La Val Calanca si conosce sovente solo di nome perché, pur essendo a due passi da Bellinzona e dalla trafficata autostrada A13, è «solo» una valle laterale della più conosciuta Mesolcina, con la quale va a formare il Moesano, una fetta importante del Grigioni italiano.
Il suo sviluppo segue quello del torrente Calancasca, che sfocia nella Moesa in territorio di Roveredo. La Calanca è una valle discosta e affascinante che si sviluppa dai circa 800 metri di quota fino alle vette più alte che superano i 3000 metri. Risalendola si ha forse l’impressione di andare a finire nel nulla, ma i luoghi che la caratterizzano accompagnano il viaggiatore verso territori, regioni e paesi tutti da scoprire: da Grono presto si entra nella Calanca con la prima località di Buseno e incontrando poi gli altri comuni e le frazioni che la compongono: Molina, Calanca, Arvigo, Landarenca, Braggio, Cauco, Bodio, Selma, Castaneda, Rossa, Augio, Santa Domenica, Valbella e Santa Maria.
A nord la valle sembra non avere sbocchi e difatti la strada carrozzabile prima o poi si ferma. Ma non le vie pedestri che grazie al Sentiero alpino Calanca permettono di percorrere l’intera valle in un paesaggio naturale, in parte selvaggio. La realizzazione del sentiero si deve all’omonima associazione, ASAC, che 45 anni fa mosse i suoi primi passi per la creazione di quest’asse di collegamento tra sud e nord su territorio calanchino. L’idea nacque nel 1973, quando il basilese Wilfried Graf acquistò una casa di vacanza a Selma e cominciò a perlustrare la zona montuosa della Val Calanca assieme alla sua famiglia. Osservando e considerando come i sentieri indicati sulla mappa si rivelassero introvabili, Graf dedicò il suo tempo libero al ripristino di alcuni tratti con l’aiuto di pala e piccone.
Grazie anche al supporto di alcuni giovani arrivati in Calanca tramite scambi internazionali di studenti e ad altri ragazzi della scuola media, l’impegno s’estese a ulteriori sentieri e nel 1978 a Selma venne fondata l’associazione ASAC, inizialmente chiamata «Strade Alte della Calanca», che si impegnò a trovare i fondi e i volontari per la realizzazione dell’ambizioso progetto di un sentiero che percorresse l’intera Calanca fino al San Bernardino. Ogni anno, fino al 1983, giovani volontari, apprendisti e classi di studenti si sono ritrovati per lavorare alla realizzazione del sentiero sulle tracce di alcuni sporadici tratti non curati e non comunicanti fra loro. Gli interventi furono sostenuti principalmente dai contributi dei soci dell’ASAC, mentre per la realizzazione della capanna Buffalora, nel 1981, l’associazione ottenne rilevanti offerte. Negli anni successivi, l’ASAC fece quindi costruire anche i rifugi di Ganan nel 1983 e di Pian Grand nel 1985, anno in cui una valanga distrusse la capanna Buffalora. Soltanto nella tarda estate del 1987 fu inaugurata la seconda capanna in legno (costruita in un settore sicuro) e oggi l’associazione ASAC si occupa principalmente del mantenimento e del miglioramento della segnaletica e dei punti di alloggio o rifugio.
Il cammino alpino non è una passeggiata adatta a tutti e lo si capisce subito leggendo la descrizione del percorso o guardando alcune fotografie. Il sentiero è infatti classificato come T3, richiede quindi un passo sicuro, resistenza fisica, buoni scarponi da montagna e anche discrete capacità d’orientamento e conoscenze di base dell’ambiente alpino. Di regola la traccia è ben visibile sul terreno a alcuni passaggi esposti possono essere assicurati con corde o catene, come racconta Paolo Foa, socio dell’ASAC che il sentiero l’ha già percorso diverse volte: «Sì, il sentiero è segnalato con i tratti rosso-bianco-rosso ed è riservato agli escursionisti esperti e in forma. La via è in buono stato e munita di dispositivi di sicurezza dove necessario, per esempio lungo il Fil de Nomnom che rientra tra i punti più suggestivi del Sentiero Alpino».
All’inizio dell’estate e in autunno il sentiero può essere innevato e alcuni tratti possono essere gelati, rendendo quindi indispensabile, oltre all’attrezzatura idonea per la montagna e scarpe robuste, ricorrere a ramponi e piccozza. Il periodo ideale è di certo l’estate, quando ci si può tuffare in un ambiente naturale in completa tranquillità: «Anche durante l’alta stagione, per lunghi tratti di questo sentiero spesso non si incontrano altri escursionisti e il cellulare non sempre prende», commenta Foa.
Tra i punti caratteristici della traversata ci sono di sicuro i laghetti alpini, come il Lago Cuore o Lagh de Calvaresc, le pareti rocciose come quella nei pressi della Gola Auriglia, oppure gli innumerevoli passaggi con panorami mozzafiato, come il Pass di Passit, Pass de la Cruseta o la Bocca de Rogna solo per fare alcuni esempi.
Il sentiero tocca il punto più alto ai 2515 metri della Cresta Bedoletta e si sviluppa su una distanza di circa 50 km, a dipendenza delle varianti d’accesso scelte dell’escursionista che, durante il cammino, troverà la capanna Buffalora e i tre rifugi come valido punto d’appoggio. «La capanna Buffalora è di certo una tappa centrale del sentiero e prima o poi, tutti gli itinerari scelti transitano in questo punto a 2078 metri di altitudine, dove una comoda e ben arredata struttura dispone di 30 letti con coperte di lana e cuscini, riscaldata e custodita da giugno fino a ottobre con servizio di mezza pensione», conclude Paolo Foa.