. È vero che viviamo in una società ossessionata dalla sicurezza, eppure gli infortuni e gli incidenti sono in aumento. Una delle responsabili è la tecnologia – persino con la lavatrice ci si può fare male – inclusi i cellulari che ci distraggono come mai niente prima nella storia dell’umanità. Poi ci sono gli errori di giudizio, come quando, in casa, si usano gli arnesi in modi improvvisati: il manico del coltello per rompere il ghiaccio nel freezer oppure il cacciavite per aprire, facendo leva, un cassetto incastrato. «Il problema è che immaginiamo il risultato se le cose andranno bene, e non se finiranno male», spiega il ricercatore. Spesso si parla di incidenti, ma si dovrebbe invece usare il termine «errore». «Azione» ha raggiunto Steve Casner per fargli qualche domanda su come comportarci meglio.
Signor Casner, perché le persone sognano ad occhi aperti quasi la metà del tempo in cui sono sveglie?
Abbiamo delle vite piene di impegni. Quando ci capita di avere un momento libero, le nostre menti si dirigono in modo naturale verso altre questioni. Pensiamo: che appuntamenti ho oggi? Che cosa staranno facendo i miei figli? Cosa mangeremo per cena? Siamo i manager delle nostre vite e ci sono davvero molte cose da tenere sotto controllo. Una mente che vaga ci permette di riuscire a fare tutto.
Come si comporta la mente quando si distrae?
Dobbiamo considerare il mondo in cui viviamo. Le invenzioni tecnologiche ostacolano la nostra capacità di stare al sicuro. In passato, i rischi che circondavano gli esseri umani erano evidenti: il cattivo tempo, gli animali selvatici, gli oggetti affilati. Oggi sono più nascosti. Quando siamo davanti a un elettrodomestico, oppure ci troviamo a un incrocio, abbiamo bisogno di focalizzarci soltanto su quello. Se la mente smette di fare attenzione alla situazione in cui si trova, ecco che corriamo un rischio. Il problema è che continueremo a inventare dispositivi sempre più complicati e la situazione peggiorerà.
Diversi studi indicano che l’idea di riuscire ad essere multitasking è sbagliata. Perché non riusciamo a fare più cose contemporanea-mente?
Anche se abbiamo due occhi e due orecchie, sfortunatamente abbiamo soltanto un certo numero di risorse cerebrali che ci permettono di elaborare quello che vediamo, sentiamo, udiamo, tocchiamo, annusiamo e anche immaginiamo. Chi ha avuto esperienza di avere due bambini che si lamentano per due cose diverse nello stesso tempo, può capire sulla base dell’esperienza diretta cosa intendo. L’aspetto più inquietante è che la gente crede di riuscire a fare attenzione, nello stesso tempo, al proprio smartphone e alla strada che ha davanti. Gli studi, invece, ci dicono che quando cerchiamo di fare più cose insieme la nostra produttività al lavoro ne risente e la nostra sicurezza mentre camminiamo oppure guidiamo viene compromessa.
Lei scrive che negli ultimi anni gli incidenti sono in aumento. A che cosa è dovuta questa tendenza?
Una possibile spiegazione può essere che il mondo sta diventando sempre più complesso e noi fatichiamo a riconoscere i rischi che ci circondano. Pensiamo di essere in grado di gestire tutte le distrazioni. Inghiottiamo pillole senza prestare troppa attenzione al contenitore. Dato che viviamo più a lungo, invece di prendere precauzioni per non inciampare oppure cadere, ci diciamo che avere ottant’anni non è molto diverso da averne sessantacinque. Ogni anno che passa abbiamo di fronte sempre più rischi, ma nessuno sembra farci particolarmente caso. E così aumentano gli infortuni, che in certi casi sono mortali.
Cosa ne pensa delle persone che guardano in continuazione lo smartphone mentre camminano?
Come esseri umani, non siamo bravi a renderci conto né delle nostre potenzialità né dei nostri limiti. Faccio un esempio: quando cento persone vanno a fare un colloquio di lavoro, tutte quante pensano di essere le candidate migliori per quel posto. Per definizione, però, il novantanove per cento sta sbagliando, dato che uno solo verrà assunto. Dispositivi come lo smartphone portano al limite la nostra soglia di attenzione e pochi di noi capiscono cosa siamo davvero capaci di fare e cosa no. In troppi danno per scontato che andrà tutto bene, fino a quando non si fanno male.
Che consigli dà alle persone che tendono a sognare spesso ad occhi aperti? Come possono ridurre il rischio di farsi male?
Tutti noi dobbiamo conoscere meglio il modo in cui le nostre menti funzionano. Il mondo spinge la nostra attenzione di direzioni diverse, con conseguenti rischi, e noi pensiamo di essere dei supereroi che possono gestire tutto senza problemi. Quello che dobbiamo fare è riconoscere i limiti delle nostre menti. Mi rendo conto che è qualcosa di nuovo e strano, ma è necessario.