Le Alpi: 220mila chilometri quadrati, 11 milioni di abitanti ripartiti in 7 Stati: Francia, Svizzera, Liechtenstein, Italia, Germania (Baviera), Austria, Slovenia, da Nizza alle porte di Vienna. In passato, barriera e luoghi di guerre e di scontri; oggi, un attivo spazio di passaggio e di presenza umana. Con 12 tunnel ferroviari, 6 tunnel stradali, 19 valichi stradali, è il sistema montuoso più trafficato del Mondo.
Ma già in passato è stato molto utilizzato; solo che la storia si ripete, come capita spesso, in modo più amplificato. Durante l’ultima recrudescenza glaciale (Würm, 25mila anni or sono) il manto glaciale ricopre gran parte delle Alpi, lasciando scoperto un ampio reticolo di creste emergenti. Creste sufficientemente ampie alla periferia meridionale delle Alpi, dove sviluppano un sistema di «massicci di rifugio», e dove si conserva la flora e la fauna, dando origine all’attuale situazione ecologica e geografica. Durante il massimo della glaciazione würmiana, gli apparati glaciali raggiungono spesso la pianura padana con le loro fronti moreniche, dal Friuli al Piemonte. Per contro, durante la massima espansione della «piccola era glaciale», circa nel 1860, i ghiacciai alpini occupano una superficie di 4500 chilometri quadrati.
Attualmente (Luca Mercalli, 24 luglio 2019) questa superficie si è ridotta a 1800 chilometri quadrati, cioè del 60 per cento. È prevista la scomparsa dei ghiacciai alpini entro il 2100. Resteranno soltanto le più alte calotte del Monte Bianco e del Monte Rosa oltre i 3500 metri. Il ghiacciaio è una dinamica entità geografica dipendente da favorevoli condizioni climatiche tributarie dell’altitudine e della latitudine. Ogni ghiacciaio ha una sua storia da raccontare, sia che esso esista tuttora, oppure sia scomparso più o meno totalmente mettendo allo scoperto preziose e spesso arcaiche testimonianze del passato, che risalgono talvolta a decine di milioni di anni fa, come le impronte di dinosauri scoperte a 3390 metri sul Piz Ela («Azione», 5 agosto 2019). Permettendo, grazie al suo dinamismo, il ritorno di vegetali e animali come i fiori al Colle del Teòdulo sul Monte Rosa, dopo diversi secoli di deserto glaciale.
La deglaciazione post-würmiana (15mila-10mila anni da oggi – Before Present = BP), a seconda delle regioni alpine, produce diverse conseguenze. In poche migliaia di anni tutti i ghiacciai alpini si sciolgono in gran parte fino a una certa quota, lasciando i territori in una caotica situazione ambientale. Il Lago Maggiore (Verbano) si estende fino a oltre Bellinzona. Sulla superficie delle sue acque galleggiano blocchi di ghiaccio staccatisi progressivamente dalla fronte glaciale. Le pendici delle montagne sono occupate da materiale morenico instabile e di differente calibro che per gravità precipita a valle, causando rovinose frane, sia in epoca storica (Anzonico, Buzza di Biasca), sia in epoca recente (Motto d’Arbigo, Vallegiun).
Le masse di detriti modellano i fondivalle (pianure alluvionali), fino a raggiungere notevoli spessori (da 200 a 400 metri) in Valtellina, Riviera, Valle Maggia, la piana di Bellinzona, nella valle del Rodano e in Valle d’Aosta.Dopo la caotica deglaciazione, lentamente si instaura un lungo periodo climaticamente più caldo – fino a 16.5°C: questo periodo, detto Atlantico, dura tra 7500 e 5000 anni BP. Tra le testimonianze più interessanti, la scoperta della mummia di Oetzi, la cui età è stata datata 5400 anni BP, nel Tirolo tra Austria e Italia: questo ritrovamento ha fatto molta sensazione all’epoca (1991), quando le nostre conoscenze sull’homo alpinus erano molto frammentarie e discutibili.
«Già alla fine del quarto millennio avanti Cristo (ndr: cioè 6mila anni BP), la montagna non era più una barriera insuperabile. Essa attirava pastori, esploratori e pellegrini, i quali attraverso i colli transitavano da una regione all’altra» (Camanni, 2017). Oetzi è un uomo moderno. Ha un copricapo in pelo d’orso, ha un pugnale, e il necessario per accendere un focherello, prima di intraprendere il passaggio del periglioso ghiacciaio di Similaun, a quasi tremila metri di altezza. Verosimilmente, lo sviluppo dei ghiacciai a quell’epoca è diverso nelle Alpi orientali rispetto a quello nelle Alpi occidentali, secondo i climatologi.
