Ridare al pedone un ruolo centrale nella mobilità sfruttando il trasporto pubblico per gli spostamenti più lunghi non è una scelta agevole. È una scelta politica che implica un approccio globale ed un cambiamento di paradigma. La ricerca del consenso è lunga, il conseguimento di risultati pure. A che punto siamo in Ticino? E nel resto della Svizzera? Le buone pratiche non mancano, anche se alle nostre latitudini le iniziative sembrano piuttosto frammentarie. Inoltre, si tende a potenziare i mezzi pubblici senza però accordare la priorità al pedone e ai percorsi che lo conducono alle fermate. Per capire e chiarire queste contraddizioni ci siamo rivolti a Jordi Riegg, pianificatore del traffico attivo principalmente a Zurigo, rappresentante in Ticino dell’organizzazione Mobilità pedonale Svizzera.
L’associazione di pedoni, attiva soprattutto a livello nazionale e alla quale aderiscono oggi circa 1500 membri, negli anni Settanta ha giocato un ruolo determinante nell’iniziativa che ha portato all’inserimento nella Costituzione federale dell’attuale articolo 88 sui sentieri e i percorsi pedonali. I primi hanno conosciuto un ottimo sviluppo, i secondi sono ancora oggi al centro del dibattito politico. «La carenza di percorsi pedonali nelle zone abitate, in particolare al di fuori dei grandi centri, è riscontrabile un po’ in tutto il Paese», spiega Jordi Riegg. Lo strumento principale per realizzarli è il Piano Regolatore, di competenza comunale. È quindi chiaro che la situazione a livello nazionale sia tutto fuorché omogenea. Anche i Cantoni giocano un ruolo rilevante, essendo con la Confederazione i principali attori in materia di traffico stradale. Per quanto riguarda i Cantoni di montagna – Ticino, Grigioni e Vallese – non notiamo grandi differenze. Le difficoltà sono sostanzialmente le stesse. La distinzione registrata fra città e campagna sul piano nazionale, dove la prima dispone di una rete pedonale più sviluppata, il Ticino la ripropone a livello di agglomerati e valli».
In molte situazioni i pedoni sono quindi ancora relegati ai margini delle strade ed esposti, oltre al rumore e all’inquinamento, al rischio di incidenti. I dati purtroppo parlano chiaro. Nel 2016 in Svizzera sono avvenuti 2344 incidenti riguardanti i pedoni, di cui 622 gravi e 50 con esito letale (fonte Ufficio federale delle strade USTRA). Rispetto all’anno precedente i decessi sono diminuiti con una tendenza generale al ribasso. «Gli incidenti leggeri sono però ancora numerosi – precisa al riguardo il nostro interlocutore – e 9 su 10 avvengono nell’abitato. Le vittime sono in prevalenza gli utenti più vulnerabili, ossia i bambini e gli anziani. Quest’ultima categoria riveste un’importanza crescente in relazione all’invecchiamento della popolazione, fenomeno che pone nuove sfide anche alla mobilità pedonale. Bisogna riuscire a prevedere le esigenze di mobilità degli anziani del futuro, maggiori rispetto a quelle del medesimo gruppo che si sposta oggi. Considerati i lunghi tempi pianificatori, è urgente agire a livello decisionale».
Sul fronte dei bambini Riegg sottolinea una delle note positive riguardanti la nostra realtà. Il Ticino è infatti uno dei Cantoni all’avanguardia grazie all’elaborazione dei piani di mobilità scolastica. Rimane il fatto che un miglioramento complessivo della rete pedonale permetterebbe di soddisfare le necessità di tutte le fasce di utenti. Lo sviluppo di tale rete è strettamente legato a quello del trasporto pubblico. Rispetto al resto della Svizzera questo servizio in Ticino è meno diffuso. Jordi Riegg: «Benché negli ultimi anni si sia lavorato parecchio in questa direzione, ad esempio con l’introduzione del TILO, nel complesso l’uso del mezzo pubblico resta limitato rispetto ad altri Cantoni. Per avere successo, la strategia deve essere globale. Questo è uno dei punti dolenti in Ticino, assieme alla larghezza dei marciapiedi. Per le famiglie con passeggini e bambini piccoli che camminano assieme ai genitori, per gli anziani con sostegni vari, per i disabili e in generale per un maggior numero di pedoni, sono indispensabili marciapiedi più larghi. Purtroppo spesso ci si limita al minimo imposto dalla legge (2 metri) o, come è avvenuto ancora pochi anni fa a Bellinzona proprio davanti a un edificio del Dipartimento del territorio, si rimane addirittura sotto questa soglia».
