Le Bolle di Magadino sono una delle riserve naturali tra le più conosciute in Ticino, ma anche oltre i confini cantonali. Con i suoi circa 660 ettari non sono immense se paragonate ad altri territori protetti, eppure sono d’indubbio interesse. Un valore sancito dall’inserimento dell’area in diversi progetti di carattere regionale, nazionale o internazionale. Si pensi all’inventario delle zone umide, dei siti di riproduzione per gli anfibi, dei corridoi faunistici, delle zone palustri e paludi o delle zone golenali d’importanza nazionale.
La superficie, che dal 1979 è riconosciuta come riserva cantonale tramite un’ordinanza specifica, è anche parte della Rete Smeraldo, un programma europeo nato nel 1989 e presentato su «Azione» nel 2011. Firmando la Convenzione di Berna, anche la Svizzera si è impegnata a proteggere specie e spazi vitali particolarmente preziosi, con lo scopo di proteggerli su scala globale. Attualmente sono 37 le zone elvetiche parte della rete Smeraldo che in Ticino, oltre alle Bolle inserite nell’areale del Piano di Magadino, ne annovera in Vallemaggia, tra Genestrerio e Stabio (Colombera), in Malcantone (Tresa), in Val Piora, sul Monte Generoso, in Valle Morobbia a ridosso del Passo San Jorio (Albionasca) e in una zona denominata «Monte di Brissago». Sono invece una cinquantina gli Stati aderenti, la maggior parte europei, a cui si sono aggiunti anche quattro Stati africani.
Nel 1982 le Bolle sono pure state inserite tra le zone umide d’importanza internazionale secondo la Convenzione di Ramsar, così definite in riferimento all’omonima città iraniana sul mar Caspio, dove nel 1971 fu approvato l’accordo. Accanto alle riserve per uccelli acquatici destinate alle specie migranti, la convenzione include anche quelle zone umide con associazioni vegetali pregiate o ambienti e luoghi di nidificazione per le specie indigene.
In Svizzera sono undici i siti Ramsar (incluse le Bolle di Magadino), mentre complessivamente sono oltre 2400 suddivisi in 172 Stati ripartiti in tutti i continenti. La Convenzione fu promossa dall’Ufficio internazionale per le ricerche sulle zone umide e sugli uccelli acquatici (IWRB) e ratificata da un gruppo di governi, istituzioni scientifiche e organizzazioni internazionali partecipanti alla Conferenza internazionale sulle zone umide e gli uccelli acquatici.
L’importanza di questi ambienti è dovuta a più fattori, tra cui emerge di certo la loro capacità di depurare e conservare l’acqua, garantendone la qualità e l’adattamento positivo a periodi siccitosi. Le zone umide – che qualche giorno fa, il 2 febbraio 2022, sono state celebrate in occasione della giornata mondiale – così come gli ambienti acquatici, sono inoltre importanti elementi per proteggere il territorio dalle inondazioni e dagli effetti delle tempeste, oltre a fornire cibo e altri servizi, per esempio come luoghi di svago. Non è poi da sottovalutare che queste aree offrono una grande varietà di ecosistemi e spazi di vita, a supporto della biodiversità.
Aspetti che si possono osservare durante una gita alle Bolle di Magadino, formatesi negli ultimi 3750 anni con il lento avanzare dei delta dei fiumi Ticino e Verzasca (sono per esempio inserite in uno dei 27 itinerari del libro Alla scoperta della biodiversità, presentato su «Azione» del 3 gennaio 2022). La zona nucleo, che si distende su 135 ettari, è caratterizzata da superfici inondabili, in cui è marcata la presenza di specie estremamente adattabili in grado di colonizzare per prime dei nuovi territori. Queste aree, tanto affascinanti quanto interessanti, e che in passato erano considerate dei luoghi malsani legati a malaria e altre malattie, sono affiancate da altri ambienti pregiati, come lischeti, prati umidi, stagni, saliceti, boschi o lanche in cui regnano acque stagnanti.
Caratteristiche che si rispecchiano nella presenza di numerose specie vegetali divenute ormai rare e che solo qui, con un’alternanza tra periodi secchi e umidi, trovano delle condizioni adatte alla loro sopravvivenza. Le Bolle, dove la transizione tra ambiente acquatico e terrestre è oggi ancora in buona parte naturale, sono poi un luogo fondamentale per diverse specie di uccelli, sia per la loro riproduzione sia durante la loro migrazione.
La riserva è anche un luogo di svernamento ideale per numerose anatre ed è pure riconosciuta quale area importante per gli uccelli e la biodiversità da BirdLife internazionale e dall’Unione Europea, oltre a ospitare, dal 1994, un centro d’inanellamento.
Qual è quindi il compito della Convenzione di Ramsar, il cui segretariato ha peraltro sede in Svizzera, a Gland, nel canton Vaud? La missione della Convenzione, leggiamo sul sito internet, è «la conservazione e l’uso saggio delle zone umide per mezzo di azioni locali, regionali o nazionali e tramite la cooperazione internazionale, come contributo al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile in tutto il mondo».
La convenzione si basa su tre pilastri principali con i quali gli Stati aderenti s’impegnano a lavorare per un uso saggio di tutte le loro superfici mediante piani nazionali, politiche e legislazioni, misure di gestione ed educazione pubblica. I paesi membri designano quindi le aree appropriate da includere nella «Lista Ramsar», ne assicurano la gestione e cooperano tra di loro condividendo progetti che possono influenzare le zone umide.
Le Bolle fanno parte dei siti Ramsar da ormai 40 anni, come racconta Nicola Patocchi, direttore e responsabile scientifico dell’omonima fondazione che dal 1975 si occupa di proteggere e gestire la natura e il paesaggio, mantenendo e valorizzandone le peculiarità: «Ne fanno parte dal 1982, segnatamente come ambiente di vita per gli uccelli acquatici e palustri. Le Bolle hanno un grande valore ornitologico, essendo una stazione di nidificazione e luogo di sosta per i migratori».
Per entrare in questa rete Ramsar, le Bolle hanno dimostrato di possedere una serie di criteri naturalistici: «Vengono valutati una serie di elementi, per esempio i processi ecologici in atto, il grado di conservazione, il popolamento di specie prioritarie di conservazione, così come la particolarità del posto», precisa Patocchi. Per l’accettazione, decisivo è come detto il ruolo della Confederazione, «che crea questa lista di zone umide pregiate, s’impegna formalmente a tutelarle e le segnala alla Convenzione, la quale richiede inoltre un rapporto sullo stato della conservazione, che viene presentato regolarmente dalle autorità competenti», conclude il direttore e responsabile scientifico della Fondazione Bolle di Magadino.