All’ospedale volano storie

Incontri – Nel reparto di pediatria del San Giovanni di Bellinzona alcuni attori professionisti interpretano storie per i piccoli pazienti, ora il menu di letture è diventato digitale
/ 05.04.2021
di Valentina Grignoli

Le storie fanno volare. Accompagnano lontano con la fantasia, trascinano via. L’avventura che ha intrapreso Margherita Saltamacchia (attrice di Bellinzona) insieme a Fosca Garattini-Salamina dell’Istituto svizzero Media e Ragazzi è una di quelle belle storie che portano primavera, e che val la pena raccontare.

Tutto è nato da una chiacchierata al telefono. «Una mia amica – mi racconta Margherita Saltamacchia – che fa parte di “Insieme con coraggio”, gruppo creato per i genitori che hanno o hanno avuto un figlio con una malattia tumorale, mi ha raccontato di aver sentito un’attrice leggere storie e di esserne rimasta incantata. “Sarebbe così bello se potessi farlo anche tu all’ospedale” diceva... Io mi sono entusiasmata, mi sembrava un bellissimo modo per mettere a servizio il mio mestiere. Ho quindi contattato Fosca Garattini con la quale condivido l’amore per la lettura ad alta voce ed ecco nato il progetto “Storie per volare”!».

In quanto ente riconosciuto sul territorio, l’ISMR coordina l’impresa, e con Margherita, tanti altri attori aderiscono all’iniziativa. «Non volevamo che gli attori lavorassero a titolo gratuito però, e allora abbiamo deciso di creare una sorta di gettone simbolico, che il lettore decide se tenere o lasciare alla Lega contro il cancro: ci credi che non l’ha tenuto nessuno?», continua Margherita. Ma sono tante le cose che l’hanno colpita nella creazione di Storie per volare: «La totale comunità d’intenti di tutti i partecipanti: non sarebbe stato possibile senza il piccolo contributo che tutti hanno voluto dare, senza riserve. Io in fondo ho solo detto “hei, perché non leggiamo?” e poi i pezzettini hanno dato forma e concretezza al progetto». Lo scoglio più grande per iniziare a far vivere i racconti per i bambini è stato quello di far accettare il progetto nel reparto pediatrico dell’Ospedale San Giovanni di Bellinzona: «Ci hanno giustamente detto, non siete i primi e non sarete gli ultimi, vediamo se funziona, e se i bambini ne avranno giovamento si continua».

Se oggi ne parliamo è perché Storie per volare è diventato una realtà, prima solo nel reparto di oncologia e poi estesa e accolta da tutta la pediatria. «Io cerco di esserci sempre – continua l’attrice – Sono stata sorpresa, a livello personale, dal ritorno inaspettato che ne ho avuto. Sono entrata in ospedale la prima volta pensando di fare una buona cosa che concernesse il mio lavoro, pensando di dare io qualcosa: mi sono ritrovata a ringraziare i bambini! Loro hanno una maniera particolare di attendere quel momento, è un desiderio potente di non voler perdere nemmeno una parola. Ogni volta che torno dall’ospedale ho voglia di recuperare quello scambio di attenzione con i miei figli. Perché quello che mi insegnano indirettamente i piccoli pazienti è l’importanza di avere questa particolare attenzione e cura per ciò che si fa. Quel momento, quello scambio, non è da dare per scontato. Bisogna scegliere cosa fare del proprio tempo con attenzione, e una cosa piccola come può essere “ti leggo un libro” diventa una scelta di qualità». Anche lo spazio non è accessorio, è una sala preparata con cura dall’educatrice e dagli attori per questo scambio di accoglienza reciproca: «come a teatro, io ti accolgo in questo luogo definito dalle luci, dalla scenografia, dal mio baule pieno di libri che tu sceglierai. È importante».

Non tutti i bambini però possono accedere alle Storie per volare, e allora sono gli attori che si recano nelle stanze in isolamento: «quando succede lo scambio è ancora più intenso. Il bambino ha scelto di voler stare con noi, di voler fare qualcosa di diverso, di bello. Ma se a teatro io ti invito nel mio luogo e tu spettatore sei accogliente nei miei confronti, qui lo scambio è impari e quando finiamo mi sento quasi a dover essere io a pagare il biglietto». Un’esperienza particolare? «Una delle prime volte che siamo stati in ospedale. Una bambina di tre mesi era ricoverata, la mamma giovanissima era parecchio preoccupata e giù di morale, nei corridoi aveva saputo delle Storie per volare e allora e aveva chiesto lei, mamma, una storia, dicendo che se sua figlia era troppo piccola per ascoltare, lei ne aveva estremamente bisogno. È stato molto forte e commovente».

Oggi, a causa della crisi sanitaria non si può più entrare in ospedale, come fate? «Da novembre – spiega Margherita – abbiamo dovuto smettere. A Natale ci siamo detti, no, non possiamo lasciare soli i nostri piccoli spettatori e allora abbiamo chiesto ai lettori di incidere i racconti. Abbiamo creato una sorta di menu molto ricco di storie, con i codici QR da scaricare per ascoltarle, che viene fatto girare per le stanze della pediatria. La voce si è sparsa e questo menu è arrivato anche a piccoli pazienti a Zurigo».

Chi in ospedale invece continua ad andare e oggi si occupa di fare volare ancora le storie – anche se con gli ascolti digitali – è Tiziana Bernasconi Guidotti, educatrice che da 12 anni si dedica all’animazione, all’educazione, all’intrattenimento dei bambini in reparto. Le ho chiesto cosa significasse per i pazienti ricevere degli attori che leggono loro delle storie: «I bambini hanno accolto positivamente il progetto. Creavamo un ambiente diverso in sala giochi, teatrale, passando la gente se ne accorgeva e ne rimaneva incuriosita. Chi voleva veniva in sala, chi non poteva riceveva nella propria stanza, e il tutto prendeva una dimensione ancora più intima, preziosa. I bambini in isolamento sono quelli che hanno bisogno più di tutti di queste boccate d’aria». Anche i genitori? «Sì, anche a loro fa bene ascoltare storie, distrarsi, oppure approfittare di questi momenti per riunirsi tra genitori e avere uno scambio, necessario». Il reparto accoglie anche adolescenti, come reagivano a questa iniziativa? «Con loro sono sempre stata piuttosto timorosa, mi ricordo di una lettura speciale di Gionata Bernasconi. All’inizio nessuna ragazza voleva assistere e poi tutte attentissime! Lui le sapeva coinvolgere, andava oltre alla storia, è stato bellissimo. Io solitamente già il mattino facevo il giro per le stanze a raccogliere le adesioni e tutti i ragazzi grandi dicevano no, non mi interessa, ma alla fine funzionava, eccome!».

E oggi? «Gli organizzatori non si sono dati per vinti, ogni mese c’è un’offerta di letture audio che i pazienti possono scaricare. È diverso, credo che venga utilizzato molto soprattutto quando sono soli. Certo, rispetto alle storie di prima manca tutto l’aspetto dell’accoglienza, della magia, delle coccole. I lettori sono bravi anche così, ma prima era come uno spettacolo. E noi confidiamo di ritrovarlo presto».