La scorsa volta ci siamo lasciati con la necessità di una teoria della natura umana capace di contrastare le teorie economiche liberiste, il culto delle macchine e l’antiumanesimo dilagante. Paul Mason, uno dei pensatori di riferimento della nuova sinistra radicale e autore del saggio Il futuro migliore. In difesa dell’essere umano. Manifesto per un ottimismo radicale, riflette e ci spinge ad interrogarci su quale tipo di futuro politico, economico e sociale sia possibile in un mondo in cui le condizioni e i termini stessi di quel futuro non sono più stabiliti dagli Stati nazione, bensì dalle multinazionali del settore tecnologico.
Attraverso gli schermi dei nostri dispositivi intelligenti le grandi aziende e i governi, grazie agli algoritmi, controllano sempre i nostri movimenti riuscendo così a prevedere le nostre prossime mosse, ad influenzare i nostri comportamenti e le nostre azioni. In futuro, con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, c’è il rischio concreto di perdere del tutto il controllo sulle macchine informatiche.
Paul Mason ci mette in guardia dallo strapotere, dall’egemonia del controllo algoritmico su di noi e lo fa con un esempio molto semplice, quello dell’aeroporto, delineando quale mondo ci attende se non prendiamo in mano per tempo il nostro futuro. Partendo dalla premessa che una volta messo piede in una struttura aeroportuale le regole cambiano e si fanno più rigide, il giornalista ci descrive l’iter al quale ognuno di noi viene sottoposto «Il banco del check‐in accerta la vostra identità e il controllo sicurezza è un minialgoritmo in sé e per sé: le persone si muovono come gli viene ordinato, tirano fuori il portatile dalla borsa come se ne andasse della propria vita, si sottopongono alla subroutine di una perquisizione corporale. Quando il vostro passaporto viene scansionato, tutti i fatti rilevanti che lo Stato conosce su di voi vengono verificati, mentre un sottoprogramma di riconoscimento facciale si accerta che siate la stessa persona che si è presentata al banco del check‐in pochi minuti prima. Alla porta d’imbarco, cominciano gli algoritmi del privilegio economico: i ricchi si imbarcano per primi, i poveri per ultimi». Il giornalista ci dice che lo strapotere della tecnologia informatica sta trasformando le nostre vite quotidiane nell’equivalente di un aeroporto in cui i fattori dominanti sono le esigenze degli Stati e delle grandi aziende. Con la differenza che se negli aeroporti il controllo esercitato su di noi è evidente, nella nostra interazione quotidiana con le macchine è nascosto. Veniamo controllati e non ne siamo consapevoli ma, fatto più grave, nessun regolamento si preoccupa di limitare, contenere questo tipo di controllo e la società non sta valutando adeguatamente gli aspetti etici.
Quando si dice che le disgrazie non arrivano mai da sole è necessario comprendere che se da un lato stiamo assistendo ad una crescita del potere algoritmico del controllo e ad una capacità delle macchine di muoversi in autonomia, di impartirsi istruzioni da sole senza la competenza o l’interazione dell’essere umano, dall’altra viviamo una pressante crisi politica, morale ed economica, resa ora più acuta dagli effetti pandemici. Dunque se non vogliamo vivere nel feudalesimo digitale prospettato dal sociologo e giornalista Evgenij Morozov in cui la diseguaglianza, le asimmetrie di potere e di conoscenza alimentate dalla tecnologia diventano delle voragini incolmabili e al mercato si sostituisce una nuova relazione tra le aziende tecnologiche e la massa di persone basata su un’idea di schiavitù e assoggettamento, dobbiamo muoverci. Non possiamo pensare che prima o poi se ne occuperà un comitato etico, una conferenza informatica, una rivista scientifica o magari la generazione futura. Dobbiamo prendere in mano il nostro futuro, informarci, documentarci, capire in quale mondo viviamo e opporci.
Paul Mason ci invita a compiere piccoli, quotidiani atti di sfida per liberarci dallo strapotere tecnologico e una servitù basata sulla manipolazione dei dati che noi produciamo.