Per un’azione veramente incisiva ed innovativa occorre, come sottolineato dal rappresentante di Mobilità pedonale Svizzera, una strategia globale derivante da una precisa volontà politica. «Il cambiamento alla direzione del Dipartimento del territorio sembra indicare quel cambiamento di rotta indispensabile per attuare una nuova politica del traffico», afferma Riegg. «Chiare decisioni in materia devono essere accompagnate da costanza e coerenza in quelle successive. I casi esemplari di mobilità pedonale lo dimostrano».
Quali esempi citare al proposito? Per quanto riguarda i piccoli Comuni, l’intervistato evidenzia quello ticinese di Manno. Negli ultimi quindici anni la pedonalizzazione del nucleo, la sua trasformazione in zona d’incontro e l’introduzione della zona 30, hanno favorito la rinascita degli spazi pubblici e migliorato la qualità di vita. I grandi centri del Ticino e in particolare Lugano dovrebbero però guardare a quanto avviene Oltralpe. «La Città di Zurigo ha deciso già a metà degli anni Ottanta di spostare la precedenza dal traffico motorizzato a quello pubblico e ai pedoni. Solo grazie a questa volontà politica e a tutte le relative decisioni prese nel corso degli anni seguenti è stato possibile raggiungere il risultato attuale. Oggi a Zurigo il trasporto pubblico è efficiente, i pedoni dispongono di spazio e tempi adeguati, mentre il traffico veicolare da e per il centro è stato scoraggiato. A Lugano, ad esempio, si è invece ancora in una fase ibrida. Pur potenziando il trasporto pubblico, i pedoni restano penalizzati (lunghe attese per attraversare le strade), perché la priorità è accordata alla fluidità del traffico».
Affinché anche in Ticino il pedone sia re – come evocato dal titolo di un incontro promosso lo scorso febbraio dall’istituto internazionale di architettura i2a di Lugano al quale ha partecipato anche Jordi Riegg – sono quindi necessari nuovi incentivi e comunque tempi relativamente lunghi. Fra i primi Riegg cita a livello politico l’occasione offerta dalle aggregazioni con relativo adeguamento del Piano Regolatore, le attese modifiche del Piano Direttore cantonale e la realizzazione dei programmi d’agglomerato.
Mobilità pedonale Svizzera lavora a stretto contatto con l’Ufficio federale delle strade USTRA, partecipando a diversi progetti e monitorando la situazione in tutti i Cantoni. L’anno scorso ha realizzato all’indirizzo dei Comuni il manuale di pianificazione «Rete pedonale», edito dall’Ufficio federale delle strade USTRA. Ha inoltre contribuito al progetto delle FFS «Anziani in gamba» volto a facilitare l’uso dei mezzi pubblici e il comportamento da assumere sui marciapiedi. Quest’anno verrà inoltre assegnato per la sesta volta il Premio «Flâneur d’Or» destinato ogni tre anni ai progetti che promuovono e rendono attrattivi gli spostamenti a piedi. Dal 2001 ad oggi diversi progetti ticinesi hanno ricevuto una distinzione o una menzione, come appunto il Comune di Manno nel 2008. I vincitori dell’edizione 2017 saranno premiati il prossimo mese di novembre.
Attraverso un prezioso lavoro svolto in gran parte lontano dai riflettori, Mobilità pedonale Svizzera contribuisce a riportare il pedone e la qualità degli spazi pubblici al centro della politica e della pianificazione del traffico. Gli spostamenti a piedi, oltre ad offrire qualità di vita, sono la base della mobilità. Non va infatti dimenticato che gli utenti della strada più numerosi sono proprio i pedoni.