Mi chiedono di tessere l’elogio della Liguria, il mare di noi piemontesi. Ci provo, in base ai miei ricordi di quando d’estate portavo i figli piccoli a fare i bagni di mare, sperando invano che una provvidenziale telefonata mi obbligasse a rientrare subito al lavoro. In Liguria il bene più prezioso è il posto macchina, difeso con astuzia, ferocia e accanimento. Non sono ritenute sufficienti le strisce di vernice gialla a delimitare il perimetro, né i vistosi cartelli che proclamano «Proprietà privata. Vietato l’accesso» messi all’inizio di tutte le strade che si inerpicano in collina. È in atto una gara di ingegnosità nell’inventare picchetti piantati a terra con catenelle chiuse da lucchetti come quelli delle tombe di famiglia. Al centro del rettangolo dispositivi a molla sembrano trappole per topi che solo un codice segreto detenuto dal capo famiglia è in grado di disinnescare. Persino l’area sotto i piloni del viadotto ferroviario che altrove è terreno demaniale è stata lottizzata e picchettata.
In compenso un negozio su tre vende focaccia. Un terzo del Pil della Liguria è frutto dello smercio della focaccia genovese. Sulla base di pasta si sperimentano gli accoppiamenti più fantasiosi, compresi quelli contro natura, frutta, verdura, formaggi, erbe aromatiche, affettati, melograni, tutto va bene sulla focaccia ligure, purché la faccia pesare come piombo. Se compri quella semplice, senza niente, ti guardano come se fossi un accattone. Albergo, pensione, campeggio? No, con i bambini è meglio la casa in affitto.
Eccoci al passaggio di consegne con la padrona, fra mille raccomandazioni, mentre i bambini già saltano con le scarpe sul divano foderato di bianco e collaudano la pompa per innaffiare le piante dirigendola sul balcone dei vicini. La spiegazione più lunga e dettagliata è sul funzionamento delle serrature. I mazzi di chiavi sono due e, sempre, uno funziona e l’altro no. Il mazzo che non funziona finisce in tasca a chi rientra prima dalla spiaggia con la spesa per preparare il pranzo. Gli altri che tornano pensando di fare una rapida doccia e di sedersi a tavola lo troveranno in lacrime seduto sul primo gradino della casa. «Questo mazzo di chiavi non funziona». «Fammi provare» e Tac! Le porte si aprono. Al mattino presto, quando sei sceso a prendere i giornali, hai comprato anche un paio di bottiglie di Vermentino o di Pigato e ti sei affrettato a metterli in frigo, nei piani alti. Per tutto il giorno soffri il caldo e la sete ma ti consoli pensando al vino ghiacciato che ti aspetta a casa e che tirerai fuori all’ultimo momento, quando già tutti sono a tavola. «Avete mica visto dov’è il cavatappi?» Nessuno ti fila, loro bevono acqua o aranciata. Seconda domanda, con voce stridula e venata da panico incipiente: «Qualcuno per favore mi aiuta a trovare il cavatappi? Deve pur esserci a qualche parte». In una casa provvista di tutto, dall’estrattore di conchiglie marine, alle tenaglie per rompere le chele dell’aragosta, un semplice, qualunque, volgare cavatappi non c’è.
Tutto sommato però, vale la pena fare qualche sacrificio perché le ore trascorse in spiaggia sono impagabili. I concessionari degli stabilimenti hanno l’accortezza di allineare le sdraio una accanto all’altra, così sembra di stare seduti in platea a teatro e non è un problema attaccare discorso con i vicini d’ombrellone. E in ogni caso ascoltare le loro conversazioni. «Io vengo sempre ad Arma di Taggia, è il posto dove mi trovo meglio». «Mia cognata sostiene che l’acqua della Liguria è scadente. Dice che è meglio l’acqua dell’Adriatico perché la disinfettano». «Però sa di cloro». «La Liguria è più sana perché e riparata dalle montagne e sul mare c’è sempre un po’ di vento che porta via lo smog». «Però in Liguria l’acqua è cattiva» «Se lei va a Comacchio è peggio perché lì ci sono le zanzare».
Ci ritroviamo tutte le estati in Liguria, ansiosi di raccontare ai vicini di ombrelloni i nostri viaggi all’estero. «Abbiamo comprato il pacchetto tutto compreso e siamo andati a Torre Molinos. Quindici giorni. Ti danno da mangiare, scusi il termine, come porci. Sono piatti diversi dai nostri, il primo giorno lei si abbuffa, il secondo vomita». «Noi invece siamo andati a Tangeri e al ritorno ci siamo fermati alla rocca di Gibilterra che è un pezzo d’Inghilterra. C’erano le scimmie con tanto di cartello, non toccatele». «In questo gli inglesi sono spietati». Le conversazioni sono interrotte continuamente dai bambini che vengono a chiederci se possono fare il bagno. Guardi l’ora, non è ancora trascorso il tempo sufficiente dopo la colazione. Quando puoi dare il via, hanno cambiato idea, non vogliono più saperne, preferiscono giocare a beach volley. Alla sera c’è un’ampia offerta di serate musicali, blues, jazz, gospel. I musicisti in cartellone sono sempre in ritardo; per ingannare il tempo ascolteremo per un paio d’ore un gruppo locale che suona musiche celtiche con una zampogna e una ghironda: chi la suona trascorre metà del tempo ad accordarla e l’altra metà a suonarla scordata. Un’ora per sistemare microfoni e altoparlanti e finalmente si parte. Ed ecco l’effetto zampogna: comincia a piovere.