Posto in attività a Manno nel 1991 e poi trasferito alla periferia di Lugano nel 2012, il Centro svizzero di calcolo scientifico (CSCS) ha rinnovato con regolarità le sue risorse di calcolo, offrendo l’accesso ai ricercatori svizzeri e ai loro assistenti. Per gli addetti ai lavori è un User Lab perché mette a disposizione le sue risorse a soggetti che hanno necessità molto eterogenee, per esempio SwissMeteo che lo usa per le previsioni del tempo.
Nel corso del 2023, il supercomputer «Piz Daint», prodotto da Cray, sarà sostituito da «Alps», prodotto da Hewlett Packard Enterprise (HPE) assieme con NVIDIA allo scopo di creare le condizioni necessarie per realizzare i progetti di intelligenza artificiale sviluppati dal consorzio accademico MLPerf, al quale già si devono notevoli risultati in molti ambiti di ricerca: classificazione automatica di immagini, riconoscimento di oggetti, analisi di immagini biomediche, trascrizione automatica di registrazioni parlate, produzione di testi in linguaggio naturale, analisi cosmologiche eccetera. L’uso di «Alps», quindi, orienterà in maniera significativa le attività del CSCS verso lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale (AI).
Leggendo le prestazioni di supercomputer come «Alps» viene il capogiro, tanto enormi sono i numeri che esprimono le sue potenzialità di calcolo. Probabilmente, anche gli stessi addetti ai lavori, talvolta, debbono arginare il senso di vertigine, creando nuovi termini linguistici per descrivere grandi quantità di dati e informazioni. Ad esempio, da qualche anno, si usano termini come «petabyte» o «exabyte» per descrivere quantità di dati enormi che superano la capacità di descrizione dei termini convenzionali come «gigabyte» o «terabyte».
Termini nuovi che tendono a sbigottirci, ponendoci davanti alle possibilità dei supercomputer come all’infinito leopardiano. Ma gli «interminati spazi» e i «sovrumani silenzi» di Leopardi, a noi di oggi, fanno venire anche in mente il viaggio dell’astronave Discovery alla volta di Giove, a tal segno che ci siamo rivolti alla più famosa intelligenza artificiale di questi giorni, ChatGPT (di recente oscurata in Italia), come ci saremmo rivolti ad HAL 9000 di 2001 Odissea nello spazio, chiedendole: «Ma, secondo te, per un supercomputer esiste l’infinito?»; ottenendo questa risposta: «In termini tecnici, i supercomputer sono in grado di elaborare numeri molto grandi, ma non possono elaborare l’infinito in senso matematico. La matematica definisce l’infinito come un concetto astratto che non può essere raggiunto o quantificato in modo preciso. Anche i supercomputer più potenti sono limitati dalla capacità dei loro componenti hardware e dalle rappresentazioni matematiche utilizzate per elaborare i dati. Quindi, in un certo senso, i supercomputer non possono elaborare veramente l’infinito».
Supercomputer e Intelligenza artificiale hanno bisogno di enormi masse di dati – i big data – raccolti costantemente da fonti che si moltiplicano tutti i giorni, alcune delle quali, forse senza saperlo, sono sempre con noi – come per esempio gli smartphone. Invariabilmente, i più scettici si chiedono in che modo, queste masse di dati elaborate dall’IA, potrebbero essere utili nella nostra vita quotidiana. Gli esempi che si possono fare sono molti. La personalizzazione dell’esperienza, per esempio: i big data possono essere utilizzati per fornire suggerimenti personalizzati sui prodotti e i servizi che potrebbero essere di interesse per un individuo. Oppure la prevenzione delle malattie: i big data possono essere utilizzati per identificare e prevenire malattie su larga scala, analizzando i modelli di comportamento della popolazione e identificando eventuali fattori di rischio. Oppure ancora il miglioramento della sicurezza: i big data possono essere utilizzati per identificare e prevenire crimini, incidenti e disastri, analizzando i modelli di comportamento e identificando eventuali fattori di rischio. Ma potrebbero anche essere utili per sviluppare nuove tecnologie e innovazioni, analizzando i dati e identificando opportunità per migliorare i prodotti e i servizi esistenti.
Se quelli elencati sono effetti tangibili per ognuno di noi, un po’ più astratto è l’uso per così dire «collaborativo» dell’IA, che non solo giocherà un ruolo importante nell’analisi dei dati raccolti dai supercomputer, ma che potrà anche essere utilizzata per identificare modelli e tendenze nei dati, effettuare previsioni e supportare il processo che conduce a prendere decisioni informate. Inoltre, l’IA potrebbe anche essere in grado di suggerire come orientare la strategia di raccolta dei dati. Ad esempio, l’IA potrebbe analizzare i dati raccolti finora e identificare aree in cui sono disponibili dati insufficienti o dove sarebbe utile raccogliere dati supplementari per migliorare la precisione delle previsioni e delle decisioni.
È importante tuttavia notare che l’IA non sostituirà completamente la necessità di esperti umani nella strategia di raccolta dei dati. La comprensione umana e la capacità di valutare i fattori sociali, culturali ed etici sono ancora fondamentali per determinare la direzione della raccolta dei dati e garantire che sia effettuata in modo responsabile ed etico.
Guardando film come 2001 Odissea nello spazio o altri, nei quali sono presenti supercomputer che interagiscono come esseri umani, vien spontaneo chiedersi come si crei un’intelligenza artificiale. Ebbene, l’IA viene creata utilizzando tecniche di apprendimento automatico e di sviluppo del software. I passi fondamentali sono questi: definizione del problema, raccolta dei dati, preparazione dei dati, scelta del modello, addestramento del modello, valutazione del modello, implementazione e utilizzo. Lo sviluppo di un’IA è un processo complesso che richiede competenze interdisciplinari e una comprensione approfondita di tecniche di apprendimento automatico, di sviluppo del software e di programmazione.
Siccome al CSCS si farà affidamento a uno specifico modello di intelligenza artificiale, non abbiamo resistito alla tentazione di fare una seconda domanda a ChatGPT: «È possibile che ci siano intelligenze artificiali in concorrenza?»; ottenendo questa risposta: «Sì, è possibile che ci siano intelligenze artificiali in concorrenza. Ad esempio, diverse aziende o istituzioni possono sviluppare intelligenze artificiali indipendenti per risolvere lo stesso problema, creando una situazione di concorrenza. Inoltre, le intelligenze artificiali possono essere utilizzate in concorrenza tra loro, ad esempio in un gioco o in una competizione».
Dopo una pausa che ci ha ricordato le reticenze di HAL 9000, forse per rassicurarci, ChatGPT ha poi proseguito in questo modo: «Tuttavia, è importante notare che l’intelligenza artificiale non è un’entità autonoma che agisce con volontà e intenzioni proprie. L’intelligenza artificiale è solo un sistema software che utilizza algoritmi di apprendimento automatico per risolvere problemi specifici. La concorrenza tra intelligenze artificiali non è quindi simile alla concorrenza tra individui, ma piuttosto alla competizione tra sistemi software».
Se è vero che l’astuzia del diavolo consiste nel far credere che non esiste, allora, forse, anche l’astuzia di Matrix consiste nel non far capire che, supercomputer dopo supercomputer, con ammiccamenti rassicuranti, sta segretamente tessendo la sua trama.