Zurigo, Lugano, Milano e altre destinazioni

/ 16.01.2017
di Angelo Rossi

L’economia ticinese si trova a una svolta. Nei prossimi 20 anni, dovrà affrontare le conseguenze negative della limitazione dell’immigrazione, quelle di una possibile rottura definitiva con l’Europa, quelle derivanti dal ridimensionamento del settore finanziario, quelle dovute all’invecchiamento della popolazione e, dulcis in fundo, quelle della svolta energetica. Per chi si occupa di previsioni economiche non mancano quindi i soggetti su cui riflettere. Tuttavia le analisi oggettive su quello che potrebbe capitare e, soprattutto, le riflessioni su che cosa si dovrebbe fare fanno ancora difetto. In uno studio sull’Alptransit, appena pubblicato (Zurigo, Lugano, Milano, edito da Dadò), i ricercatori dell’IRE cercano di metter riparo a questa situazione.

Si può infatti affermare che, nella loro pubblicazione, l’Alptransit non è che il pretesto per indagare su che cosa succederà nell’economia ticinese nei prossimi anni. In effetti il loro campo di osservazione comprende l’insieme dell’economia cantonale e tiene conto anche di sviluppi che potrebbero manifestarsi solo tra qualche anno. Sei sono le analisi raccolte nella pubblicazione. Per carenza di spazio non le tratterò singolarmente. Mi limiterò ad elencare, un po’ alla rinfusa, quei risultati dell’analisi che mi hanno maggiormente colpito. Comincerò dai fattori di localizzazione – ossia dall’attrattività economica – che gli autori dello studio hanno valutato per l’insieme del cantone e per Lugano.

In generale le due valutazioni si somigliano. Rispetto ai fattori di localizzazione molto importanti Ticino e Lugano difettano infatti per quel che riguarda la convenienza degli immobili, la disponibilità di lavoratori altamente specializzati e di lavoratori con qualifica professionale, la disponibilità di spazio attorno allo stabilimento, le condizioni fiscali e il prezzo dell’energia. Se questa è la percezione delle carenze in materia di disponibilità di fattori di localizzazione da parte delle aziende che si trovano in Ticino, un po’ diversa è la valutazione che delle stesse fa il sottogruppo delle aziende immigrate, dal resto della Svizzera o dall’Italia. Gli imprenditori confederati lamentano soprattutto la mancanza di mercati finanziari, di lavoratori qualificati e le condizioni del traffico; quelli italiani trovano, oltre che nel traffico, anche nel mercato immobiliare i maggiori svantaggi di una localizzazione aziendale in Ticino.

Osserviamo poi che gli autori di questa pubblicazione non si sono limitati a valutare l’attrattività economica del Ticino, ma hanno anche cercato, novità assoluta nel campo delle ricerche regionali nostrane, di valutarne la possibile repulsione, ossia i fattori che potrebbero indurre le aziende localizzate da noi a rilocalizzarsi fuori cantone.

Nel formulario distribuito alle aziende la domanda sulla possibile rilocalizzazione è stata formulata in tre varianti: la prima prevede la rilocalizzazione entro 5 anni, senza precisare la ragione per la quale l’azienda prenderebbe questa decisione; la seconda, la rilocalizzazione in caso di revisione degli accordi bilaterali con l’UE e, la terza, in caso di rivalutazione del franco. Solo il 4,4% delle aziende che hanno partecipato all’inchiesta reputano probabile una loro rilocalizzazione entro 5 anni. Questa percentuale sale al 4,8% in caso di rivalutazione del franco e al 7% in caso di revisione dei bilaterali. La pubblicazione dell’IRE parla di imprese e non di posti di lavoro. Si può comunque stimare che, se il campione di imprese che ha partecipato all’inchiesta fosse statisticamente rappresentativo, la revisione degli accordi bilaterali potrebbe far perdere all’economia ticinese circa 15’000 posti di lavoro (caro lettore, questa cifra non sta nella pubblicazione: è una stima che ho fatto io partendo dai risultati dell’inchiesta IRE).

In definitiva, da questo studio si evince che Alptransit avrà effetti positivi sullo sviluppo di medio e lungo termine, in particolare per quanto concerne le relazioni di Lugano con Zurigo. La conclusione degli economisti dell’IRE è però che l’impatto dell’Alptransit sarà molto minore di quello che potrebbe essere, se il cantone non cercherà di rafforzarlo con politiche che favoriscono l’innovazione tecnologica (che apparentemente sono già in atto) e con una riforma fiscale a favore delle imprese (vedremo tra un mese che cosa pensa l’elettorato a questo proposito). In seconda battuta non farebbero male anche misure destinate ad aumentare l’attrattività territoriale.

A queste conclusioni sull’impatto di possibili diverse combinazioni di misure politiche gli autori della pubblicazione arrivano dopo aver trattato con metodi statistici le valutazioni fatte da un gruppo di esperti. Si sa che, in casi come questi, le valutazioni che si raggiungono non sono indipendenti dalla composizione del gruppo di esperti che le fa, anche quando le informazioni vengono trattate con metodi sofisticati. È uno dei pochi nei di questa pubblicazione quello di non aver reso noto la composizione dei panel di esperti consultati.