All’inizio del nuovo anno la notizia si è diffusa in un lampo: centocinquanta passeggeri della nave da crociera MSC Grandiosa (con sede a Ginevra) sono risultati positivi al Covid dopo l’arrivo nel porto di Genova. Subito tristi ricordi si sono risvegliati. All’inizio della pandemia proprio sulle grandi navi da crociera si registrarono alcuni tra i peggiori casi di contagio. Nel febbraio 2020 Diamond Princess fu bloccata per un mese in quarantena al largo del porto di Yokohama, mentre i casi a bordo si moltiplicavano, probabilmente a causa di filtri per l’aria meno efficienti di quelli degli aerei. In quei giorni Diamond Princess da sola registrava metà dei contagi mondiali al di fuori della Cina. E tuttavia, per quanto inquietante, il parallelo finisce lì.
Dopo una lunga sosta, a partire dalla scorsa estate, le navi da crociera sono tornate in attività con protocolli di sicurezza rinnovati e all’avanguardia; e anche MSC Grandiosa ha potuto continuare il suo viaggio dopo aver sbarcato i positivi.
Le critiche di molti passeggeri della nave, diffuse in rete, mostrano scarso realismo e l’illusione di poter viaggiare in una sorta di mondo incantato, dove la malattia non ha diritto di cittadinanza. In realtà MSC ha giustamente sottolineato che, se hanno trovato dei positivi, è anche perché li hanno cercati: erano previsti tre tamponi, all’inizio, a metà e alla fine della crociera. Non a caso la maggior parte degli infettati erano asintomatici; se non si fossero imbarcati, sarebbero potuti andare ovunque senza nemmeno sospettare di essere malati.
Inoltre, centocinquanta casi sono relativamente pochi (2,5 per cento) su una nave che può trasportare oltre seimila passeggeri (con 1700 membri dell’equipaggio). Insomma, oggi una nave da crociera probabilmente è più sicura di molti altri spazi condivisi.
Le compagnie di navigazione hanno fatto la loro parte e questi continui allarmi non fanno bene a nessuno. Piuttosto dobbiamo trovare il modo di convivere con la pandemia, mitigandone gli effetti, invece di immaginare improbabili ritorni al mondo di prima. Del resto, solo una malattia è stata sradicata per sempre, grazie ai vaccini, ed è il vaiolo (l’ultimo caso nel 1978 nel Regno Unito). Ma tutte le altre sono ancora tra noi, in forme attenuate, a cominciare dal virus che causò la devastante influenza del 1918, la Spagnola, con almeno cinquanta milioni di vittime.
Viene sempre un momento poi nel quale le persone decidono che la pandemia è finita, molto prima che lo dichiarino i governi. Quando ancora la Spagnola infieriva, il mondo se la mise alle spalle ed entrò nei «ruggenti anni Venti», sostiene Naomi Rogers, professoressa di storia della medicina presso l’Università di Yale. Riaprire appena possibile al turismo internazionale potrebbe essere un passo in quella direzione. Per cominciare il virus ha mostrato di non tenere in nessun conto la chiusura delle frontiere: la variante Omicron è solo l’ultimo esempio. Inoltre, dopo due anni di pandemia e forzata immobilità molti hanno accumulato risparmi e progetti; questa capacità di consumo aspetta solo di essere liberata sul mercato a sostegno di un settore che ha sin qui pagato un prezzo immenso.
Per restare solo al comparto delle crociere: trecento navi ferme per un anno, azioni crollate dell’80 per cento, da trenta milioni di passeggeri a nessuno o quasi, figure professionali cruciali migrate verso altri impieghi.
Viaggiare è ancora possibile: basta vaccinarsi completamente, acquistare un’assicurazione con una copertura più ampia del solito e soprattutto adottare in viaggio le stesse cautele di casa. C’è però un problema particolare da risolvere. Oggi il maggior timore di chi viaggia all’estero è risultare positivo, per esempio in occasione del tampone richiesto poco prima del viaggio aereo di ritorno, e restare così bloccato in un Paese straniero. Una possibilità tutt’altro che remota, dato che la variante Omicron è molto più infettiva delle precedenti, sia pure con un decorso più favorevole.
Per questo è importante prevedere e garantire, già nel programma di viaggio, buone condizioni di soggiorno agli eventuali positivi: per esempio la possibilità di restare nello stesso alloggio, con costi ridotti, la disponibilità di spazi e connessione per il telelavoro eccetera; insomma trasformando l’inconveniente in una sorta di prolungamento della vacanza.