Vi trovate all’interno di una stanza senza finestre e la porta è chiusa a chiave. Intorno a voi pezzi d’arredo ed elementi di decoro ricordano una stanza d’albergo degli anni 40. Vi avvicinate ad un cassetto ma serve una chiave per aprirlo. Vi starete chiedendo di che videogioco si tratti. Nessuno, in verità. Perché il joystick non esiste e letto ed armadio sono reali. Stiamo parlando dell’escape room, una forma di gioco «reale» di recente creazione, che sta conoscendo un notevole successo.
Le escape room – letteralmente «stanze da cui fuggire» – sono delle camere allestite a tema, dotate di videocamere (per monitorare a distanza la giocata), impianti sonori ed eventualmente effetti speciali, all’interno delle quali i giocatori devono trovare indizi e usare gli oggetti presenti per risolvere una serie di giochi di logica e osservazione con lo scopo di scoprire i retroscena della trama e uscire. Il tutto in un tempo massimo di 60 minuti. A disposizione si ha soltanto il proprio intelletto. «Prima di iniziare a giocare cellulari ed altri oggetti personali che potrebbero facilitare la risoluzione vengono fatti depositare, dal momento che per esplorare il contesto e trovare la via di fuga servono soprattutto intuito, rapidità, fantasia e capacità di osservazione ed interpretazione», commenta Andy Restaino, titolare di BLockaTI, la prima escape room ticinese, aperta lo scorso settembre a Giubiasco.
Il fatto di trovarsi chiusi all’interno di un ambiente sconosciuto allestito secondo un determinato tema ed avere un tempo limitato per risolvere una situazione è sicuramente destabilizzante. Ci sono delle attività da svolgere, bisogna cercare degli oggetti, usarli e creare dei collegamenti, e non è quello a cui siamo abituati, soprattutto in un contesto che si fa sempre più virtuale. Si tratta in questo senso di un gioco anacronistico in una società basata sulla fruizione passiva, che porta spesso a restare effettivamente chiusi, ma nella propria stanza o comunque nella propria abitazione, davanti ad uno schermo. Quella che si vive in un’escape room è quindi un’esperienza unica, che va oltre il gioco e regala l’impressione di vivere l’avventura di un film o di un videogioco. «La prima escape che ho provato è stata a Torino nel 2015. Non ero a conoscenza dell’esistenza di queste forme di intrattenimento e non avevo idea di cosa aspettarmi», commenta Andy Restaino, «questo può giocare un brutto scherzo soprattutto in termini di tempo; un’ora non è infatti molto e la consapevolezza di avere i minuti contati fa produrre adrenalina».
Bisogna riuscire a mantenere la mente lucida e ottimizzare ogni istante. In questo viene in aiuto il fatto di non essere da soli ma di partecipare ad un coinvolgente gioco di squadra, in cui partecipano in genere da 2 a 6 persone. Il segreto per il buon esito di questo gioco di fuga dal vivo sta proprio nella collaborazione tra i partecipanti. Ogni elemento del gruppo porta infatti le proprie specificità, che, messe assieme, possono condurre alla vittoria. Questa è una delle chiavi del successo della nuova frontiera di divertimento immersivo, in cui i giocatori sono gli «eroi» della storia e non dei semplici spettatori passivi.
Altri elementi che suscitano l’interesse, anche da parte di studiosi, per questa forma di intrattenimento intelligente sono la scelta volontaria di rinunciare a libertà e privacy (nelle stanze si viene chiusi e ripresi dalle videocamere) e lo stress che questa situazione può generare.
Queste stanze in cui il gruppo prevale sull’individuo e la fisicità sulla virtualità sono nate una decina di anni fa; le fonti di ispirazione sono diverse e vanno dalle opere di Agatha Christie ai videogiochi sviluppati dal giapponese Takao Kato, passando per film come Cube, Saw – l’enigmista o The Experiment. Nel corso degli anni sono diventate sempre più popolari un po’ in tutto il mondo; dal 2015 il gioco ha preso piede anche in Italia, Paese che può vantare il primato della più grande escape room d’Europa, il Maniac Palace di Milano. In Svizzera se ne contano decine.
Come detto, la prima escape room aperta sul territorio ticinese è stata BLockaTI, a Giubiasco, che tra poco festeggerà il primo anno di attività: «Finora hanno partecipato circa 450 squadre, provenienti da tutto il Ticino, in alcuni casi anche da oltre Gottardo. Considerando che si tratta di un’attività non ancora molto nota alle nostre latitudini non ci aspettavamo un tale successo, per cui non possiamo che ritenerci soddisfatti», commenta il titolare.
A Lugano ad aprile ha aperto la seconda escape room ticinese e una terza aprirà alla fine di agosto a Taverne. «L’escape room di Taverne è opera di 4 ragazzi che hanno vissuto la prima esperienza da noi; dopodiché ne hanno provate una quindicina e hanno deciso di aprirne una propria», racconta Restaino.
La struttura di Giubiasco ha aperto con una stanza chiamata «The Travel», sostituita a febbraio da «The Great Escape», la cui sfida consiste nel recuperare un prezioso manufatto egizio dalla sala di un museo. «Dal mese di luglio abbiamo due stanze in contemporanea, dal momento che “Room 608” è venuta ad affiancare “The Great Escape”. Si tratta in questo caso di una storia noir, in cui i partecipanti devono ripercorrere le indagini compiute da un detective riguardo ad un efferato delitto avvenuto in una stanza d’albergo, che noi abbiamo appunto allestito. L’idea è di avere una stanza nuova ogni 6-8 mesi circa». Se oltre frontiera vi sono delle escape room che fanno vivere al concorrente situazioni capaci di procurare stress, paura e ansia, anche per mezzo della comparsa di figuranti, presso la struttura di Giubiasco le stanze sono «soft», e frequentate prevalentemente da persone di età compresa tra i 25 e i 35 anni. «In realtà si prestano molto bene anche a famiglie ed aziende. Non sono infatti pochi gli specialisti delle risorse umane che prendono contatto con noi perché interessati all’attività che proponiamo in un’ottica di team building», conclude uno degli autori delle prime escape room ticinesi.