Un Ticino tutto urbano

/ 21.06.2021
di Angelo Rossi

Ci fu un tempo, non poi così lontano, in cui il Ticino si divideva in due zone: la zona urbana formata dai quattro agglomerati di Mendrisio-Chiasso, Lugano, Bellinzona e Locarno, e la zona rurale formata dal territorio delle valli e dalle montagne del Sottoceneri e del Sopraceneri. Nella zona rurale viveva, ancora 50 anni fa, un terzo della popolazione residente nel Cantone; gli altri due terzi abitavano già le città e i comuni suburbani dei quattro agglomerati. Nel corso degli ultimi 50 anni gli agglomerati – il cui perimetro, è utile ricordarlo, viene definito dell’Ufficio federale di statistica (l’ultima revisione è stata fatta nel 2012) – sono andati sempre più allargandosi. Oggi essi hanno confini comuni e occupano praticamente tutta la superficie del Sottoceneri, il piano di Magadino, buona parte della Riviera e delle Centovalli, nonché l’imbocco delle valli Maggia e Verzasca.

Per effetto di questo allargamento delle superfici degli agglomerati, la popolazione urbana rappresenta oggi quasi il 90% della popolazione residente nel Cantone. La quota della popolazione rurale, invece, non costituisce più che il 10% del totale. In termini di superficie il Cantone, invece, continua ad essere diviso in due: gli spazi urbani occupano una metà della superficie cantonale, le zone rurali l’altra metà. Ma gli ettari di superficie che, un tempo, costituivano la ricchezza dei comuni di valle e di montagna, hanno perso, con il declino delle attività agricole, molto della loro importanza. Tanto più che oggi sono diventati bosco e non sono più lavorati. Se dalla popolazione dovessimo passare alle attività economiche ci accorgeremmo che la quota degli agglomerati è addirittura superiore al 90% di qualche punto. La stessa constatazione potremmo farla se ci riferissimo a un indicatore come il prodotto interno lordo.

Governo e Gran Consiglio hanno preso atto di questa evoluzione nella revisione del piano direttore cantonale. Nella stessa, varata più di dieci anni fa, trattando degli insediamenti si parla di città-Ticino, un concetto che, nel frattempo, è diventato, se non popolare, sicuramente molto alla moda. Non passa settimana che non se ne discuta in questo o quest’altro foro della nostra opinione pubblica. Il vantaggio di questo concetto è di essere molto elastico. Per taluni la città-Ticino va da piazza del Duomo a Milano fino al passo del San Gottardo. Per altri, invece, ingloba il territorio servito dalle reti ferroviarie suburbane e quindi potrebbe andare da Biasca a Luino e a Como, se non addirittura fino a Varese, per integrare la parte maggiore della fascia di frontiera italiana abitata dai frontalieri occupati nel Cantone. Altri ancora si tengono alla definizione ufficiale di spazi a carattere urbano, come vengono chiamati gli agglomerati urbani oggi, accettando, magari, di aggiungere agli agglomerati sottocenerini una piccola coda e due alette che penetrano nel territorio della vicina Italia. Indipendentemente dalla sua definizione precisa, il territorio della città-Ticino costituisce sicuramente la parte più dinamica del Cantone. Nei suoi agglomerati sono localizzati anche, quasi senza eccezione, i comuni e i contribuenti più ricchi del Cantone. I lettori non saranno quindi sorpresi di apprendere che qui si concentrano gli investimenti pubblici e privati.

Tutte queste realtà testimoniano che, nel corso degli ultimi due decenni del passato secolo e dei primi due di quello nuovo, il già fragile equilibrio tra zona rurale e zona urbana del Cantone si è rotto, nonostante tutti gli aiuti e tutte le misure che il Cantone ha preso per sostenere le regioni rurali e di montagna. Sono molte le conseguenze scaturite da questa nuova situazione. Una, che si afferma per la sola forza dei rapporti, è che la zona rurale è oggi così piccola che non può più vivere delle sole sue risorse. Né possono, con le sole loro risorse, risolvere i numerosi problemi che devono affrontare le persone che vivono ancora nella metà rurale del nostro territorio cantonale.