Un amico mi chiede aiuto. È uno sceneggiatore, deve scrivere il copione di una nuova situation comedy. Una volta che sarà stata realizzata, costituirà il famigerato «numero zero», verrà cioè sottoposta al giudizio dei committenti che hanno altresì approvato il progetto ma prima di dare il via alla serie, vogliono vedere una puntata realizzata. Se sarà approvata, la lavorazione partirà alla grande. Se il giudizio sarà negativo vorrà dire che gli autori, il regista e gli attori avranno lavorato gratis o al minimo sindacale della paga. L’amico, romano che più romano non si può, mi scrive dicendo che uno dei protagonisti del lavoro è un tipico torinese giunto alla vigilia del pensionamento e mi chiede il favore di profilare il personaggio, poiché di Torino e delle caratteristiche dei torinesi non sa assolutamente niente.
Il profilo dei personaggi è un lavoro che precede la stesura della sceneggiatura ed è un fondamentale generatore di situazioni e di comportamenti, soprattutto quando, come nel caso delle sit-com, si lavora su un registro comico o perlomeno brillante. Come insegnano i maestri delle scuole di scrittura, la profilazione si deve fare su tre parametri: il Punto di vista sul mondo, i Difetti e l’Umanità. Trattandosi di una commedia e non di un dramma i Difetti possono anche consistere nell’eccesso del Punto di Vista. Per esempio dal suo punto di vista sul mondo il nostro eroe è goloso e misura tutto in base al cibo. Difetto: degli eventi importanti della sua vita ricorda a memoria i menu di quello che ha mangiato, ma non le date. «È meglio essere pronti» è il suo secondo punto di vista. Questo si riversa sul suo eccesso di puntualità, nell’arrivare con mezz’ora di anticipo alla stazione e salire sul treno sbagliato, quello destinato al deposito. Altro difetto conseguente al punto di vista: il gusto sadico di far notare agli altri il loro essere in ritardo o di aver cucinato male.
Quanto all’elenco dei caratteri distintivi del torinese, lascio al mio amico il compito di collocarli nelle tre categorie, io non sarei capace. Il torinese è concreto, anche se ama l’arte non si perde in classificazioni fumose. Eccolo in visita in una galleria d’arte contemporanea mentre ammira un’opera: «Per essere bello questo quadro è bello, niente da dire, però, per valutarlo, bisognerebbe prima sapere quanto tempo ci ha messo il pittore per dipingerlo».
Il torinese che possiede una seconda casa in campagna si fa costruire sulla facciata una meridiana solo per poterci mettere sotto un motto in latino, così gli amici che andranno a fargli visita dovranno sorbirsi la sua traduzione seguita dal sermone filosofico. Il torinese che alla mattina ha l’abitudine di fare colazione al bar al cameriere che lo serve fa sempre la stessa domanda: «Sono fresche le brioche?». Non si ricorda a memoria d’uomo che la risposta sia stata «No, sono dell’altra settimana». Se al torinese che torna con la famiglia dalle vacanze chiedi come è andata, due volte su tre risponderà «Siamo sopravvissuti».
Il torinese porta la sua auto nuova in officina a fare il primo tagliando. All’accettazione l’impiegato domanda se si tratta di un modello famigliare e lui risponde: «No, trasporto anche gli estranei». Siamo sempre al primo tagliando: il torinese entra in officina e chiede dopo quanti chilometri vada fatto il primo tagliando. La risposta è 1500 e poiché il contachilometri segna 1497 risale sull’auto e gira attorno all’officina finché non segna 1500.
Per un o una torinese in cerca dell’anima gemella l’età è un dettaglio secondario. Dagli annunci economici: «Signora torinese 78enne conoscerebbe signore per un futuro insieme». Quando racconti a un torinese qualcosa di sorprendente lui «l’ha sempre saputo», mai una volta che non arrivi per primo a conoscere una notizia. Il torinese è uno che ama mettersi nei tuoi panni. Inizia con «Io al tuo posto farei così» e non solo ti inonda di consigli non richiesti ma ti assillerà di telefonate per sapere se li hai messi in pratica.
Per un torinese il verbo piemontese «contè» (dove la o si legge u) vale tanto per «narrare» quanto per «contare». Per un torinese «raccontare» non è tanto dare vita a invenzioni fantastiche quanto «fare i conti» con la realtà che ci circonda e organizzare la vita di tutti i giorni. Passando poi ai tipi particolari abbiamo quelli che sanno come devi curarti, quelli che sanno fare tutti i lavori, i bricoleur che si offrono di aiutarti: perché portarlo dal meccanico, o dall’elettricista o dal falegname? «Cosa ci vuole? Dammelo che te lo riparo io». Poi a metà dell’impresa, quando i vari pezzi sono sparsi sul pavimento, si arrendono e ti mollano lì, quando non osi più chiamare il tecnico perché dovresti fornirgli delle spiegazioni imbarazzanti. Infine abbiamo il Pianificatore, che quando si alza la mattina deve dare a se stesso e agli altri componenti della famiglia una «mission» da raggiungere entro il tramonto, quando, seduti a cena, tutti dovranno fargli il resoconto di com’è andata.