Verso il grande Nord

/ 02.01.2023
di Claudio Visentin

Prima di addentrarci nel nuovo anno, vogliamo provare a ricapitolare cos’è successo d’interessante negli ultimi sei mesi nel campo dei viaggi e del turismo?

Per cominciare si è molto sgonfiato il tanto atteso revenge tourism, ovvero un nuovo, fortissimo desiderio di viaggiare per rifarsi del tempo perduto durante l’isolamento. Gli entusiasmi hanno dovuto misurarsi con qualche ritorno di fiamma del virus e soprattutto con la guerra infinita in Ucraina, oltre a inflazione e costi aumentati, rinvii, cancellazioni e caos generale (soprattutto nei cieli).

Nel frattempo diverse destinazioni, nonostante vengano da anni difficili, hanno mostrato chiaramente di non voler tornare al passato. Apripista è Amsterdam: non solo la città olandese da tempo non si promuove più sui mercati internazionali, ora ha anche cominciato a scoraggiare attivamente (Stay away!) quei turisti molesti, soprattutto inglesi, interessati solo ad alcool, droga e prostituzione. E, nel loro piccolo, due villaggi catalani, Rupit i Pruit e Siurana, a sorpresa hanno rifiutato di essere inclusi tra i borghi più belli di Spagna, nel timore di veder arrivare troppi visitatori.

La ripartenza in grande stile del turismo è stata frenata anche da giustissime preoccupazioni ambientali, sottolineate da un’estate insolitamente torrida e prolungata. Ecco perché treni e autobus ‒ decisamente più sostenibili ‒ hanno cominciato a erodere gli spazi di mercato dell’aviazione, che per parte sua non riesce ancora a superare la crisi degli ultimi due anni.

Altre conseguenze? A quanto sembra il grande caldo fa desiderare il grande freddo e dunque è sempre più forte l’interesse per i Paesi nordici. L’Islanda è senza dubbio in cima alla lista dei desideri. Nel 2014 l’italianista Claudio Giunta intitolò il suo libro di viaggio in quel Paese Tutta la solitudine che meritate (non proprio uno slogan turistico). Ma oggi essere soli a quelle latitudini non è facile. L’Islanda non ha neppure bisogno di promettere troppo e infatti in un divertente video prende in giro i turisti spaziali: se cercate paesaggi infiniti, deserti rocciosi, vulcani, basta venire in Islanda (o andare in Groenlandia, v. pag. 9). Aggiungete che oltre metà della popolazione terrestre, secondo un recente sondaggio, preferirebbe investire nel nostro pianeta i soldi destinati al turismo spaziale, considerato non senza ragioni uno spreco di risorse.

Anche le isole Faroe sono richieste. Il locale ente turistico offre vitto e alloggio gratis in cambio di tre giorni di lavoro, prendendosi cura dei sentieri. In quei giorni d’aprile 2023 l’arcipelago sarà «chiuso per manutenzione» e i cento volontari previsti avranno le diciotto isole tutte per loro. Unica difficoltà: pronunciare correttamente il nome Slættaratindur, la vetta più alta delle Faroe, dove sono previsti gli interventi del prossimo anno.

Altri si spingono sino all’Artico, attratti dalla vastità degli spazi, i fiordi, la neve, il ghiaccio, i silenzi, l’aurora boreale, il sole di mezzanotte. Inoltre – i puristi devono farsene una ragione – queste terre sono anche molto instagrammable e funzionano benissimo nel tempo dei social. Anche per questo nelle regioni più settentrionali di Finlandia, Norvegia e Svezia i numeri sono già quelli del 2019, come se nulla fosse accaduto nel frattempo. Lentamente anche i voli diretti e le strutture per l’accoglienza stanno migliorando. Semmai manca il personale: se appena sapete guidare una slitta trainata dai cani, avete un posto di lavoro assicurato. E se volete lasciarvi tutto il mondo a sud, per la prossima estate ci sono cento posti disponibili a bordo della nave rompighiaccio più grande del mondo, la 50 Let Pobedy, (il nome significa «50 anni di vittoria» in russo e si riferisce al trionfo dell’Unione sovietica nella Seconda guerra mondiale). Il suo scafo rosso è lungo quasi 160 metri; da Murmansk naviga a 20 km all’ora attraverso l’Oceano artico in direzione della Terra di Francesco Giuseppe, l’arcipelago più settentrionale d’Europa. Spinto da una coppia di reattori nucleari da 171 megawatt, il colosso si fa strada fragorosamente rompendo una lastra di ghiaccio spessa tre metri. Lo spettacolo è grandioso e di certo questa è l’unica forma di nucleare russo che vorremmo vedere all’opera nel 2023.