Vaccini: l’Ue non ha fatto così male

/ 11.01.2021
di Paola Peduzzi

I lockdown delle feste non hanno portato i risultati sperati, così molti Paesi, a cominciare da Regno unito e Germania, stanno prolungando le misure restrittive per cercare di contenere il contagio del Coronavirus, in tutte le sue nuove varianti (che spaventano più i cittadini degli scienziati, va detto). Intanto sono iniziate le campagne di vaccinazione in tutta Europa, a ritmi diversi a seconda dei Paesi ma con polemiche più o meno simili riassumibili in: si va troppo lenti. C’è un problema di percezione: nell’emergenza permanente causata dalla pandemia molti Governi si sono scordati di manage expectations, come dicono gli inglesi, cioè di gestire le aspettative delle persone. Per molto tempo la fine della pandemia è stata associata al vaccino e, anche se gli esperti si sono affannati a ripetere che il vaccino non era una bacchetta magica, molti hanno pensato che invece sì, il vaccino era la salvezza immediata e contestuale. 

Stiamo scoprendo che non è affatto così e che anzi, la gestione della vaccinazione è un lavoro complesso al quale forse ci si poteva preparare con un po’ più di anticipo e precisione.

Nelle classifiche europee la Danimarca è il Paese con il tasso più alto di vaccinazione: 0,78 persone vaccinate ogni cento abitanti. La Germania, che ha introdotto un modello molto efficiente dal punto di vista dell’approvvigionamento e della logistica della vaccinazione, è il Paese che ha somministrato più dosi di vaccino in assoluto, anche se il numero di iniezioni pro capite non è altissimo: 0,23 per cento (in crescita). L’unico punto positivo, spesso sottostimato nelle polemiche, è che il processo di vaccinazione non può che andare più veloce e crea un altro effetto virtuoso quando l’immunizzazione comincia a diventare ampia.

A chiudere la classifica è la Francia, che si è dotata anche di un «monsieur vaccino», Alain Fischer. C’è un’enorme insofferenza contro il Governo e contro il presidente Emmanuel Macron, però al fondo della questione c’è il fatto che la Francia ha uno Stato molto centralizzato le cui inefficienze si vedono di più quando si deve mettere in atto una campagna capillare sul territorio, lontana cioè dal centro.

Ma come spesso accade nel nostro Continente, le critiche più grandi sono rivolte all’Unione europea che, secondo l’accusa, non avrebbe fatto abbastanza – né bene – per dotarci tutti di una strategia vaccinale funzionante. Lentezza, miopia, scommesse sbagliate: la polemica contro l’Ue si muove lungo le solite linee che hanno a che fare con la gestione di 27 Paesi, per sua natura più lenta e più macchinosa rispetto, per dire, agli Stati Uniti o adesso al Regno unito appena uscito dal consesso europeo.

Gli analisti europei ribaltano la questione e chiedono: cosa sarebbe accaduto se invece che l’Ue a gestire la strategia dei vaccini fosse stato ogni singolo Paese? Con tutta probabilità, è la risposta, ci staremmo lamentando molto di più. Invece nonostante gli ostacoli, le negoziazioni e le lentezze fisiologiche, l’Ue è riuscita a firmare sei contratti per quasi due miliardi di dosi: un quantitativo più che sufficiente per vaccinare i suoi 450 milioni di cittadini. Il prezzo pagato dall’Ue è inferiore a quello che le case farmaceutiche hanno negoziato con i singoli Stati, come gli Stati Uniti e il Regno unito. La ratio della ripartizione è ugualitaria: le dosi vengono distribuite pro rata in base alla popolazione, malgrado il fatto che alcuni Paesi siano più pronti di altri con la vaccinazione nazionale.

In più il portafoglio dei vaccini è ampio: 300 milioni di dosi di Pfizer-BioNTech, 160 milioni di Moderna, 400 milioni di vaccini di AstraZeneca, 300 milioni di Sanofi-Gsk, 400 milioni di Johnson&Johnson. La diversificazione, fatta peraltro in un momento in cui non c’era un vaccino «vincente», contribuisce a ridurre i rischi.

Va poi ricordato che, pure se nell’emergenza e nella mancata preparazione ce lo si dimentica, i singoli Paesi hanno partecipato e approvato il negoziato europeo: le scommesse su questo o quel vaccino, per dire, sono state decise tutti insieme e approvate tutti insieme.

Oggi poi i problemi che si riscontrano in ogni Paese sono fuori dalle competenze dell’Ue: ogni nazione deve badare alla propria campagna di vaccinazione. Semmai l’Ue sta cercando di dare una mano, chiedendo di costruire nuove fabbriche per la produzione dei vaccino, ribadendo la necessità di formare il personale sanitario e dotarsi di più strutture possibili per la somministrazione. E poi, certo, c’è il Recovery fund.