Cara Silvia,
le sto scrivendo una lettera ben sapendo chissà quante ne ha ricevute, negli anni, simili alla mia. In un certo senso conosco già quello che mi risponderà eppure attendo con ansia di leggere la prossima «Stanza del dialogo» perché le parole (dette e scritte) sono l’unico farmaco per il mio dolore. Quest’estate mi sono trattenuta al mare più del solito perché, conclusa la maturità, per la prima volta non avevo nessun impegno di studio. Ed è lì che ho conosciuto lui, Guido, un ragazzo un po’ più grande di me, timido e solitario anche se corteggiato da tutte. Non mi sembrava vero che lui avesse scelto me, altrettanto timida e solitaria. È stato amore a prima vista con tutto il corredo romantico che lo accompagna: baci da capogiro, bagni al chiar di luna, giri in bicicletta, scambio di piccoli regali, confidenze sul passato e sul futuro forse sogni. Tornati a casa (300 km di distanza) incominciamo una relazione a distanza in cui credevo molto e mi getto a capofitto. Partiamo alla grande con lettere, foto, video, audiomessaggi… Ma lui tarda man mano a rispondere (dice che è molto impegnato) finché confessa che mi ama ancora, che mi amerà sempre ma non se la sente di impegnarsi e non vuole farmi soffrire… Ieri, dopo ventidue giorni si fa vivo per chiedermi come sto. Ma come vuole che stia!! Gli devo rispondere? /Cristina
Cara Cristina,
hai ragione è una storia vecchia come il mondo. Gli amori estivi svaniscono con l’abbronzatura ed è meglio riporli nel cassetto dei ricordi. Col passar del tempo e il venir meno della giovinezza, diventano sempre più piacevoli ma in un primo momento feriscono come una scottatura che brucia. E hai ragione: le parole cercano di coprire le ferite come un unguento lenitivo.
Suppongo che, mentre stavate vivendo il vostro breve amore, non abbiate avuto bisogno di tante dichiarazioni. Al primo bacio si addice il silenzio. Ci si avvicina, ci si tocca, ci si abbraccia, i corpi parlano da soli. Dopo invece, quando cala il sipario, si tenta di chiarire, di spiegarsi, di giustificarsi, forse per mantenere un estremo filo di contatto.
Mi chiedi se rispondere a quel «come stai?» sia opportuno o no. Vedi tu, se ti fa piacere… ma credo che non servirà a niente se non a prolungare l’agonia di un amore già spento. Un tempo le fanciulle abbandonate scrivevano un diario e lo riponevano, come un segreto, in uno scrigno chiuso a chiave. Ora sappiamo che abbiamo bisogno di comunicare pensieri e parole e che, solo condividendoli, riusciamo davvero a comprenderli. Nel repertorio degli addii ci sono tante frasi fatte («non sono degno di te»; «ti amo troppo»; «prendiamoci una fase di riflessione») ma il senso è uno solo: la nostra storia è finita.
Temi che una conclusione così netta finisca per distruggere l’incanto dell’innamoramento e che il sospetto dell’inganno trasformi Guido, che resterà sempre il «primo amore», in un odioso traditore. Ma non è così che vanno le cose. Se sei tornata dalle vacanze volando nel cielo blu significa che hai vissuto una bella esperienza, che lo scambio era reciproco. La felicità non mente anche quando non dura.
In fondo, scrivendoti che non se la sente di impegnarsi, Guido afferma una realtà che vale anche per te. Siete così giovani! E così lontani! Non per questo sconfessa di averti amata. Quando ci si «sgancia» da una persona che è stata importante per noi è difficile trovare parole adeguate ma è meglio essere franchi e risoluti che avvoltolarsi in un gomitolo di illusioni e delusioni.
Spetta ora a te prendere le distanze da quella che resterà un’estate indimenticabile e raccontartela conservando l’incanto di allora senza appannarlo con sospetti e tormenti.
I sentimenti che abbiamo vissuto, le emozioni che ci hanno fatto battere il cuore, rimangono, anche quando non ci sono più, nello scrigno della memoria, il più prezioso che abbiamo. Solo così potrete, entrambi, inoltrarvi con leggerezza vigile nel futuro che vi attende ove troverete, ne sono certa, la persona giusta per costruire, senza rancori e rimpianti, una vita insieme.