Architetture a confronto

USI-SUPSI – Una lettura dei due nuovi edifici di Lugano e Mendrisio
/ 05.04.2021
di Alberto Caruso

La nuova sede dell’USI e della SUPSI inaugurata a Lugano lo scorso 22 marzo e la nuova sede della SUPSI a Mendrisio, che sarà inaugurata in aprile, sono gli edifici pubblici più importanti costruiti in Ticino negli anni recenti. Ai lettori – in generale già informati dalla stampa quotidiana sulle loro caratteristiche funzionali e architettoniche – proponiamo un piccolo esercizio critico, costituito dal confronto tra i progetti dei due edifici. Essi risolvono lo stesso programma (aule didattiche e laboratori) con atteggiamenti progettuali radicalmente diversi.

Il progetto di Lugano utilizza il generoso spazio quadrangolare situato sul bordo del Cassarate, articolando le sue parti intorno ad una corte pedonale. L’edificio di Mendrisio, situato su un lungo terreno sul bordo della ferrovia, distribuisce le aule in due fasce parallele, separate al centro da uno spazio a tutt’altezza esteso quanto l’edificio. Le situazioni oggettivamente differenti hanno guidato i progettisti a studiare impianti distributivi differenti. La loro diversità, tuttavia, non è soltanto questa. 

A Lugano, il transito del visitatore dal campus USI e dalle strade cittadine verso la corte, attraverso i varchi ricavati al piano terra negli angoli dell’edificio, avviene in maniera distaccata e «naturale», silenziosa, libera dall’ansia di possibili sorprese. Le notevoli variazioni di altezza dell’edificio consentono di intravedere – quando si è ancora all’esterno – il paesaggio interno e di prepararsi alla sua scoperta. Inoltre, la riproduzione identica della figura dei fronti tra l’esterno cittadino e l’interno della corte offre sensazioni di calma rassicurante. Per questo non si tratta di una vera e propria corte. Nella tradizione europea dei palazzi e dei conventi, infatti, la corte è generalmente caratterizzata da figure frontali differenti rispetto a quelle esterne. La loro opposizione provoca sensazioni differenti: il fronte esterno e pubblico è introverso e difensivo, quello interno è estroverso e aperto, funzionale alle attività specifiche di chi vi abita. Questo spazio dell’USI-SUPSI, invece, è uno spazio concepito per diventare un luogo pubblico come lo sono gli altri spazi della città. La fitta trama a scacchiera delle bucature dei fronti, ripetuta senza eccezioni sia all’esterno che all’interno, favorisce l’effetto anzidetto. La trama conferisce ai fronti un aspetto non corrispondente ai canoni più consueti della parete piena bucata da aperture allineate, e provoca nel visitatore una sensazione di straniamento, un’atmosfera sospesa.

A Mendrisio, la figura dell’edificio è intenzionalmente concepita per essere vista da chi transita in treno. La ripetizione delle lunghe finestre conferisce ai fronti della «fabbrica» una geometria longitudinale portata alle estreme conseguenze. Varcato l’ingresso, l’interno è inaspettato e sorprendente. Il lungo piano inclinato è una promenade architecturale che collega tutti i livelli dell’edificio, si estende dal fronte sud al fronte nord e determina la formazione del grande spazio che separa le due fasce. Ritmato dalle torri degli ascensori che ne interrompono la prospettiva, lo spazio della promenade è il nucleo espressivo di questa architettura. La promenade è una strada urbana che penetra nell’edificio, risalendola si coglie con lo sguardo l’interezza della machine à abiter. È un’interpretazione contemporanea del carattere dell’edificio pubblico, che mostra con trasparenza le parti in cui è articolato, come avviene, per esempio, nella scuola media di Riva San Vitale di Giancarlo Durisch, articolata intorno al cortile coperto. Il riferimento architettonico più evidente di questo impianto è la scala della Alte Pinakotek di Monaco di Baviera (Leo von Klenze, 1836), che collega tutti i livelli occupando uno spazio longitudinale esteso quanto l’edificio. La sua immagine rappresenta iconicamente un caposaldo del classicismo.

I riferimenti dell’edificio di Lugano sono più complessi e più lontani dalle figure della storia del razionalismo europeo: la composizione a scacchiera dei fronti richiama figure degli edifici residenziali del cosiddetto modernismo socialista, a loro volta forse eredi dell’immagine della casa moscovita di Konstantin Melnikov, che con le sue bucature romboidali a scacchiera ha rotto con i canoni del funzionalismo occidentale.

È l’esperienza sensoriale la grande differenza tra i due edifici. A Lugano, l’avvicinamento dall’esterno verso lo spazio centrale e l’atmosfera che si vive stazionandovi favoriscono lo stato d’animo pacato e imperturbabile di chi deve dedicarsi alla ricerca scientifica e si prepara alla massima concentrazione. A Mendrisio, la vista e la risalita della promenade provoca una vera e propria tensione emozionale, che impronta di sé l’esperienza di tutti gli spazi. Il colore contribuisce a sottolineare questa differenza: la tonalità chiarissima del cemento dei fronti di Lugano asseconda l’atmosfera silenziosa, mentre la tonalità intensa del rosso con la quale sono colorate tutte le superfici cementizie di Mendrisio accende le sensazioni. Se è vero che ad ogni opera di architettura corrisponde un tipo di rappresentazione grafica appropriato ad illustrarne le ragioni, possiamo dire che l’edificio di Lugano va rappresentato soprattutto in pianta, che rivela le interessanti peculiarità del suo impianto distributivo. L’edificio di Mendrisio, invece, va rappresentato soprattutto in sezione, che rivela la fluidità spaziale (il Raumplan loosiano) determinata dallo spazio della rampa.

Riguardo al tema, infine, dell’appartenenza di queste opere all’architettura ticinese, alla sua tradizione moderna, possiamo affermare che il lavoro a Mendrisio dello studio ginevrino Bassi Carella Marello rivela l’adesione realista a questo territorio culturale, mentre il lavoro a Lugano di Simone Tocchetti e Luca Pessina fa considerare la loro ricerca più vicina a quella degli architetti ticinesi che provano nuove strade espressive per innovare lo stesso territorio. L’intelligibilità dell’architettura e la rappresentazione leggibile dei concetti spaziali, li accomuna.

Certamente sono opere destinate a sollecitare il dibattito ed il confronto aperto, del quale la cultura ticinese ha un grande bisogno.