Un recupero a V?

/ 29.06.2020
di Angelo Rossi

Da quando Churchill lo utilizzò per auspicare una rapida fine della seconda guerra mondiale, il segno V, con l’indice e il medio della mano destra, viene usato e strausato come segno di vittoria. È possibile che in futuro si ricorra invece alla V per indicare la rapida ripresa dell’economia all’uscita dalla pandemia che ha segnato il corso dell’economia nella primavera del 2020. La prima asta della V rappresenta il rapido deterioramento delle condizioni economiche di praticamente tutti i paesi del mondo, nei mesi di marzo e aprile, mentre la seconda asta, che dovrebbe essere disegnata con un’inclinazione minore, illustra la ripresa che si è manifestata a partire dal mese di maggio. Gli indicatori a disposizione dimostrano che in Svizzera la recessione è stata probabilmente minore che in altre economie sviluppate. Provano che anche la ripresa sarà molto probabilmente più rapida che altrove. 

Le ragioni di questa maggiore resilienza della nostra economia sono per i commentatori almeno tre. La particolare struttura delle nostre esportazioni dapprima. Durante la pandemia le esportazioni della Svizzera sono state sostenute dai rami della chimica e della farmaceutica. Più di recente hanno ripreso anche le esportazioni verso i paesi asiatici di prodotti dei rami delle macchine e dell’elettrotecnica. Le esportazioni sono poi sostenute anche dalla ripresa dell’economia tedesca che è da sempre uno dei nostri maggiori mercati. In secondo luogo, la pandemia non ha creato al settore bancario nessuna difficoltà di gestione del credito come invece succede nel caso di forti recessioni. Il terzo fattore è costituito dalla veloce reazione delle autorità con le misure di aiuto alle aziende per evitar loro crisi di liquidità. Da questo profilo è da considerare come estremamente positivo il fatto che finora solo il 40% delle somme proposte per queste misure sia stato utilizzato. Al contrario di altri paesi europei, che hanno già approvato o stanno discutendo nuove misure di sostegno, la Svizzera sembra in grado di poter uscire dalla pandemia senza dover aggravare ulteriormente le finanze del settore pubblico. 

Chiaramente anche il lavoro a tempo ridotto ha contribuito a contenere le conseguenze economiche negative della pandemia. Si dice che se non ci fosse stata questa possibilità il tasso di disoccupazione sarebbe salito, da noi, al 14%, ossia a livelli vicini a quelli sperimentati dall’economia degli Stati Uniti. 

L’economia svizzera è dunque in ripresa. Lo testimoniano i pochi indicatori mensili di cui disponiamo. Nel mese di maggio i consumi sono aumentati e le cifre d’affari nel commercio sono salite ai livelli di prima della pandemia. Questa ripresa ha sicuramente influenzato in modo positivo le aspettative degli imprenditori. Tanto è vero che il tasso di disoccupazione, a livello nazionale come a livello del Cantone, non è aumentato. È probabile che gli indicatori del mese di giugno confermino questa tendenza. Tuttavia è troppo presto per cantare vittoria. Anche qui per almeno tre ragioni. Innanzitutto perché ancora non siamo al riparo da una possibile seconda ondata di diffusione del contagio. In secondo luogo perché solo i dati del terzo e del quarto trimestre potranno confermare se effettivamente sia in atto una ripresa a forma di V o se, invece, per un possibile rallentamento della congiuntura a livello mondiale, non dovremo aspettare il 2021 per vedere compensate le perdite provocate dal coronavirus. 

Infine sui risultati di gestione annuale influiranno i costi che aziende, economie domestiche e Stato hanno dovuto sopportare durante le lunghe settimane dell’isolamento. Attualmente abbiamo solo stime a livello aggregato che anticipano una caduta del Pil durante il 2020 tra il 6 e il 7%. Quindi, nonostante la rapida ripresa in corso, resta confermato che la recessione di quest’anno sarà comunque la peggiore di quelle che abbiamo vissuto dopo la seconda guerra mondiale.