Un volano per Emmanuel Macron

/ 10.01.2022
di Paola Peduzzi

È iniziato il primo gennaio il semestre di presidenza del Consiglio europeo della Francia e l’immagine della tour Eiffel tutta blu Europa con le stelle dorate ha fatto il giro del Continente, con quella sua potenza simbolica che piace molto a Emmanuel Macron. Questi sei mesi coincidono anche in buona parte con la campagna elettorale francese che è già cominciata e finisce con il primo turno delle Presidenziali, il 10 aprile. Questa sovrapposizione causa qualche inquietudine tra i partner europei perché se lo slancio di Macron è assicurato – c’è già e si chiama «sovranità europea» – è anche possibile che le questioni più controverse restino congelate per non interferire troppo con la campagna elettorale per l’Eliseo. Il presidente ha cercato di fugare questi dubbi facendo prima un tour in tutti i Paesi dell’Ue e poi lanciando il semestre con frasi ambiziose: il 2022 «deve essere l’anno della svolta europea» e le tre parole chiave sono rilancio, potenza e appartenenza. Il discorso con cui Macron ha delineato gli obiettivi del semestre è stato ribattezzato «Sorbona 2.0»: il primo discorso all’Università Sorbona di Parigi risale al settembre del 2017 ed è quello sul cosiddetto «Rinascimento europeo». Il cantiere francese per l’Ue riparte da lì e si rinnova, con l’obiettivo di introdurre il salario minimo in tutto il Continente e di occuparsi della regolamentazione del digitale e della transizione ambientale. È possibile che ci si debba anche occupare della riforma del Patto di stabilità, su cui c’è una convergenza della Francia con Italia e Germania, e di altre questioni emergenziali legate alla pandemia, così come irrisolta e complicata è la questione legata alle frontiere e a Schengen. Non è detto che si riesca a fare passi avanti consistenti perché oltre alle differenze interne all’Ue ci sono le elezioni francesi, appunto.

La stragrande maggioranza degli Stati membri spera in una rielezione di Macron, il presidente che ha sdoganato l’Ue nel 2017, l’anno dopo il doppio terremoto Brexit-Trump, e che ha scandito il suo mandato con discorsi ispirati sui valori che tengono insieme l’Unione. Mentre è facile immaginare che, soprattutto nell’est dell’Europa, il tifo non sia per Macron ma per i candidati sovranisti: Marine Le Pen ed Éric Zemmour. La prima arrivò al ballottaggio 5 anni fa e pareggiò alle elezioni europee del 2019 con la République en marche di Macron. Il suo Rassemblement national è l’evoluzione della destra estrema francese, molto nazionalismo e meno antisemitismo, ma la speranza di Le Pen di creare un fronte sovranista compatto in Europa non si è realizzata. Pure se a est l’idea lepenista dell’Ue piace, perché si tratta di svilire e se possibile smantellare il costrutto sovranazionale dell’Ue, c’è il problema della Russia, uno dei grandi temi che spaccano il nazionalismo europeo. A est, in Paesi come la Polonia, il sovranismo è al governo, ma affari con la Russia non li vuole fare. Per ora quindi si procede in modo disunito in termini di tifoserie europee, ma in ogni caso Le Pen sembra più forte di Zemmour non solo in Francia ma anche in Europa. La luna di miele con lo scrittore-giornalista Zemmour che mette il ramoscello d’ulivo nel suo merchandising (in berbero, azemmour vuol dire ulivo, Zemmour è un ebreo-berbero d’Algeria) ma non conosce toni pacifici, sembra già finita. Tutto può accadere, naturalmente, visto che di questi tempi nel 2017 anche Macron aveva un consenso inferiore al 10%.

Come detto il tifo europeo va per Macron, anche se molti conservatori – il Partito popolare europeo è il più importante dell’Ue – guardano con sempre maggiore interesse a Valérie Pécresse, che ha vinto le primarie dei gollisti e che si propone come alternativa europeista a Macron. In realtà Les républicains, il partito erede del gollismo, non gode di grande fama europeista, e ancora pesa nella memoria del Continente la bocciatura nel 2005 del Trattato costituzionale dell’Ue. Ma Pécresse è una gollista moderna e una sorpresa, quindi molti in Europa la vedono in modo promettente. I macroniani sono un pochino preoccupati, ma hanno anche ancora tutto da giocarsi e hanno strumenti di comunicazione innovativi – girano filmati che sembrano serie tv americane, producono slogan e parole chiave con una certa frequenza e incisività – e il semestre europeo, al netto delle preoccupazioni, potrebbe essere un gran volano per il presidente Macron.