Cara Silvia,
leggendo la lettera del 24 agosto, «Le contraddizioni del cuore», inviata da Gianna, ho scoperto che per certi versi raccontava la mia stessa situazione e affrontava le mie stesse domande. La risposta che le ha dato mi ha fatto venir voglia di averne una anch’io.
Mentre il Covid-19 cambiava la vita di tutti, mi sono trovata a fare i conti con la mia. Conti difficili quando si sono superati i cinquanta, si hanno due figli di 16 e 18 anni, ancora studenti, un marito che definire una «nullità» è poco, un vecchio cane e… un colpo di testa che mi sembrava necessario e inevitabile. Invece, man mano che passa il tempo, i motivi sbiadiscono ed emergono le conseguenze.
Il lockdown ha esasperato le tensioni e dopo vent’anni di matrimonio mi sono trovata a dire: BASTA! Basta vivere accanto a un marito che non mi vede, a due figli maschi pigri e disordinati, a un cane che sbava e perde pelo, basta sfiancarmi per metter ordine nel caos, lavare, stirare e cucinare per maschi ingrati e perennemente affamati. E, per giunta, impegnarmi a distanza in un’occupazione che non mi va, agli ordini di un capufficio che non vuol prendere atto che non si può continuare come niente fosse. Altre, nelle mie stesse condizioni ce l’hanno fatta, io no. Le ammiro e nello stesso tempo le compiango perché non si può chinare la testa e accettare tutto senza reagire.
Insomma un giorno ho preso tutte le mie cose e sono andata a vivere da sola, decisa a chiedere la separazione. I maschi di casa sono rimasti sconcertati (non si erano accorti di niente?) ma, di fronte alla mia ostinazione, hanno lasciato perdere e si sono organizzati, dio sa come!
All’inizio è stato bellissimo tornare ragazza, padrona del mio tempo, dei miei pensieri. Ho trascorso una piacevole vacanza al mare con un’amica di vecchia data ma ora che tutto ricomincia mi chiedo: che cosa me ne faccio della mia libertà? La prego, mi aiuti a trovare una risposta! / Maria
Cara Maria,
sono sorpresa anch’io della coincidenza ma, dopo tanti anni di ascolto, mi rendo conto che, ciò che della nostra storia crediamo eccezionale, unico e irrepetibile è in realtà comune a molti. Vivere negli stessi anni, magari negli stessi luoghi, provoca difficoltà analoghe, ciò che varia è il modo di considerarle e di risolverle. Di conseguenza variano le mie risposte tenendo conto che le persone sono diverse e ognuno reagisce ai conflitti in modo particolare.
Nel tuo caso la pandemia, l’isolamento ha esasperato l’insofferenza che Gianna ha incontrato un anno fa. Il lockdown ha costituito la classica goccia che fa traboccare il vaso ma non è l’unica causa. Sono d’accordo con te che il tuo malessere ha radici lunghe ma riconoscerlo può divenire un bene. Le crisi offrono l’occasione di riflettere e cambiare ciò che non va. La classica educazione femminile suggeriva di non reagire, di adattarsi alla realtà, di accettare la propria infelicità per proteggere il benessere degli altri. Senza considerare che quando una mamma sta male nessuno in famiglia può star bene.
Per fortuna negli ultimi anni molte cose sono cambiate e stiamo imparando a non lasciar perdere, a esprimere le nostre esigenze, a dar voce ai nostri desideri. Ma innanzitutto dobbiamo riconoscerli, cerca quindi di far chiarezza in te stessa. Ricostruisci la tua storia perché nella donna di oggi sopravvivono la bambina di ieri, con i suoi sogni, e la ragazza che ha sacrificato, almeno in parte, la propria realizzazione alle esigenze del matrimonio. Ma ora i figli sono cresciuti ed è giunto il momento di riprendere il controllo della tua vita. Non si tratta di raggiungere la perfezione ma di recuperare le potenzialità, di attivare le risorse inutilizzate, di dar valore a te stessa. Se consideri tuo marito una «nullità», è probabile che lui ti veda allo stesso modo. In fondo i sentimenti sono sempre reciproci. Tuttavia non penso che tu ti sia innamorata e sposata con un uomo inesistente. Vi dev’essere qualche cosa di positivo in un rapporto durato più di vent’anni. Lo stesso vale per i ragazzi. Il tuo improvviso allontanamento deve essere stato traumatico per i familiari e se non hanno reagito non è certo per cattiveria quanto per analfabetismo emotivo, per incapacità di esprimere i loro sentimenti. Anche se dall’esterno tutto poteva apparire normale, probabilmente la vostra famiglia era ibernata e i vostri cuori raggelati.
Il disgelo inizia quando il ghiaccio s’incrina, le incrostazioni si sgretolano e termina quando l’acqua riprende a scorrere liberamente. Ma perché accada è necessario si alzi la temperatura e i raggi del sole spezzino la coltre delle nuvole. Quel sole puoi essere soltanto tu. Sta a te, al tuo temperamento forte e passionale, trasformare un gesto di rottura in un’azione di ricomposizione. E non è detto che l’unica soluzione sia ripristinare la convivenza, potresti confermare la separazione, purché affrontiate insieme il problema e, ammettendo le responsabilità genitoriali, troviate il modo di rassicurare i ragazzi che per loro ci sarete sempre. Non è giusto abbandonarli nel momento più difficile della loro vita. Né per te rinunciare alla componente materna che, per il momento, sembri aver accantonato.
La questione è complessa ma datti tempo, rifletti a fondo e poi decidi con convinzione: dopo l’inverno viene sempre la primavera ed è quella la stagione per ricominciare.