Un mondo senza violenza grazie al cibo?

/ 03.08.2020
di Laura Botticelli

Gentil Laura, tramite l’Associazione Brain Circle, Lugano (www.braincirclelugano.ch) il 25 maggio 2020, Adrian Raine, psichiatra e criminologo, ha tenuto una conferenza che purtroppo non ho potuto seguire. Sulla rivista «Extra» 7 del 22 maggio, si trova un riassundo: Adrian Raine avrebbe illustrato come un’alimentazione scorretta durante la gravidanza e le prime fasi della vita possa contribuire allo sviluppo di una personalità aggressiva e di come, sempre attraverso la dieta, sia possibile aiutare i bambini a contenere i comportamenti violenti. (Per me che ho già 88 anni forse non si può più correggere!).

Questa teoria mi incuriosisce molto; sarebbe possibile creare un mondo migliore, anzi perfetto, tramite un’alimentazione adeguata? / Franco S.

 

Signor Franco, mi permetta l’espressione «Wow!». L’ammiro molto per la sua curiosità e la ringrazio per avermi fatto conoscere la succitata associazione. Ho preso visione della conferenza online e mi permetto di riportare parte del contenuto assieme alle mie considerazioni affinché possano seguire il discorso anche gli altri lettori. 

Il lavoro di Raine è partito basandosi su uno studio effettuato in Olanda dopo la seconda guerra mondiale su 150mila donne incinte, di queste molte purtroppo erano malnutrite e altre invece avevano ricevuto un’alimentazione adeguata. Dopo 18 anni, si è osservato che i bambini che avevano sofferto la fame anche da feto, avevano un rischio di 2,5 volte di avere comportamenti più antisociali e violenti dei bambini che invece avevano avuto un’alimentazione giusta. 

Raine, con altri ricercatori dell'Università della Pennsylvania, ha quindi studiato 1800 bambini mauriziani dell’età di 3 anni: ha esaminato se avessero segni di carenze nutrizionali attraverso per esempio la misurazione dell’emoglobina e altri fattori. Ha messo a confronto i soggetti che avevano avuto una cattiva alimentazione con quelli che avevano invece avuto una buona alimentazione e li ha seguiti per anni per vedere se ci fossero differenze di comportamento. A otto anni di età ha riscontrato che i bambini malnutriti avevano più comportamenti aggressivi e di iperattività rispetto agli altri e la stessa cosa si è dimostrata a 11 anni, con un aumento dei comportamenti delinquenziali come pure a 17 anni. Raine parla quindi di una correlazione tra malnutrizione pre e post natale e comportamenti aggressivi e antisociali. 

L’altro suo studio si basa su un progetto di miglioramento ambientale della durata di due anni sempre alle Mauritius per i bambini dai 3 a 5 anni: usa dei regimi alimentari arricchiti in omega-3, esercizio fisico e programmi di stimolazione cognitiva. Li ha seguiti negli anni e ha riscontato che coloro che hanno partecipato al programma quando li ha valutati a 17 anni di età avevano una ridotta incidenza di disturbi del comportamento e anche di atteggiamenti aggressivi. A 23 anni i bambini che avevano seguito il programma avevano avuto una riduzione significativa del comportamento criminale. A 11 anni di età ha pure misurato il loro funzionamento cerebrale: quelli che avevano avuto una buona dieta all’età di 3 anni mostravano una migliore funzione cerebrale. Il miglioramento delle funzioni cerebrali porta a una riduzione dei comportamenti violenti. 

Raine è quindi giunto a formulare il seguente pensiero: «Se potenziamo l’alimentazione e anche altri mediatori di salute possiamo migliorare la funzione cerebrale e ridurre i comportamenti di tipo criminali». Non solo, quindi, la quantità alimentare ma pure la qualità incide sullo sviluppo cerebrale.

Esisterebbe quindi una correlazione, non una causa-effetto diretta, ma al giorno d’oggi non si conosce ancora la vera causa di questi comportamenti. La nostra personalità è complessa e viene plasmata dall’infanzia attraverso un’interazione di tendenze ereditarie e di fattori ambientali in cui viviamo (famiglia, amici, scuola, eccetera).

Una prima riflessione, puramente personale, riguardo alle osservazioni di Raine concerne lo studio in sé, in particolare il primo descritto. Mi spiego. Non bisognerebbe semmai chiedersi perché un bimbo, magari ancora nella fase prenatale, sia stato malnutrito? Non bisognerebbe integrare il concetto di malnutrizione con quello sociofamiliare? Mi chiedo, se avessimo seguito un bimbo malnutrito, ma cresciuto in un ambiente diverso (non migliore, per carità, ma diverso) avremmo osservato gli stessi comportamenti in oggetto dello studio? Secondo me, ma lascio la parola agli studiosi del ramo, è più prudente considerare l’individuo nella sua complessità preferendo, ma complicando sicuramente le cose, l’interazione simultanea di più fattori, tra cui – in questo caso – anche l’alimentazione. 

Come sappiamo, per esempio, che il bimbo malnutrito durante il secondo conflitto mondiale non abbia non solo non ricevuto gli adeguati alimenti, ma che magari l’ambiente stesso in cui è nato e cresciuto gli sia stato, suo malgrado, ostile? Non è possibile pensare che questo aspetto, piuttosto che la carenza di determinate sostanze nutritive, abbia poi influito sullo sviluppo di comportamenti antisociali o aggressivi? A rigore, in una famiglia senza (apparenti) difficoltà ma che offra solo comfort-food (che suona meglio di cibo-spazzatura) e cibi non di qualità, dovremmo assistere allo sviluppo dei comportamenti citati. Ripeto però che questo è il mio modo d’interpretare la questione che mi sottopone, gentile Franco, anche se in maniera romantica mi piace pensare che sì, modificando il semplice modo di nutrirsi si potrebbe ambire e arrivare a un mondo privo di cattiveria e aggressività.

Mai smettere di sognare un mondo migliore! Come genitori possiamo aiutare i nostri figli garantendogli una sana alimentazione già a partire dalla gravidanza assieme a tanto amore e movimento. Possiamo cucinare assieme, portarli al parco con gli amici, piccole azioni ma con grandi potenzialità. Immagino come per un bambino mettere le mani nei pochi e semplici ingredienti per fare i biscotti con la mamma abbia una valenza immensamente più grande del tipo di farina o burro usati.

In conclusione, sempre secondo il mio parere, è importante l’aspetto nutrizionale ma purtroppo da solo non è sufficiente a migliorare il nostro mondo e quello dei nostri figli.

Come genitori e nonni abbiamo il dovere di garantire ai nostri figli un’alimentazione sana, perché Raine sottolinea (e in questo mi trova assolutamente d’accordo) come pure una cattiva alimentazione, eccessiva e ricca di cibi «spazzatura» comporti un cattivo sviluppo del cervello, oltre a un’ambiente famigliare amorevole, sicuro e sano, ricco di sport e di stimoli.

La ringrazio ancora per l’interessantissimo spunto di riflessione.