La mummia di Oetzi non avrebbe potuto conservarsi, poiché molto più tardi durante l’optimum termico medievale (800-1450) in quelle regioni alpine avrebbe comportato lo scioglimento del ghiacciaio di Similaun e la conseguente perdita di Oetzi. Evenienza che non si è realizzata, poiché, nelle Alpi orientali, mai i ghiacciai raggiungeranno la situazione attuale di massimo ritiro. Successivamente (3500-2500 anni BP), le testimonianze sulla presenza umana nelle Alpi è documentata grazie ai ritrovamenti nelle Alpi vallesane (Zermatt), nell’Oberland bernese, e in Valle d’Aosta (Orgère, Mont-Fallère).T
ra le alte montagne Graie della Valle d’Aosta spicca il Rutor; 3486 metri, ai confini con la Francia. Nella lingua della valle (il patois franco-provenzale) il toponimo significa ru = ruscello, corso d’acqua, e tor = il cui defluire è tortuoso, serpeggiante. Durante il mite periodo Atlantico, le regioni elevate del Rutor, fino a 3000 metri, sono ricoperte da una ubertosa prateria alpina, e il limite superiore del bosco giunge fino a 2400 metri rispetto a quello attuale. A 2530 metri verrà scoperto un banco di torba (parte di una torbiera di diversi ettari), contenente pollini analizzati e datati da Armando & Peretti (1972).
È stato possibile documentare l’esistenza di un bosco di abete bianco (faggio), tiglio e ontano (non verde, giunto molto più tardivamente). Nei millenni successivi, come tratteremo nella seconda parte, e cioè durante la «piccola era glaciale» (1450-1860), la regione elevata del Rutor è ricoperta da un maestoso ghiacciaio a mantello che discende fino a 2200 metri. Dopo il periodo Atlantico, e cioè tra 5000 e 2500 anni BP, si instaura una fase che conosce temperature comprese tra 14,5°C e 14°C: fresco e umido, con aumento del glacialismo e formazione di numerose torbiere. Le analisi polliniche fatte a Piora-Cadagno nel Cantone Ticino documentano una regressione del bosco anche per cause antropiche.
L’uomo scopre il ferro ottenuto per fusione. Questo fatto molto importante comporta un notevole disboscamento e distruzione del manto boschivo. Dopo il 2500 BP si ha un graduale aumento della temperatura, e il progressivo aumento che preannunzia «l’optimum termico di era romana» che vede il suo apogeo intorno a 2mila anni BP, ed entriamo nel periodo «Sub-atlantico» durante il quale si concretizza l’affermarsi del dominio romano anche nelle Alpi. I ghiacciai sono lontani e diffusi molto in alto. Annibale valica le Alpi piemontesi con i suoi elefanti, e in seguito a un viaggio di 1500 chilometri e dopo aver guadato 15 fiumi appenninici, sconfigge i Romani a Canne (218 avanti Cristo), in Puglia. A
Turbie, a Nord di Nizza nella Francia meridionale, viene eretto un grandioso monumento alto 50 metri in onore dell’imperatore Augusto, alla cui base sono elencati 45 popoli alpini sottomessi ai Romani.Grazie alle analisi polliniche effettuate al Colle Gnifetti, 4550 metri sul Monte Rosa, apprendiamo che intorno al 536-540, e a seguito di una violenta eruzione vulcanica in Islanda, il cielo venne oscurato per 18 mesi a causa di una nube di ceneri vulcaniche, con una sensibile diminuzione della temperatura: 18 mesi senza sole! (McCormick & Majevski 2015).
Bibliografia
G. Armando & L. Peretti. Su taluni aspetti del clima e dell’ambiente naturale del Piemonte (recte Valle d’Aosta!) nord-occidentale nell’Olocene medio (Atlantico) alla luce del recente ritrovamento di torba entro la morena deposta alla fronte attuale del ghiacciaio del Rutor (Valle d’Aosta). Allionia (Torino), 1972 - 18:167-177DIDASCALIA FIGURE[1] Regione del Rutor (Valle d’Aosta, Alpi Graie) con la parte terminale del ghiacciaio omonimo coperta di detriti morenici. Alessandro Focarile, Ottobre 197